Le pagelle di Guido De Angelis – Derby, salvo solo Gila e Patric, la nuova Lazio riparta da loro. Cambi inconsistenti, Isaksen nullo, attacco impietoso: stagione maledetta

Al termine del derby della Capitale arrivano le pagelle di Roma-Lazio firmate dal nostro direttore Guido De Angelis, che come di consueto ha dato voti e giudizi ai protagonisti biancocelesti del match.

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MANDAS 5,5 – Non è chiamato ad alcuna parata nel corso del match, perché l’unica conclusione giallorossa si spegne sul legno. Con i piedi se la cava tutto sommato bene al netto di due rinvii spediti direttamente in fallo laterale dopo aver perso un momento di troppo. La partita è stata piuttosto bloccata e non ha dovuto parare granché. Non è del tutto esente da responsabilità sulla rete di Mancini, che prova a parare con una sola mano: non riesce a respingere il colpo di testa e si porta la palla nel sacco. Ragazzo giovane e di personalità, ma non credo sia un talento per blindare la nostra porta del futuro. Dall’altro lato è stato seguito un portiere, è stato notato come un profilo di talento, è stato messo in porta e ha regalato punti e qualificazioni europee. 

GILA 6,5 – Ancora una volta il migliore in campo, per la terza volta su tre nell’era Tudor. Gioca praticamente da terzino sinistro pur essendo un destro, e interpreta il derby come dovrebbero fare tutti i compagni: con grinta e ferocia agonistica abbinate a una discreta lucidità. Commette un grave errore in uscita a metà primo tempo e il rivale ci grazia vanificando l’azione che ne segue. Da una sua deviazione nasce il corner del vantaggio giallorosso. Per tutta la partita, però, vince i duelli in difesa e si proietta sistematicamente in avanti, tentando svariate incursioni anche coraggiose e fungendo in almeno tre circostanze da uomo-assist. La linea mediana della Roma non lo contiene, è rapido nell’esecuzione e nonostante la fatica tiene bene fino al fischio finale. Notevole l’intervento su Celik a 10’ dalla fine, il bis del tackle su Kean in Lazio-Juventus. Tutte le nostre azioni sono passate per i suoi piedi. E’ con Patric l’unico calciatore da cui ripartite per il nuovo ciclo.

CASALE 5 – A sorpresa parte titolare al posto di Patric. Lento e impacciato, non riesce mai a trasmettere sicurezza alla retroguardia e la nitida percezione è che stia ballando come assoluta preda degli eventi ad ogni avanzata avversaria. Non tiene gli inserimenti dei centrocampisti giallorossi, ritarda la velocità della manovra e – seppur palesi una maggior sicurezza nella conduzione del pallone rispetto al centrale visto fino a qualche settimana fa – ha carenze evidenti nelle uscite. Nella ripresa fa da centrale dei tre con l’uscita di Romagnoli, e se l’ex capitano del Milan aveva vinto i duelli con Lukaku, lui si limita ad accompagnarlo senza mai tentare l’anticipo, guardandolo a distanza, come nell’occasione del palo che poteva costare il 2-0. Aveva causato un calcio di punizione pericoloso di Pellegrini, poi finito alto sopra la traversa. Una pessima stagione, sotto tutti i punti di vista.

ROMAGNOLI 4,5 – Quest’anno non è riuscito a ripetere l’ottima prima stagione con la nostra maglia. Per lo stile di gioco di Tudor è il centrale messo più in difficoltà: la linea di Sarri si sposava al meglio con le sue caratteristiche. Terrebbe anche Lukaku nel primo tempo, senza andare in difficoltà. Ma il gol che decide il derby è quasi tutto suo: la differenza con Mancini nell’andare verso quel pallone cruciale è abissale, a prescindere dalla rete che si gonfia. Si tratta di cattiveria, di volontà di difendere la porta, di capacità di lettura. Certamente il cambio di allenatore ci ha penalizzati sui calci da fermo, ma perdere una stracittadina per un episodio contro una compagine che sapevamo essere molto pericolosa sui calci d’angolo è onestamente triste. Esce all’intervallo, rimanendo negli spogliatoi per un problema fisico. Al suo posto Patric.

