Al termine di Lazio-Milan, ventisettesima giornata della Serie A TIM 2023/24, arrivano come di consueto le pagelle del nostro direttore Guido De Angelis, che ha dato voti e giudizi ai protagonisti biancocelesti del match dello stadio Olimpico.
PROVEDEL 6 – Primo tempo da spettatore non pagante, si sporca i guanti soltanto al 46’ su un tiraccio di Pulisic, deviato in corner. Dal decimo al tredicesimo gioca bene con i piedi, avviando per due volte l’azione azionando Marusic. Nel secondo tempo compie un’ottima parata su Loftus-Cheek, si ripete su Okafor, ma sulla respinta la carambola va a premiare ancora Okafor, che lo prende contrattempo e insacca. E’ un’annata strana, questa, perché in partite come questa finisce per dover raccogliere il pallone dal sacco in partite in cui l’avversario non aveva calciato praticamente mai. Ma anche stasera, la respinta sul gol del Milan non è stata perfetta. E sta diventando un problema.
PELLEGRINI 4 – Torna dall’inizio dopo qualche spezzone di gara disastroso, ancora ho i brividi se ripenso all’ultima fase di partita di Lazio-Bologna. Era un po’ sparito dai radar dopo il rientro nelle rotazioni di Hysaj. Non giocava dall’inizio da Lazio-Lecce di metà gennaio, e questa sera ha subito un cliente complesso come Pulisic. Nel primo tempo l’americano non lo impensierisce più di tanto, così decide di complicarsi la vita da solo stoppando la sfera da ultimo uomo o tentando di uscire in dribbling per vie centrali dal limite dell’area. In difesa dà costantemente l’impressione di insicurezza, mentre si sgancia in avanti soltanto una volta, a metà primo tempo, facendo una sovrapposizione a Zaccagni e servendo Castellanos che arriva in ritardo sul primo palo. Non sa gestire i momenti, e sbaglia i tempi dell’uscita beccandosi il giallo. Commette una colossale ingenuità che cambia la partita: da ammonito, non avrebbe mai dovuto trattenere Pulisic. Sarebbe bastato mettere il pallone in laterale, prenderlo con le mani e indicare il compagno a terra, o anche lasciarlo al rivale, fermandosi. L’arbitro ci ha messo tanto del suo, ma il suo errore ci è costato la sconfitta che pesa come un macigno, non tanto sulla classifica, quanto sui tifosi biancocelesti. Ha giocato la seconda gara da titolare alla ventisettesima giornata, lo scorso anno aveva giocato una gara da titolare in campionato, e il motivo è chiaro: trattasi di profilo decisamente non da Lazio.
GILA 6,5 – Rientra dalla squalifica, a Firenze aveva lasciato il posto a un disastroso Casale. Primo tempo quasi perfetto, con due brividi: prima chiede di fermare il gioco per una botta subita, poi dieci minuti dopo si accascia a terra, ma deve solo riallacciarsi lo scarpino. Bene su Giroud nei primi 45’, quando si concede anche due o tre uscite palla al piede delle sue. Impeccabile fino a quando restiamo in parità numerica, poi si perde Loftus-Cheek e non è abbastanza reattivo nell’occasione del gol sulla parata di Provedel. Era stato protagonista anche di uno sfortunato autogol in occasione della rete poi annullata dal VAR a Leao. Ha disputato l’ennesima buona partita, annullando Giroud e dimostrando che il lavoro paga. Questo ragazzo veniva dalla Serie C di un campionato tatticamente meno preparato del nostro come quello spagnolo, ma sotto le sapienti mani di Sarri è diventato un calciatore affidabile.
