“Quelli che…”, Rutelli: “Innamorato della Lazio grazie a mio nonno. Mio figlio si chiama Giorgio per Chinaglia”. E sul Flaminio…

Nel corsa della trasmissione “Quelli che…”, in onda sui 98.100 di Radio Sei, il nostro direttore Guido De Angelis ha ricevuto l’ex Sindaco di Roma Francesco Rutelli. Il noto politico, ormai non più in attività, ha regalato a tutti i radioascoltatori aneddoti sulla sua grande passione per i colori biancocelesti e sul suo passato. Rutelli, oltre al calcio giocato, ha anche toccato il tema dello Stadio Flaminio tanto bramato dai tifosi con l’aquila sul petto.

Di seguito la sua intervista.

Buongiorno Francesco, sei arrivato alla soglia dei 70 anni portarti splendidamente, che momento è della tua vita?

“È un momento come tutti gli altri. Come ben sai, ho lasciato più di 10 anni fa la politica in maniera definitiva. Ora mi occupo di tutt’altro. Ho una famiglia molto ampia e un matrimonio che dura da 44 anni, ci occupiamo di tante attività soprattutto di volontariato. Tra le tante cose c’è sempre la passione per i colori biancocelsti che non mi lascerà mai”.

In casa però c’è Barbara, tua moglie, che è una lupacchiotta sfegatata, giusto?

“Si è vero, ognuno ha i suoi difetti (ride, ndr)”.

Quando sei stato Sindaco di Roma hai vissuto una Lazio importante. Che periodo era quando eri proprio nel cuore della città?

“È stato un enorme privilegio. Vado allo Stadio da sempre compro il biglietto e sono abbonato. Andavo spesso in moto e continuo a farlo, quando ero Sindaco mi seguivano altre due moto come scorta. Dopo un po’ sono passato all’auto di servizio per evitare problematiche. Ho provato da Sindaco ad andare allo Stadio in Tevere, dove ero abbonato, ma dovevano stare seduti sui gradini due uomini della scorta. La passione però è indipendente e andava oltre. Vanno bene tutti i presidenti che abbiamo avuto ma per la Lazio va sopra ogni cosa. Cragnotti prese scelte giuste e tanti campioni, da Primo Cittadino ho avuto il privilegio anche di accogliere lo scudetto. In occasioni del primo scudetto andavo in bicicletta a vedere le partite.
Quello del 2000 l’ho vissuto da Sindaco, ho scritto vari articoli rivendicando perché la prima squadra della capitale avesse gli argomenti e la forza per guidare nel nuovo millennio questa città con lo Scudetto sul petto. Una storia unica che pochi possono apprezzarla. In quegli anni vincemmo tantissimo anche a livello di altri sport come rugby e pallavolo”.

Per quanto lo scudetto del 1915, sembra essere rimasto solo l’Avvocato Mignogna e le tante firme. Secondo te, se entrassi in scena, potrebbe cambiare qualcosa?

“Argomento razionale di cui parleremo a voce”.

Come diventa laziale Francesco Rutelli?

“In famiglia la simpatia per la Lazio era tiepida, sia mamma che papà erano simpatizzanti. Il vero promotore di tutto è mio nonno che mi porta a vedere Lazio-Sambenedettese 3-0, in Serie B al Flaminio. Erano i primi anni 60. Mi innamoro da quella partita, ho fatto la stessa cosa con il mio nipotino Carlo e gli ho fatto vedere Lazio-Lecce, per fortuna è andata bene”.

Se ti parlo di Chinaglia e Maestrelli, visto i cinquanta anni falla scudetto, qual è il tuo pensiero su quegli anni e su questi personaggi?

“Ero un tifoso come tanti e come tutti. Posso raccontare una cosa: ero ragazzo, vado fuori dalla clinica dove era ricoverato Maestrelli e lascio in portineria una foto, fatta da me, della Curva Sud il giorno di Lazio-Foggia per la vittoria dello Scudetto. Sapevo che Maestrelli era purtroppo molto malato e ho voluto fare questo gesto come fossi gratitudine per le gioie che mi ha regalato. È stato un pensiero per lui con parole di affetto e incoraggiamento. Per quanto riguarda Chinaglia, ho il mio primo figlio che si chiama Giorgio. Mia moglie sostiene che l’ho fatto per evocare Chinaglia ma io gli dico che è in onore di un mio zio (ride, ndr)”.

Siamo una città che non ha la fermata della metro nei pressi dell’Olimpico, per esempio San Siro ce l’ha. Perché non è mai stata fatta lì vicino? Ci hai mai pensato?

“Ci vorrebbe una vita per parlare di una cosa così. Non si può fare un pezzo di metro così facilmente. Non mi piace l’idea della tranvia. Ci furono progetti che però fallirono. L’idea sarebbe un prolungamento, l’idea è quella di portare la linea C da San Pietro all’Olimpico. Per esempio al Flaminio non ci si va, anche se ci sarebbe un sistema di trasporto”.

Il Flaminio è il sogno di tutti i tifosi della Lazio. Purtroppo l’Olimpico continua ad essere uno Stadio dove si vede poco e con prezzi alti anche nei settori popolari. Ti chiedo, sul Flaminio, c’è la speranza di prenderlo? Hai notizie, qual è la tua idea?

“Io sono molto favorevole a demolire e ricostruire il Flaminio. Ho ricevuto addirittura denunce all’epoca assurde quando avviai il progetto. La gente si ricorda che noi portammo il “Sei Nazioni” di Rugby lì, poi è stato spostato all’Olimpico. Tutti gli impianti vengono ristrutturati e messi a nuovo, servirà un grande restauro. Non può essere riutilizzato, si può lasciare sicuramente un segno. Basti pensare ai grandi stadi inglesi quanti accorgimenti servano per permettere a tutti di entrare. Ho parlato con Onorato e Abodi e mi hanno appoggiato l’idea. Ci serve un progetto concreto per 50mila posti, con adeguati parcheggi. Lì vicino c’è anche l’Auditorium. Sono favorevole anche allo Stadio della Roma a Pietralata. Ne approfitto per fare un grande saluto ad Alberto Mandolesi, lo ricordo con tanto affetto. Ho tanti aneddoti con lui, avevamo un grande rapporto.

Mi fermo un attimo sull’Auditorium, quanto ci è voluto a costruirlo e come hai fatto?

“Con tanta tenacia e con tanta voglia di fare, mi sono impuntato. È vero che ci sono state persone che mi hanno aiutato ma abbiamo penato e non poco. Per realizzare le cose ci è sempre voluta la tenacia e la voglia con le persone giuste.
Sono sicuro che se il Flaminio verrà fatto sarà un beneficio per tutti, sono convinto che tutti ne gioveranno. Credo che i residenti della zona abbiamo più problemi adesso con un rudere del genere che eventualmente con una struttura organizzata”.

Su Lazio-Bayern che ci dici?

“Soffro, soffro davvero tanto (ride, ndr)”.