di Niccolò Faccini
“Sapete meglio di me che la Lazio è abituata a non intervenire sul mercato di gennaio. Storicamente è così e non credo che quest’anno sarà diverso. Poi è chiaro, di mercato dovete parlare col direttore (Fabiani, ndr), perché possono sempre esserci delle situazioni in cui alcuni calciatori chiedono di andare via o dinamiche simili”. Maurizio Sarri era stato chiaro subito dopo Empoli-Lazio, quando in conferenza stampa dalla pancia del Castellani aggiungeva a queste parole: “A differenza dell’estate, adesso c’è un direttore sportivo in carica”. Alla fine di dicembre, si preannuncia un grande lavoro per Angelo Fabiani, che con la società biancoceleste avrà il compito di concordare le mosse sul mercato. Sarri ha ragione: nelle ultime 12 finestre invernali, la Lazio ha acquistato calciatori rarissimamente, e quando lo ha fatto si è trattato di profili che sono transitati per Roma per pochi mesi, di passaggio, per poi salutare la Capitale a giugno. Romulo e Musacchio, tra gli ultimi arrivi invernali, hanno fatto la stessa fine. Insomma, la sessione di gennaio è storicamente servita alla Lazio più per tamponare le emergenze che come occasione per pianificare le mosse per il futuro a lungo termine. Si tratta, oggi, di capire se la situazione attuale a centrocampo possa essere definita di emergenza. E i presupposti sembrerebbero esserci tutti.
AGOSTO – In estate le richieste del tecnico erano chiare: un play che potesse rappresentare un pilastro del 4-3-3, una mezzala di gamba e buona interdizione e un calciatore che abbinasse qualità e quantità con un buon contributo potenziale in zona gol. Serviva chi sostituisce Sergej Milinkovic, il calciatore più decisivo in termini realizzativi (e non solo) dell’intera era Lotito. Se quest’ultima affermazione non dovesse convincere, si dia un occhio ai numeri. Nell’ultima stagione di Inzaghi e nelle prime due stagioni di Sarri, il gigante serbo aveva chiuso il campionato risultando in tutte e tre le circostanze: a)il calciatore con più km percorsi, b)il centrocampista con più palloni recuperati nella metà campo difensiva, c)il centrocampista con più duelli aerei vinti della Serie A. Inoltre, il numero 21 aveva inciso in tutte e tre le stagioni su oltre il 30% dei gol da punti segnati dalla squadra biancoceleste, considerando reti, assist, passaggi smarcanti precedenti all’assist e rigori procurati. Il club più antico della Capitale aveva portato a Roma ben tre profili: Nicolò Rovella, Matteo Guendouzi e Daichi Kamada. Quest’ultimo, nelle idee societarie, avrebbe dovuto prendere in campo il posto di Sergej Milinkovic, ma il trio Kamada-Rovella-Luis Alberto non garantiva grande equilibrio. Ecco spiegato l’acquisto di fine estate del francese ex Marsiglia: muscoli e dinamismo al servizio dei compagni.