ROMAGNOLI 6 – Gioca da ex al centro della difesa, è stato per anni una colonna portante del Milan e anche capitano. Prima della partita va a salutare gli ex compagni e abbraccia Ibrahimovic, in campo ha il compito di guidare una retroguardia che ultimamente ha perso le sue sicurezze. Nel primo tempo gli riescono diversi anticipi, difende in avanti e non soffre mai. Il Milan in attacco è pressoché nullo e la sua serata è davvero tranquilla. Nella ripresa si innervosisce, si prende un giallo per proteste ed è bravo a rimanere lucido nonostante la barbara conduzione del direttore di gara. Da tifoso della Lazio, gestisce l’ultima mezz’ora tra rettangolo di gioco e dialogo a distanza con arbitri ed ex compagni di squadra. La sensazione è che con una direzione arbitrale priva di protagonismi ed errori, questa sera non avremmo mai preso gol. Un vero peccato.
MARUSIC 5,5 – Torna a destra per marcare il più pericoloso del Milan, Leao, che con Theo Hernandez normalmente è una sentenza. Carbura lentamente, al 6’ inciampa sul pallone in arretramento e regala un laterale agli ospiti. Poi è autore nel primo tempo di due buone chiusure di testa su dei lanci rivedibili del centrocampo milanista. Si incolla a Leao e non commette grosse sbavature, aiutato da un francese decisamente svogliato. Per una volta era stato ordinato e pulito nelle giocate, nel finale deve aver detto una parolina di troppo all’arbitro e viene spedito anzitempo sotto la doccia, lasciando la squadra in 9 uomini. Abbiamo avuto tanti esempi di arbitri che facessero finta di nulla di fronte alla parolina (o parolona) di troppo. Questo non toglie, a mente fredda, che quella di questo ragazzo montenegrino sia l’ennesima ingenuità di una stagione maledetta. P.S. Sarebbe stato responsabile anche del gol di Leao, fortunatamente cancellato dal VAR per offside.
LUIS ALBERTO 6 – Ha quasi a uomo Bennacer, che da mezzala destra si divide tra lui e Pellegrini e poi arretra per impostare. In fase di impostazione spesso si nasconde, e quando riceve la sfera impiega sempre due o tre secondi di troppo prima di rigiocarlo. Va due volte al tiro, due mozzarelle per Maignan. Perlomeno è sempre nel vivo del gioco, è dinamico, cerca disperatamente la posizione e di dare un’opzione al compagno più vicino. In alcuni frangenti torna a difendere tardivamente e si prende qualche rimprovero dei centrali, ma gioca tutto sommato una discreta partita, senza infamia e senza lode. A metà della prima frazione farebbe ripartire Anderson in campo aperto per ben due volte nel giro di tre secondi, ma in entrambi i casi il direttore di gara è in traiettoria e viene colpito. Primo quarto d’ora della ripresa di sacrificio, poi rimaniamo con un uomo in meno e Sarri lo richiama giustamente in panchina per fare densità in mezzo al campo e inserire il terzino in sostituzione di Pellegrini, espulso. Questo ragazzo assomiglia molto ad un “vorrei, ma non posso”: con l’addio di Milinkovic era lecito attendersi qualcosa in più, invece le sue migliori partite sono quelle in cui prende la striminzita sufficienza.
HYSAJ 6 – È entrato bene anche lui, con lo spirito battagliero e la tigna che lo contraddistinguono al netto dei limiti tecnici. Sono convinto che quando è in forma sia ancora il nostro terzino più affidabile, perfino fuori ruolo a sinistra, e questo dice tanto di come sia stata costruita male la squadra sulle corsie laterali. Si è incollato a Pulisic e ha rischiato pochissimo. Anche lui si è beccato un giallo quasi a caso, nel finale di gara.
VECINO 6,5 – Dopo un lungo calvario torna dal primo minuto in campionato: non accadeva addirittura dalla fine del mese di settembre, questo per evidenziare quante poche rotazioni abbiamo in mezzo al campo. In condizioni fisiche discrete, lo vorrei sempre titolare, ma purtroppo anche questo ragazzo ha avuto dei problemi. Al minuto 8 ha l’occasione più ghiotta del primo tempo, sugli sviluppi di corner: Felipe Anderson pizza la sfera sul primo palo, lui si divora un gol quasi fatto spedendo di un millimetro fuori. Non è un playmaker specialista e non brilla per velocità d’esecuzione, ma va sempre in tackle ed è uno di quei calciatori che dà sempre il fritto, dandoci una mano anche sui corner a sfavore. Al 20’ l’arbitro si inventa un suo fallo al limite dell’area, Florenzi colpisce in pieno la barriera. Nella ripresa – di grande sacrificio – sporca le traiettorie rossonere, non tira mai indietro la gamba ed esce solo quando sfinito.
