di Niccolò Faccini
Una campagna acquisti che in qualche mese darà i frutti sperati, una campagna acquisti che oggi è ancora simile al pomo della discordia. Serviva una Lazio più pronta a Maurizio Sarri, specie dopo avere avuto sottomano il calendario di Serie A: Napoli, Juve, Milan e Atalanta nelle prime otto, le prime tre addirittura in trasferta, una dopo l’altra. “C’era lo 0,04% di possibilità, è successo a noi”, evidenziava il tecnico della Lazio in estate. La delicatezza di queste gare non ha fatto altro che acuire le difficoltà di una compagine, quella capitolina, inevitabilmente alla ricerca di nuovi equilibri. Se lo scorso anno era cambiata la spina dorsale della squadra (Provedel, Casale, Romagnoli, Marcos), questa estate sono arrivati ben tre centrocampisti, nessuno di loro pronto a giocare. L’infortunio di metà luglio ha frenato l’inserimento di Nicolò Rovella, mentre Guendouzi è arrivato a una settimana dall’inizio della Serie A. “Si allena da un mese scarso con noi, è nelle condizioni in cui normalmente un calciatore si trova l’11 di agosto”, ha dichiarato il mister in conferenza stampa dalla pancia di San Siro. Nessun alibi, soltanto l’esigenza di invitare alla prudenza nei giudizi. Chi sembrava più avanti di tutti era Daichi Kamada, giapponese ex Eintracht Francoforte. “Gli stiamo concedendo un inserimento lento, ha una visione di gioco sconosciuta ai più“, sottolineava il vice Martusciello qualche settimana fa. Come fatto presente da Sarri, tuttavia, in questo momento – per questioni di equilibri – l’11 biancoceleste non può permettersi di far giocare in contemporanea Luis Alberto, Rovella o Cataldi e il giapponese. Troppo leggero, ancora troppo sbilanciato, ancora troppo slegato. Per questo motivo Sarri ha optato per la scelta d’esperienza: Vecino è stato schierato in cabina di regia contro l’Atletico al debutto Champions, poi da mezzala col Torino, e ha sbloccato il match con uno dei suoi proverbiali inserimenti. Dove lo metti gioca, insomma, ma soprattutto l’uruguagio garantisce una solidità in questo momento doverosa e irrinunciabile. Anche in avanti, sono arrivati nella Capitale calciatori ancora acerbi. “Isaksen viene dalla Danimarca, si allenava con 18 gradi e qui ne trova 35, non parla una parola di italiano: dobbiamo aspettarlo, perché ha numeri”. Lo stesso dicasi per Castellanos, reduce da un solo anno in Europa, in Spagna con la casacca del Girona. Il “Taty” ha avuto spazio da titolare solo sabato a Milano col Milan.
Inevitabile, a precisa domanda: “Mister, lei ha avallato il mercato estivo?“, mettere i puntini sulle “i” e rimarcare il rimpianto di non aver potuto contare su calciatori già pronti e di sicuro affidamento. “Io sono partito dalla A e alla fine ho dovuto scegliere tra X e Y, i giocatori che avevo indicato io, lo sapete, non sono arrivati, quindi devo allenare quelli che ho a disposizione”. Una frase che viene da San Siro e che ha dato modo agli haters dell’allenatore toscano di scatenarsi e puntargli il dito contro. Peccato che non venga letta la conclusione della stessa: “Penso si tratti di normalità, è così per il 95% degli allenatori, tutti ti darebbero questa risposta“. Ma se Sarri ha ribadito ai giornalisti presenti a San Siro di aver indicato alla società calciatori “che conoscete tutti“, è bene esplicitare i loro profili.
IDENTIKIT PRECISI – I nomi che per Sarri rappresentavano le prime scelte, la lettera “A” per usare i termini adoperati in conferenza stampa sabato sera, sono arcinoti. Nel ruolo di esterno sinistro piaceva (e tanto) Fabiano Parisi, giovane promessa della Serie A, accasatosi alla Fiorentina per poco più di 10 milioni di euro. Prima della partenza di Milinkovic – e già da gennaio – l’allenatore aveva fatto alla dirigenza il nome di Ruben Lofrus-Cheek, già allenato al Chelsea. Il 30 giugno scorso, quando non era ancora arrivata alla Lazio un’offerta ufficiale per il ‘Sergente’, l’inglese si è trasferito al Milan per 16 milioni più 4 di bonus. Dopo la partenza del serbo, tuttavia, il chiaro obiettivo del mister rispondeva all’identikit di Piotr Zielinski, ritenuto il profilo ideale per sostituire il numero 21. Servivano 25 milioni di euro per strapparlo al Napoli, l’ingaggio non avrebbe costituito un problema, ma la Lazio non ha affondato il colpo. Ad inizio mercato, invece, si era palesata l’opportunità di portare a Roma Arkadiusz Milik. Il polacco era tornato al Marsiglia dopo la parentesi alla Juventus e con 8/9 milioni sarebbe sbarcato all’ombra del Colosseo, ma la dirigenza laziale ha temporeggiato e la Juventus, una settimana dopo, è tornata alla carica riportandolo a Torino. A quel punto, a Sarri sarebbe piaciuto Tony Sanabria del Torino, ritenuto eccessivamente costoso dalla Lazio, che però è andata su Valentin Castellanos pagandolo – compresi bonus facilmente raggiungibili – quasi 19 milioni. Il siparietto del Presidente Lotito con i tifosi ad Auronzo di Cadore è conosciuto. In cabina di regia lo specialista in cima alla lista di Sarri, dopo Jorginho, era Lucas Torreira del Galatasaray. Sarri lo avrebbe voluto già due anni fa, a Firenze era stato protagonista. Ma i 15 milioni chiesti dai turchi sono stati considerati fuori portata. Il pupillo dell’ex allenatore di Empoli, Napoli, Juventus e Chelsea per il reparto avanzato era Domenico Berardi. Con poco meno di 30 milioni sarebbe stato un nuovo calciatore della Lazio, ma la società ha reputato impossibile spendere quei soldi per un calciatore alla soglia dei trenta anni, senza considerare il nodo legato all’ingaggio e alle commissioni. A Roma è stato accolto il ben più giovane e acerbo Gustav Isaksen, che lo scorso anno aveva fatto impazzire la Lazio con la maglia del Midtjylland. Un colpo in prospettiva, che avrebbe necessariamente scontato qualche mese di ambientamento ad un calcio diametralmente opposto a quello a cui era abituato. Al gong del mercato la Lazio di Lotito si è portata a casa Luca Pellegrini e Nicolò Rovella dalla Juventus, Daichi Kamada (svincolato), Matteo Guendouzi dall’OM, Gustav Isaksen dal Midtjylland e Valentin Castellanos dal New York City. Profili che sotto la sapiente guida di Maurizio Sarri sono destinati a mettersi in mostra e ad una crescita esponenziale, ma che hanno ancora bisogno di tempo per entrare nei meccanismi della Lazio. Che siano il piano X o il piano Y poco importa, sono certamente agli antipodi rispetto al “piano A”. Qualcuno lo ha fatto notare, perché all’impazienza del pretendere i risultati “qui ed ora” venga preferito un atteggiamento di – anche titubante – prudenza.
N.F.