PATRIC 6 – Con Gila è l’anima della difesa della Lazio. Purtroppo è arrivato a queste due partite decisive con Juventus e Roma non in grandissime condizioni e dunque ha potuto aiutarci soltanto per due tempi. Veniva da un mese e mezzo di inattività a seguito dell’infortunio rimediato col Bologna, e per noi la sua è stata un’assenza importante. Coperture preventive, anticipi ben fatti, sbaglia soltanto in occasione del palo di El Shaarawy, quando quasi si inginocchia invece di scivolare sull’ex Milan. Ci fa uscire con la solita pulizia, si prende la responsabilità delle lunghe gittate e sbaglia poco o nulla. Che la Lazio riparta da uno come lui, antidivo che con il lavoro e la fame si è conquistato il posto.

MARUSIC 5 – In questo schieramento fa l’ala, ma non ha né agonismo né dribbling, né velocità né astuzia, né intelligenza calcistica né la tecnica. Nel primo tempo si limita ad appoggiare in avanti per Isaksen, e per due volte usa il mancino per provare a servirlo e spedisce la sfera direttamente in rimessa laterale. Dalle sue parti la Roma può difendere con la pipa in bocca, è assolutamente innocuo. Salta male sui corner, nella ripresa concede un cross troppo semplice che per poco non ci costa il raddoppio. Nè carne né pesce, se pensiamo che possa essere il padrone di quella corsia ci sbagliamo di grosso. In questo momento paghiamo anche l’assenza dell’infortunato Lazzari, che ha costretto il montenegrino a giocare tutte le partite dell’era Tudor. Esce nella ripresa per Luca Pellegrini.

PELLEGRINI 5 – Impatto disastroso, come al solito. Ragazzo volenteroso, ma calciatore poco intelligente e sbadato nella gestione dei momenti cruciali del match, quando una giocata può valere una partita e ogni minuto vale dieci. Si intestardisce al dribbling e perde palla, sbaglia i posizionamenti, prova a mettere al centro un cross e colpisce in pieno il diretto avversario senza alzare il pallone. In estate Sarri chiedeva un grande terzino sinistro, gli hanno ripreso un profilo che lo scorso anno aveva giocato da titolare soltanto l’ultima di campionato, a cose già fatte. Negativo, davvero.

VECINO 6– – Non è un regista, non è un play puro, non ha il dinamismo e il ritmo che ci vorrebbero davanti alla difesa. Va in tackle in prima pressione e si becca subito il giallo che ne condiziona un po’ la performance. Tuttavia, se nel primo tempo recuperiamo sistematicamente palla è anche merito suo e della sua interpretazione. Va a contrasto, salvo poi rallentare il gioco tardando ogni volta la scelta del passaggio. Nel primo tempo si inserisce in area di rigore e per due volte prova la conclusione, venendo murato in corner. Perlomeno, senza deviazione, avrebbe incrementato i dati relativi alle conclusioni della squadra, tristemente inquietanti. Nei primi 45’ avrebbe anche la possibilità di andare al tiro da fuori, ma rinuncia. Ripresa in calo, senza grossi sussulti.

LUIS ALBERTO 5 – Entra per l’ultimo terzo di gara, ormai è il quarto o quinto cambio della squadra, pur dovendo essere almeno ai nastri di partenza uno dei più determinanti. Tocca pochissimi palloni, altro che gioco tra le linee…dietro alle punte fa fatica, perché non può fare quello che rappresenta il suo pane quotidiano: arretrare e venirsi a giocare il pallone senza un’immediata pressione avversaria. Avulso dal gioco, sta confermando ciò che pensavamo: non solo aveva tirato i remi in barca sotto la precedente gestione tecnica, ma col gioco di Tudor c’entra pochissimo. Nullo.

GUENDOUZI 5 – Con Maurizio Sarri giocava col pilota automatico, ora lo scenario in mezzo al campo è più anarchico e meno ordinato e anche il francese fa più fatica a giocare con continuità a certi livelli. A volte prova a sganciarsi in avanti, ma rimane sempre lì. Meno efficace del solito al contrasto, nella ripresa mette al centro un pallone che Kamada sbatte in rete da posizione di fuorigioco. Commette qualche fallo di frustrazione e nella ripresa prova a farsi giustizia da sé, ma si fa notare in zona gol soltanto per un colpo di testa velleitario che si spegne a distanza siderale dalla porta di Svilar. Si addormenta nel finale ed è in fuorigioco sull’ultima punizione. Tanto fumo, poco arrosto.