CATALDI 6 – Entra in campo al posto di Vecino e lo fa inevitabilmente con lo spirito giusto: va in pressione forte sul portatore di palla, si fa valere in pressing, protesta reiteratamente col direttore di gara. Aveva il veleno negli occhi e si è fatto sentire in mezzo al campo, in una fase di gara in cui purtroppo c’era soltanto da contenere. Ha fatto ciò che ha potuto, e nel finale ha provato anche ad andare al tiro, senza inquadrare purtroppo lo specchio della porta.
GUENDOUZI 6,5 – Disputa la ventisettesima gara consecutiva dal primo minuto, perché Kamada e Vecino non stanno assicurando le rotazioni che ci si aspettava. Al 5’ viene mangiato da Adli in mezzo al campo, poi si sveglia e comincia a sganciarsi in avanti, ma gli serve sempre un controllo di troppo prima di andare alla scelta successiva, e la difesa rossonera lo contiene in scioltezza. Spesso a metà strada, al 49’ sbaglia l’ultimo passaggio in area di rigore del Diavolo, aveva sia Castellanos che Zaccagni da servire a centro area. Un vero peccato che abbia perso il contrasto con Theo da cui nasce il gol. Ma cosa gli possiamo dire? Era ovunque, ha recuperato una valanga di palloni, li ha difesi col corpo come se fossero l’ultimo, ha corso per tre e da quando siamo rimasti in inferiorità numerica ha cominciato a strappare in avanti caricandosi la squadra sulle spalle, subendo qualche fallo e facendo ammonire anche Gabbia. Quasi commoventi gli ultimi dieci minuti di questo ragazzo, che con la squadra in nove uomini ha cercato di proteggere la sfera con tutto se stesso. Vinto l’ennesimo contrasto, ha subito al 95’ una trattenuta reiterata da Pulisic, e ha reagito con un piccolo spintone, ricevendo un’espulsione letteralmente inventata e senza alcun senso. Un peccato che il VAR non sia intervenuto per comunicare all’arbitro che nella sua condotta non ci fosse nulla di violento. Lo perderemo per la prossima partita di campionato, ed è un’ingiustizia.
ZACCAGNI 6 – Un meso e mezzo abbondante lontano dal campo, questo ragazzo ci è mancato tantissimo, non tanto per il suo rendimento di questa stagione, quanto per la mancanza assoluta di alternative. Sarri gli concede di partire dal 1’ per fargli mettere qualche minuto nelle gambe in vista di Monaco di Baviera. Si vede chiaramente che non sia in ottime condizioni: si assenta dalla partita e poi torna ad aiutarci ad uscire, conquistando i suoi falli o mandando al bar Florenzi con una finta di corpo. Ma resta sempre lì, senza riuscire a farci guadagnare metri di campo. Nella ripresa finisce le cartucce nella prima dozzina di minuti, cercando una velleitaria conclusione a giro da lontanissimo. Il suo è un rientro che ci voleva, ma ci vorrà qualche partita per rivederlo ai suoi livelli. Mi auguro abbia almeno un’ora scarsa nelle gambe per aiutarci a salire e respirare in quello che si preannuncia l’inferno di Monaco di Baviera.
ISAKSEN 6 – Su quella fascia Anderson difendeva bene, lui lo fa molto meno e non è casuale che dal suo ingresso il Milan attacchi solo dalla sua parte: anche i loro due gol (uno annullato) nascono da lì. Però entra con buon piglio, fa ammonire Theo e a 15′ dalla fine consegnerebbe a Immobile la palla dell’insperato vantaggio. Qualche buono strappo e la sensazione che faccia meglio quando ha a disposizione uno spezzone di gara che quando parte dall’inizio.
