Al termine di Inter-Lazio di Supercoppa italiana arrivano come di consueto le pagelle del nostro direttore Guido De Angelis.
PROVEDEL 6 – Contro i nerazzurri in campionato era stato costretto a raccogliere due palloni dalla rete a causa di errori individuali evidenti dei suoi compagni. Veniva da un periodo di relativa serenità, con la squadra che aveva concesso pochissimo nelle ultime uscite. Questa sera ha di fronte il miglior attacco – e il capocannoniere – del campionato, e subisce 7 tiri in porta, oltre a due legni e un’altra ventina di conclusioni che non centrano lo specchio. Incolpevole sui gol, aveva salvato su Lautaro. Calhanoglu dal dischetto è una sentenza. Il meno colpevole nonché l’unica sufficienza di una serata tetra.
LAZZARI 5 – Non avendo grosse carte da giocarsi dalla panchina, il tecnico lo aveva tenuto fuori nell’ultima apparizione. Questa sera è chiamato a compiti prevalentemente difensivi contro l’esterno italiano più forte del momento, Dimarco. Nella prima mezz’ora prova a dialogare con Guendouzi e Felipe Anderson, ma ci riesce poco e a quel punto esce completamente dalla partita e dalle sue parti è un massacro. Brutta serata.
HYSAJ NG – Entra a sette minuti dal termine quando non siamo stati sommersi per puro caso, e facciamo comunque in tempo a prendere il terzo gol. Non giudicabile.
GILA 5 – Proiettato quasi per caso in prima squadra, ha ormai stabilmente superato Casale nelle gerarchie. Dopo l’infortunio di Patric in Lazio-Lecce, deve giocare in coppia con Romagnoli per sfidare la coppia gol più prolifica della penisola, quella composta da Thuram e Lautaro Martinez. È la sua prima volta in una competizione nazionale che non sia la Serie A. Ci mette grande agonismo, e rispetto al compagno di reparto gli riesce qualche anticipo e qualche disimpegno. È palese che sia alle prime partite a questo livello, e contro la fase offensiva nerazzurra di questa sera c’è onestamente poco da fare, perché le distanze tra i reparti sono abissali e la difesa è aiutata poco e male dal resto della squadra. Il migliore della retroguardia, e ho detto tutto.
ROMAGNOLI 4 – Nelle idee di Sarri il suo rientro dopo due mesi di stop avrebbe dovuto essere graduale. Dopo i tre minuti di Udine, invece, il derby di Roma lo ha forzato a tornare dall’inizio, e lo stop di Patric al 20′ di Lazio-Lecce lo ha privato anche di quel riposo che Sarri gli aveva concesso contro i salentini proprio per evitare ricadute. Questa sera è di fatto una finale, e da ex rossonero e leader della retroguardia non può mancare ed è chiamato agli straordinari. Non gli riesce praticamente nulla. Sul primo gol si fa una dormita colossale rimanendo praticamente immobile. Sul terzo la musica non cambia. In generale, va in affanno per tutta la partita e i rivali gli sbucano da tutte le parti. Un grosso passo indietro.
MARUSIC 4 – Sapete che quando lo vedo sulla corsia mancina che fa fatica ad appoggiare a terra il piede sinistro ed è buono soltanto a spazzare col destro, mi cadono le braccia. Dovrebbe riscattare lo svarione in retropassaggio che a Roma ruppe l’equilibrio e fece girare l’inerzia del match a favore degli uomini di Inzaghi. Invece, riesce nell’ardua impresa di fare una gara peggiore rispetto a Lazio-Inter. Il gol di Thuram sarebbe da far vedere nelle scuole calcio per evidenziare tutto ciò che un difendente non dovrebbe fare: si guarda l’azione da spettatore non pagante, rimanendo completamente fermo. Salta a vuoto sulla traversa di Barella, è sistematicamente fuori tempo su ogni folata offensiva dell’Inter. Dalle sue parti prima Pavard, poi Darmian e Barella fanno letteralmente quel che vogliono. Una delle sue partite più brutte, e quest’anno il campionario è vasto. L’unica piccola attenuante, che gli vale mezzo voto in più, è che Pedro si dimentica di aiutarlo su quella corsia. Credo che il tempo di questo calciatore sia finito.