KAMADA 5,5 – Ci ha abituato a così poco che questo tipo di prestazione sembra quasi altisonante, quando dovrebbe rappresentare il minimo sindacale per un calciatore di questo livello, almeno sulla carta. E’ nel vivo del gioco, fa girare la sfera con discreta tecnica, prova a buttarsi negli spazi correndo tanto, ma gli manca sempre qualcosa: o il primo controllo, o l’aggancio orientato, o lo sprint. Nel primo tempo fa tanto pressing e costringe Llorente a spazzare via il pallone, prontamente recuperato dai compagni. Nella ripresa fa ammonire l’avversario, ma è in fuorigioco sulla palla che potrebbe valere il pareggio. Affronta alcuni frangenti della partita ancora con la testa bassa, accende e spegne la spina ad intermittenza. Vale il discorso di Guendouzi: tanti palloni giocati, scarsissima incisività. 

FELIPE ANDERSON 6 – L’assenza di Zaccagni lo costringe a giocare largo a sinistra a centrocampo, in una posizione troppo distante dalla porta. Spesso si incarta un po’ col pallone tra i piedi, ma in fin dei conti è l’unico a farci uscire con qualità e anche oggi chiude la sfida avendo fatto almeno tre ruoli. Con l’ingresso di Pellegrini per Marusic si sposta a destra. Pessimo nella battuta dei calci piazzati, ingenuo nel finale nella gestione dell’ultimo calcio di punizione, sprecato malamente. Non calcia e a volte appare un pizzico indolente, ma è sempre tra i più propositivi e sotto il profilo dell’atteggiamento e dell’impegno è encomiabile.

ISAKSEN 4 – Gioca a sorpresa il primo tempo dopo l’inguardabile prestazione in coppa Italia con la Juventus. Acerbo, inesperto, sbaglia il movimento quando si tratta di andare in profondità, non protegge una palla e viene anticipato – quasi mangiato – dai centrali giallorossi, che con lui hanno vita facile. Sembra non capire dove si trovi, come un pulcino bagnato e spaesato che stesse passando di lì per caso. Ha venti centimetri più di Angelino, ma riesce a farsi anticipare anche di testa dall’ex Lipsia. Difende malissimo anche in occasione dell’occasione da cui si genera l’angolo del vantaggio. Inadeguato a questo tipo di partite, rimane negli spogliatoi al break.

PEDRO 5,5 – Entra in campo e porta un atteggiamento frizzante dettato anche dalla voglia di stupire, dato il suo passato giallorosso. Commette subito un fallo di frustrazione, poi si innervosisce e cade nella trappola del nemico. Svaria molto sul fronte d’attacco, ma chiude senza aver mai concluso in porta né assistito a dovere i compagni. In questa fase di carriera è un po’ un “vorrei ma non posso”: viene ad aiutare in fase di avvio di azione, si sacrifica, ma sembra proprio aver terminato la birra in corpo.

IMMOBILE 5 – Non sarebbe in condizione di giocare questa partita, fisicamente fa davvero fatica e accusa anche un problema al ginocchio. Ha una sola occasione, cestinata spedendo la sfera fuori dallo specchio nel primo tempo. Da lì in poi corre a vuoto, sbaglia la prima pressione, e non complica in nessun modo l’uscita-palla della Roma. Contenuto senza affanni dalla retroguardia giallorossa, rimane negli spogliatoi a causa dell’infortunio al 45’. Al suo posto Castellanos.

CASTELLANOS 5 – Fa più movimento di Immobile e non lo si può criticare minimamente per l’atteggiamento con cui entra sul rettangolo verde. Solo che non è un mediano e il suo compito dovrebbe essere quello di fare a sportellate per poi cercare la porta. Il feeling con la stessa è ai minimi termini. Soltanto una volta riesce a liberarsi al limite dell’area e pensavo che potesse cercare l’uno contro uno con Mancini, invece mette la sfera a terra e calcia quasi in fallo laterale, nei pressi della bandierina. Centravanti inconsistente, che non sente la porta e si limita a legare il gioco con i compagni.

TUDOR 5 – Venivamo da una gestione tecnica che i derby li aveva vinti praticamente tutti. Va bene l’assenza di preparazione, vanno bene gli alibi degli infortuni e delle sfide ravvicinate –  eravamo alla terza gara nella settimana – ma l’importanza di questa partita era Capitale e noi dopo dieci minuti nella ripresa potevamo già essere capitolati. Opta nuovamente per Casale, Kamada e Isaksen, ma almeno per primo e ultimo gli esiti non sono positivi. Due dei tre cambi all’intervallo sono obbligati, quello di Isaksen “chiamato” dalla prestazione del danese. Non potremo mai giudicarlo per queste poche partite, ma la scelta andava fatta anche per il presente, e in quattro giorni abbiamo buttato via coppa Italia e stracittadina, e adesso chiudere bene questa stagione maledetta sarà un miracolo.