TATY CASTELLANOS 5,5 – Ha una chance dall’inizio più per far rifiatare capitan Immobile che perché l’abbia meritata per quanto fatto vedere sul campo in questi mesi. Al 7’ si nasconde dietro Kjaer su cross di Guendouzi, dieci minuti dopo fa la stessa cosa sul cross dalla sinistra di Pellegrini. Al minuto 11 vuole mettersi in proprio e invece di allargare a destra calcia in porta, facendo il solletico a Maignan. Un minuto dopo Maignan esce sbadatamente su di lui con l’Olimpico che invoca il rigore: nell’occasione è bravo a credere alla sbavatura difensiva rossonera, ma l’arbitro non ne vuole sapere. Da lì in poi tocca pochi palloni, cercando faticosamente di legare il gioco. Questo ragazzo non decolla, c’è poco da fare: si batte, prova a giocare di sponda, ma non è in grado di mettere in difficoltà le difese avversarie e ad oggi è un acquisto sbagliato, un pesce fuor d’acqua per il nostro campionato. Con l’altra maglia, questa sera, abbiamo visto Olivier Giroud: inesistente nel gioco con i compagni, un fantasma per tutta la partita, ma uno che in area di rigore non ha mai perdonato in carriera. Perché l’attaccante deve farsi sentire in area di rigore e gli devono essere richiesti i gol. E per l’ex Girona il feeling con la porta sembra un miraggio. Ricordo nitidamente tre circostanze in cui un suo più tempestivo attacco al primo palo avrebbe potuto liberarlo al tiro. Oltre a cercare poco la porta, invece, sbaglia o ritarda spesso anche i movimenti.
IMMOBILE 5,5 – Entra per l’ultima mezz’ora di gioco e dà tutto per la maglia, cercando di affrontare i contrasti con enorme vigore. Non l’avevo mai visto così affamato e arrabbiato per i torti subiti dalla squadra: ha cercato di sbracciare, di ripiegare con grande velocità, attaccando la profondità con cattiveria. Purtroppo si è divorato ad un quarto d’ora dal termine il gol del potenziale vantaggio in 10 contro 11, non sfruttando a dovere un assist di Isaksen, che però sarebbe stato pescato con tutta probabilità in posizione irregolare di qualche millimetro. Errore grave. Tuttavia, l’ho visto vivo e indiavolato, mi auguro sia di buon auspicio per le prossime partite. Sono d’accordo col mister che lo ha fatto riposare, e come sapete – lo dico da almeno due anni – penso che la scellerata gestione del mercato gli abbia tolto uno o due anni di carriera, perché è stato inconcepibile non aver trovato nell’ultimo quinquennio un calciatore che potesse farlo saltuariamente rifiatare o che gli consentisse di non dover sempre affrettare i rientri in campo dopo i problemi di natura fisica. Eppure, mi trovo a fare una triste considerazione: senza di lui, in avanti non abbiamo armi per creare nulla. Anche questa sera è entrato in campo e ha avuto – nonostante l’inferiorità numerica – due chances per segnare, riuscendo ad allungarci. Forza, Ciro!
FELIPE ANDERSON 5,5 – Come al solito gli tocca sacrificarsi sulla corsia, questa sera torna a destra con l’ingrato compito di non limitarsi a offendere ma di cercare di contenere le scorribande di Theo e Leao. Il suo lavoro in ripiegamento è da applausi scroscianti, ma quando poi c’è da offendere è troppo morbido nei contrasti. Chiude il primo tempo senza aver messo realmente in difficoltà la difesa rossonera. All’ottavo, sul calcio d’angolo di Luis Alberto, pizzica il pallone per Vecino, che non trova lo specchio della porta. Fastidioso per i centrocampisti del Milan, che se lo vedono spesso sbucare alle spalle per recuperare la sfera. Nella ripresa si sposta a sinistra con l’ingresso di Isaksen per Zaccagni, ma con il rosso a Pellegrini di fatto ricopre il ruolo di mezzala. Da un suo spunto per vie centrali è nata la nostra unica colossale occasione della ripresa. Il toppo sacrificio, tuttavia, lo paghiamo a caro prezzo: per riempire l’area di rigore, non è lucido nel liberarla e rimette la sfera sul piede di Okafor, che la sbatte dentro. Si può essere morbidi in avanti e non riuscire a creare la superiorità, ma non nella nostra area piccola.