PELLEGRINI 5,5 – Ha a disposizione 25 minuti più recupero per limitare le avanzate dell’Inter tenendo la posizione senza fare danni, in una situazione di pura anarchia tattica e con i compagni di movimento completamente in tilt. Non posso dargli grandi colpe, per la prima volta Sarri gli concede un breve spezzone di partita assieme a Lazzari.
GUENDOUZI 4 – Ormai inamovibile, questa sera con l’assenza di Luis Alberto dovrebbe essere lui a prendere in mano il centrocampo e contrastare uno dei calciatori più tecnici del nostro calcio com’è l’armeno Mkhitaryan, che gravita dalle sue parti e ultimamente è in grande spolvero. Come ho spesso sottolineato, il suo dinamismo abbinato alla lentezza e alle difficoltà di posizionamento dei colleghi di reparto lo fa sembrare migliore di quanto non sia: è un centrocampista disposto al sacrificio, ma gli mancano i tempi delle chiusure e tecnicamente sembra di categoria inferiore. Lo infilano da tutte le parti e lascia la difesa completamente in balia degli avversari. In fase di costruzione viene asfaltato. Tra le peggiori uscite con la nostra casacca.
LUIS ALBERTO 4 – È palese che non riesca ad allenarsi per bene da un po’ e che sia tornato indietro di condizione. È altrettanto evidente che faccia terribile fatica a dover fare le due fasi, forse è il motivo per cui non è mai esploso. Ha a disposizione l’ultimo quarto di gara e anche per lui vale l’alibi del match già chiuso. Ma volere a tutti i costi mettere la ciliegina mi sembra onestamente come fare harakiri. Regala in modo grave il pallone del 3-0 di Frattesi. Ci dovrebbe spiegare cosa vuol fare da grande.
ROVELLA 4 – Sarri ripropone l’assetto con le due mezzali che hanno giocato il derby, ma stavolta al posto di Cataldi in cabina di regia c’è l’ex Monza. Nella sfida dell’Olimpico di un mese fa troppi palloni erano rimasti vaganti a pochi metri dalla nostra area di rigore. Completamente spaesato, annaspa con i compagni senza chiudere una linea di passaggio che sia una. Non fa filtro, non morde, non trova la posizione, e in fase di possesso non dà mai sicurezza. Performance disastrosa, in antitesi con le ultime uscite. A centrocampo è un bel problema…
CATALDI 5+ – Entra a partita finita, sul 2-0, quando l’Inter si concede qualche minuto di calma per riprendere il fiato. Nel marasma generale ha il merito di usare la testa e rimanere lucido, ma inevitabilmente finisce anche lui avvolto nella giostra nerazzurra.
VECINO 5 – L’ex di turno ha una chance dal primo minuto contro la compagine meneghina che lo aveva sedotto e poi relegato ai margini per ben due anni prima del suo approdo in biancoceleste. Spicca per lentezza, ma è tra gli ultimi a mollare. Dà il là all’unica azione potenzialmente pericolosa della nostra partita, sporca qualche traiettoria e quando non prende palla va sulla gamba e si becca il giallo. Non riesce a contenere come dovrebbe, la velocità di manovra e di pensiero dell’Inter lo fa sembrare in più di qualche frangente fisicamente a pezzi. Tra i meno colpevoli, perché è tra i pochi che hanno fatto capire, sebbene a tratti, di essere atterrati in Arabia Saudita per provare a competere.
