di Niccolò Faccini
Altro che San Siro, nella settimana dei trend da invertire il vero tabù da sfatare riguarda l’Europa. E’ vero, 19 sconfitte e 6 pareggi al Meazza col Milan negli ultimi 26 precedenti rappresentano una macchia indelebile per la storia della Lazio. E’ vero altresì che i capitolini avranno l’Atalanta all’Olimpico domenica pomeriggio, e con la Dea non vincono in casa da quasi sette anni. Ma il vero dato allarmante riguarda le trasferte europee del club. Che si tratti di Champions League, Europa League o Conference League sembra non fare alcuna differenza. Le aquile – tra Inzaghi e Sarri – hanno fatto un’atroce fatica lontano dalla Capitale nelle sfide europee.
Trasferte in Europa, trend indecoroso per le aquile: da Nicosia (novembre 2018) ad Alkmaar, una sola vittoria (e tante brutte figure) nelle ultime diciotto e soli 9 punti sui 54 disponibili
Nelle ultime 18 apparizioni esterne in campo internazionale, Immobile e compagni hanno collezionato pessime figure. Dalla fine del 2018 ad oggi la Lazio è riuscita a vincere soltanto sul campo della Lokomotiv Mosca (0-3) in Europa League. Da Nicosia ad Alkmaar, le figuracce non sono mancate. Si comincia a Nicosia nel novembre 2018 sul campo dell’Apollon Limassol: la Lazio di Inzaghi fu la prima squadra italiana a crollare in terra cipriota nella storia del nostro calcio, per poi approdare ai sedicesimi di finale di Europa League e venire estromessa dal Siviglia (0-1 a Roma, 2-0 al Sanchez Pizjuan in Andalusia). Nel girone UEL della stagione 2019/20 i biancocelesti furono eliminati da Cluj, Celtic e Rennes. Lontano da Roma subirono altrettante sconfitte, prima in Transilvania (con papera di Strakosha), poi a Glasgow (primo gol di Lazzari con la Lazio) e infine in Francia. In Champions League, paradossalmente (o no?), gli uomini di Simone Inzaghi fecero meglio: tre pareggi con gol, tutti per 1-1, sui campi di Club Brugge, Zenit San Pietroburgo e Borussia Dortmund (senza Haaland), prima della sconfitta dell’Allianz Arena di Monaco di Baviera negli ottavi di finale (2-1 Bayern). L’avvento di Maurizio Sarri ha cambiato la musica in termini di prestazioni, non quanto ai risultati. Nell’edizione 21/22 dell’UEFA Europa League la Lazio ha perso a Istanbul con il Galatasaray, con un infortunio clamoroso di Strakosha, e non è riuscita a tenere il vantaggio al Velodrome di Marsiglia (2-2). In quel girone, tuttavia, le performance esterne furono ottime: sia in Francia che a Oporto, dove comunque le aquile vennero sconfitte per 2-1 dal Porto (giocavano centrali Patric e Luiz Felipe, fece doppietta Toni Martinez al Do Dragao). L’ultima stagione europea ha visto la Lazio dividersi tra Europa e Conference League. Dopo il disastro di Herning col Midtjylland (5-1 in Danimarca), Milinkovic e compagni non andarono oltre lo 0-0 a Graz con lo Sturm e persero la qualificazione a Rotterdam col gol di Santiago Gimenez (1-0 Feyenoord). Retrocessa in Conference, la Lazio ha impattato a Cluj-Napoca (0-0 col Cluj) e perso ad Alkmaar prima del derby di ritorno.
BOTTINO MAGRISSIMO – 28 gol subiti e solo tre clean sheet negli ultimi 18 precedenti lontano dalle mura amiche, uno score ai limiti del desolante che si è ripercosso – gioco forza – sul ranking UEFA del club. Al di là dei risultati, colpisce la presunzione della Lazio su qualche campo (Nicosia, Cluj-Napoca, Rennes, Herning) e l’incapacità di reagire al forcing avversario (Cluj, Celtic, Porto, AZ vinsero in rimonta, senza incontrare grandi resistenze). Il precedente a cui la Lazio può aggrapparsi riguarda prossimo la massima competizione continentale: sui grandi palcoscenici della stagione 2020/21 la musichetta della Champions League non ha mai intimorito la Lazio, che sui campi di Bruges, San Pietroburgo e Dortmund ben figurò anche in condizioni di estrema emergenza, prima di una “normale” sconfitta con i campionissimi del Bayern Monaco. La speranza dei tifosi biancocelesti è che questa striscia terribile possa essere interrotta in uno stadio – il Celtic Park – che mercoledì sera sarà un catino. Nove punti sui 54 disponibili negli ultimi cinque anni sono decisamente pochi. Si riparte da Glasgow, per la svolta.
N.F.