SARRI 6,5 – Lasciato solo dalla società come accade sistematicamente in tutte le sessioni invernali di mercato – dopo la campagna estiva in cui è rimasto inascoltato – ha concesso alla squadra tanto riposo e una cena per compattare lo spogliatoio. Siamo arrivati cotti al mese decisivo e il calendario ci mette di fronte un altro big match. In piena emergenza, lo prepara bene e il Milan in 11 contro 11 non crea mezza occasione da gol. Anche in 10 contro 11 e persino in 9 contro 11 la Lazio non sfigura, e non avrebbe meritato di perdere. Purtroppo l’annata è di quelle orribili, e dopo la sventurata direzione di gara di Maresca in Lazio-Bologna, questa sera ci è toccato Di Bello. Ammonito e diffidato, salterà la sfida con l’Udinese. Non l’ho mai visto così inferocito, così sconvolto, così dentro la partita in ogni frangente di gioco: ha marcato a uomo il quarto uomo per 98 minuti, si è fatto sentire con la panchina del Milan, si è disperato ad ogni sciagurata decisione del fischietto di Brindisi. Questa sera paghiamo soltanto l’ingenuità di Pellegrini, ma – ripeto – non avremmo meritato la sconfitta. Non mi sento, onestamente, di dire che l’allenatore potesse anche solo minimamente prevedere la follia di Pellegrini.
DI BELLO 3 – Era dal 2012 che non venivano espulsi 3 giocatori della stessa squadra in Serie A. Rovina la partita dimostrandosi arbitro non all’altezza. Sforna cartellini a ripetizione, ma nei primi 45 si dimentica quelli sacrosanti a Florenzi e Adli, che nella ripresa sarebbero stati cacciati. Nel primo tempo si fa trovare esattamente sulla traiettoria del pallone e interrompe una nostra ripartenza potenzialmente importante in modo grottesco. Cambia il metro arbitrale ogni dieci minuti, è quasi sempre lontano dall’azione e non va neppure a rivedere il contatto Castellanos-Maignan. Corretto il secondo giallo a Pellegrini, che non sarebbe esistito se avesse applicato ili regolamento e fermato il gioco per il colpo al volto subito da Castellanos: il linguaggio del corpo è lampante, si ferma, guarda l’attaccante ma inspiegabilmente non fischia. Da quel momento perde la testa e va in totale confusione. Uno sbandamento che produce altri 11 cartellini, un senso di totale impotenza negli spettatori paganti, e induce Pioli a togliere dal campo Florenzi, Adli e Gabbia letteralmente un minuto dopo le ammonizioni a loro comminate. Immobile, da capitano, protesta per il fuorigioco di Leao sul vantaggio del Milan, lui lo ammonisce, e il VAR annulla per fuorigioco di Leao. Nel finale espelle Marusic per proteste con un rosso diretto. Gravissimo il terzo rosso a Guendouzi, una decisione che il VAR avrebbe dovuto cancellare. Lotito parla di “storia di una morte annunciata”, ma la sua conduzione arbitrale era sembrata scadente già nel primo quarto di gara. Mi auguro venga fermato a lungo: direzioni di questo genere scontentano tutti, perfino gli amanti di questo sport, che non dovrebbe essere messo nelle mani di fischietti di questa caratura. Tant’è: gli altri esultano, a rimetterci sono la Lazio e i suoi sostenitori. Si è consumata una delle pagine più brutte della storia del calcio nostrano, a tratti è sembrata una caccia all’uomo. E se fosse successo a qualunque altra squadra, avrei detto lo stesso.