PEDRO 4 – Sarri gli aveva preferito Zaccagni, che però ha dovuto dare forfait nel riscaldamento. Uno come lo spagnolo ha l’esperienza per entrare a freddo in clima partita, ma deve farsi perdonare gli ultimi due ingressi con Roma e Lecce, decisamente negativi in termini. Lui che di trofei ne ha vinti più di ognuno degli altri 21 calciatori in campo deve provare ad impensierire la corsia destra interista composta da Pavard e Darmian. Nel primo tempo è un fantasma che vaga per il campo. Non aiuta in fase difensiva, non punta l’uomo, non riesce a congelare il pallone, non duetta con i centrocampisti, non spende un fallo, non ne tiene su una. Non contento, inizia la ripresa mettendo la parola fine sulla partita, quando causa il rigore del raddoppio. Recidivo, non vorrei che avesse staccato del tutto la spina. Ad ogni modo, ha la sua età e in quel ruolo serve una pedina in più, e non per fare numero…
ISAKSEN 5,5 – Anche il danese ha 25 minuti per mettersi in vetrina, senza alcuna velleità di incidere su una gara a senso unico. Frizzante, si prende un calcio di punizione e dà la sensazione di poter dare una scossa, ma si tratta di giocate estemporanee. Uno o due sprint e poco più, questa sera tirare in porta – o anche lontano dalla porta – sembra pura utopia.
IMMOBILE 5 – Contro il Lecce aveva giocato appena una ventina di minuti, tornando sul rettangolo verde dopo tre settimane ai box. Chiaramente non può essere al meglio e deve ritrovare il ritmo partita, ma Sarri non ha a disposizione Castellanos e non rinuncia al capitano. Che, però, è difficilmente presentabile in queste condizioni. Si vede che non si è ancora ripreso, passeggia ed è fortemente limitato dalle condizioni fisiche precarie. Riceve pochissimi palloni, Acerbi gli si incolla e usa sia le buone che le cattive. Non avendo cambi in avanti di fatto gioca tutta la partita ma non riesce a dare la scossa. Nel finale si ricorda di essere la nostra unica chance di trovare la via della rete, ma nel controllo è autore di un fallo di mano che costa l’annullamento della stessa da parte del direttore di gara Marchetti. Ha messo minuti nelle gambe, ma era una semifinale di Coppa e sarebbe servito un centravanti al 100%: purtroppo anche Castellanos è fuori causa e in questo momento siamo in sofferenza in avanti.
FELIPE ANDERSON 5 – Al centro del mercato, da giorni si vocifera che abbia già l’accordo con la Juventus e che il suo futuro potrebbe essere lontano dalla Capitale. Negli ultimi giorni aveva provato anche da prima punta, ma il mister lo conferma a destra contro la squadra che rappresenta la vittima preferita del brasiliano in Italia. Se da prima punta ci ha abituati a trovare una discreta continuità di rendimento, deve accelerare il livello delle prestazioni da ala destra. Comincia il match provando a puntare Bastoni e arretra spesso per venirsi a prendere la sfera, ma ne gioca in modo pericoloso davvero poche. Abulico e compassato, sappiamo che quando la squadra non scende in campo non può di certo essere il leader e trascinatore: acquisisce la malinconia dei compagni e non punge praticamente mai.
SARRI 4 – Veniamo annichiliti da un avversario nettamente superiore, ma l’atteggiamento dei calciatori è inaccettabile in una gara che mette in palio un trofeo. Confermiamo che ogni quattro o cinque gare stacchiamo la spina, e veniamo presi a pallonate senza riuscire a rispondere neppure con un tiro fuori dallo stadio. Abbiamo fatto un viaggio a vuoto e una brutta figura, e siamo apparsi svogliati, scarichi, svuotati. Non abbiamo calciatori dalle motivazioni intrinseche e non riusciamo a mettere in campo neppure un sussulto di orgoglio. Essendo la fine di gennaio, voglio ripetere il consueto ritornello: compra l’Inter, si rinforzano Napoli e Fiorentina, e la Lazio, nonostante il basso tasso tecnico dell’11 di partenza, fa finta di nulla. Il solito film, visto e rivisto.