LA SITUAZIONE ODIERNA – Rispetto allo scorso anno, molte cose sono cambiate. In primis, Cataldi non è più il regista titolare della Lazio. Non un dettaglio da poco, perché Danilo aveva imparato alla grande il ruolo ed era diventato inamovibile. Alcuni spezzoni di partita e di allenamento così così hanno portato l’allenatore – per sua stessa ammissione – a considerarlo con il contagocce. Il classe 1994 ha giocato dall’inizio le prime 5 gare di campionato, per poi essere relegato in panchina tra Serie A e Coppe e riprendersi la titolarità soltanto con Roma e Salernitana (qui Rovella era squalificato). Una spassionato fiducia è stata concessa nel ruolo di playmaker a Rovella. L’ex Genoa e Juventus, quando disponibile, ha sempre giocato dall’inizio in campionato, pur palesando evidenti limiti in cabina di regia. Scarso filtro, interdizione con i tempo sbagliati, errori di posizionamento, propensione quasi nulla alla verticalizzazione e una personalità ancora da trovare. Rovella è oggi tra le certezze della mediana, ma è in diffida e al prossimo giallo sarà costretto alla squalifica. L’altro perno del centrocampo è Guendouzi, che si è preso il posto da titolare sulla destra ed è diventato di fatto il nuovo-Milinkovic. L’ex compagno di Payet all’OM sta imparando a dialogare con Lazzari e Anderson sulla corsia destra, e garantisce intensità e tanto movimento. Anche lui, fisiologicamente, avrà bisogno di rifiatare: dal 30 settembre ad oggi ha giocato 16 partite consecutive senza mai fermarsi. E senza sostituti. Infatti, Toma Basic è un corpo estraneo alla squadra, non fa parte del progetto tecnico di Sarri e in estate aveva rifiutato il trasferimento. Il croato ha preso parte soltanto agli ultimi 9 minuti di Coppa Italia negli ottavi di finale contro il Genoa. Riuscendo, tra l’altro, a fallire forse il gol più clamoroso gettato alle ortiche della stagione della Lazio (Taty Castellanos a Rotterdam permettendo). Altro capitolo riguarda Mati Vecino. L’ex Inter ha giocato titolare in 5 gare di Champions League e si è preso la regia in extremis per garantire la coesistenza di Luis Alberto e Kamada. Segno che qualcosa in estate non è quadrato. L’uruguagio è sacrificato in quella posizione, e ha confermato che la regia della Lazio ancora non ha trovato un vero padrone affidabile. Nei tre anni di Sarri si sono alternati in quel ruolo lo stesso Vecino, Rovella, Cataldi, Leiva e Marcos Antonio. Vecino dà esperienza e quantità alla mediana, ma da play non dà velocità alla manovra e perde inevitabilmente la capacità di inserimento che nell’ultimo anno e mezzo ha fatto vincere tante partite alla Lazio. I suoi gol a Fiorentina, Feyenoord, Napoli, Celtic, Atalanta e Torino sono stati determinanti. Tuttavia, Vecino non dà affidabilità né sotto il profilo caratteriale (in estate voleva il trasferimento al Galatasaray, si è lamentato in più di una circostanza di non essere tenuto in adeguata considerazione, ed è stato tenuto fuori dal club per la sfida con il Genoa in coppa Italia) né dal punto di vista delle condizioni fisiche. Infatti, ha disputato da titolare soltanto una partita in campionato, quella con il Torino (poi sbloccata). Con l’infortunio di Luis Alberto (almeno 20 giorni) e la quasi certa convocazione di Kamada col Giappone per la Coppa d’Asia, dopo Lazio-Frosinone Sarri si ritroverà coi soli Rovella (in diffida), Cataldi, Vecino e Guendouzi in mezzo al campo. L’infortunio del numero 10 è una gatta da pelare importante, non tanto per il rendimento recente (un solo gol e zero assist nelle ultime 18 partite), quanto perché a salutare Formello sarà anche il sul alter ego giapponese. Sarri ha dovuto già rinunciare in stagione – tra infortuni e squalifiche – ben 4 volte a Lazzari, Patric, Zaccagni, Immobile e allo stesso spagnolo, oltre alle tre assenze di Isaksen che hanno tolto rotazioni in avanti. Luis Alberto e Immobile ne avranno almeno per tre settimane e dunque salteranno con certezza almeno Frosinone, Udinese, quarti di finale di Coppa Italia e Lecce. Se non si tratta di emergenza, poco ci manca. Sta ora alla società biancoceleste palesare al popolo laziale le intenzioni per il prossimo futuro: aggiustare il centrocampo e giocarsi qualche fish sul prosieguo del campionato e sulle altre due competizioni, o rimanere così com’è. Storicamente, questo aut aut non è mai esistito in concreto. Tuttavia, nei prossimi 64 giorni la squadra dovrà fronteggiare 15 partite in 4 competizioni diverse. Di queste, ben 10 saranno big match (Inter, Napoli o Fiorentina in Supercoppa, Atalanta, Milan, Napoli, Fiorentina e Bologna in A, due volte il Bayern in Champions League, oltre al probabile derby di Coppa Italia). Urgono valutazioni immediate, e il mercato sta aprendo.