Lazio, Delio Rossi: “Sono rimasto legato alla Lazio, tornerò a vederla allo stadio”. E sui suoi ex giocatori…

Nel seconda parte della trasmissione “Lazialità”, in onda su Lazio Tv canale 13 del digitale terrestre e in interconnessione sui 98.100 di Radiosei, ha continuato il suo intervento l’ex allenatore della Lazio Delio Rossi. Nel corso della puntata serale il tecnico emiliano ha ricordato qualche momento e alcuni aneddoti da allenatore dei capitolini.

Di seguito le sue dichiarazioni:

Ho scelto di vivere a Roma perché ho allenato la Lazio. Non sono più entrato all’Olimpico da quando ho smesso di allenare la Lazio. Se vado a vedere la Roma andrei per motivi diversi, se vado per la Lazio non mi farebbero vedere la partita per troppo affetto, foto, video, autografi ecc…, quando vedo la partita in casa con amici laziali lascio passare alcune cose, quando sono da solo sono molto più schietto. Di solito le vedo con mia moglie. Sono rimasto legato, sento tanto affetto, secondo me immeritato. Sono arrivato alla Lazio nel periodo iniziale di Lotito, dopo l’era Cragnotti. Non ci sentiamo con il Presidente ma siamo in buoni rapporti, se lo vedo lo saluto con molto piacere. Non sono una persona che scrive messaggi o chiama al telefono (ride, ndr). Quando vinco mi metto sempre dalla parte di chi perde, capisco quanto sia difficile per un tifoso. Cassano? Mi saluta sempre, è sempre gentile. Mi diceva sempre che l’anno dopo lo avrei allenato, poi sembrava non succedere mai (ride, ndr). Pandev? Sono affezionato a Goran, lui venne alla Lazio in uno scambio con Stankovic. Mi dissero che non era un professionista, io sono come San Tommaso, lui sapeva giocare aveva grande tecnica. Un sinistro davvero impressionante. Sono andato a vedere nella sua vita privata, con me ha mostrato il suo talento. Zarate? Ha una storia particolare, avevamo bisogno di una punta che potesse coesistere con Rocchi e Pandev. Parlando con Sabatini mi disse che c’era un ragazzo che giocava in Arabia Argentino, ma che costava tanto. Disse che non potevamo permettercelo, ma senza dirmi il nome. Lui gioco insieme ad Agüero con l’Argentina. All’epoca il calcio in Arabia era molto indietro, lui prendeva un ingaggio molto alto. Era molto istintivo e anarchico, era una punta quando attaccavamo ed un esterno quando avevano gli altri la palla. Appena è arrivato non gli ho fatto fare nessun minuto, lo facevo entrare 10 minuti. Era tecnicamente formidabile, la prima partita a Cagliari fece doppietta. Non è stato, secondo me, aiutato da chi gli stava vicino.
Bob Lovati non si può spiegare, veniva quando le cose andavano male. Veniva con il sorriso e ti dava confortato, voglio bene a lui e alla sua famiglia. Simone Inzaghi gli voglio bene, è un ragazzo solare. Spesso e volentieri non lo facevo giocare, faceva molto spogliatoio. In una partita fece gol e mi mandò a quel paese, gli disse con me e mi rispose che ce l’aveva con altre persone (ride, ndr). Il calciatore pensa solo a se stesso, da allenatore si cambia totalmente. Ero molto intelligente calcisticamente. Lui ha iniziato con il 4-3-3, poi è passato al 3-5-2. L’allenatore deve avere la sua idea e poi adattarsi ai giocatori che si ha. Un allenatore incide molto sul miglioramento del singolo, molti giocatori fanno le stesse cose e sempre gli stessi errori. Li vuol dire che non c’è lavoro. Spero di tornare in panchina, non so fare altro neanche cambiare una lampadina. Siete più legati a chi vi ha salvato piuttosto a chi ha vinto. Verrò a vedere la Lazio
”.