Al termine di Lazio-Lecce 2-2, torna il consueto appunto con le pagelle del nostro direttore Guido De Angelis.
PROVEDEL 6 – Non può nulla, purtroppo, sui gol del Lecce. Ipnotizza Strefezza, intuendo la direzione del suo destro dal dischetto, che finisce largo.
LAZZARI 6 – Torna dal primo minuto in un 11 iper-offensivo in cui deve sì spingere ma anche contenere le scorribande dell’insidioso Banda. Nel primo tempo è protagonista di due salvataggi di testa su Banda, e anche di folate da centometrista. Lotta e corre come un matto per tutta la partita, purtroppo sbaglia sistematicamente la misura dell’ultimo passaggio e così spesso va a dilapidare quanto di buono si costruisce. Assicura tanta gamba, ma è sempre inconcludente.
CASALE 5 – Veniva da due prestazioni horror alla Scala del Calcio, conferma il trend negativo. E’ un buon giocatore, ma da qualche partita ha perso lo smalto dei tempi migliori. Sbaglia perennemente il posizionamento, e in occasione dei due gol è lentissimo a uscire su Oudin. Lontano parente del difensore che abbiamo conosciuto, emblema di come quando la squadra non gira e la retroguardia non è protetta, vengano puntualmente a galla i limiti dei singoli.
ROMAGNOLI 5- – Una prestazione inquietante sotto tutti i punti di vista. Perde i duelli aerei, non è mai preciso in fase di impostazione, e quando c’è da appoggiare di testa il pallone al compagno vicino, regala la sfera ai salentini. Da uno come lui mi aspetto decisamente di più.
HYSAJ 5 – E’ diventato insostituibile e vince il ballottaggio con Marusic, non al meglio. Però, questa sera incappa in una delle sue ingenuità che in carriera gli sono costate care: il rigore su Oudin non è netto, ma la sua esperienza dovrebbe consigliargli di non intervenire su un calciatore che può solo uscire dall’area di rigore. Partita difficile su Strefezza, esce sul 2-1 per Pellegrini.
PELLEGRINI 6 – Corre, dribbla e mette al centro una serie infinita di cross avvolgenti, ma è anche molto anarchico e a volte rischia di combinare dei pasticci. Si prende un giallo sciocco, nel finale spinge tantissimo ma spesso in modo disordinato, come quando a inizio recupero spedisce in curva un sinistro velleitario invece di servire a centro area i compagni meglio piazzati. Ingresso comunque positivo.
MILINKOVIC 6,5 – Bersagliato da critiche ingiuste, irriconoscenti e talvolta deliranti, è come al solito il calciatore che deve sacrificarsi di più in mezzo al campo per consentire alla Lazio di potersi permettere un atteggiamento propositivo e sfrontato. Bello lo striscione della Nord, bello il coro per un ragazzo che per 8 anni ci ha preso per mano portandoci ad alti livelli. Dà tutto in campo, correndo come un assatanato per recuperare la sfera davanti alla difesa e poi gettarsi in area di rigore avversaria sul ribaltamento di fronte. Fa tutti i ruoli: il difendente, il centrocampista, l’attaccante che non è. E alla fine la testa del 2-2 non potrebbe non essere la sua.
MARCOS ANTONIO 5 – L’assenza di Cataldi e Vecino lo costringe agli straordinari: ha giocato più nelle ultime settimane che nei primi otto mesi di stagione. E se non ha giocato, il motivo è lampante. “Avete capito?”, chiede Sarri, e ha ragione: è un palleggiatore sopraffino, ma per fare quel ruolo servono tempi, interdizione, posizionamento, struttura fisica, tutte caratteristiche che la nostra “formichina” non ha. Non è in grado di fare filtro. E sui gol del Lecce è piuttosto evidente. Esce a metà ripresa per Basic.
BASIC 5 – Che vi devo dire? E’ il nostro unico cambio a centrocampo, e non può essere un giocatore all’altezza di questi palcoscenici. Dato l’harakiri di Marcos Antonio in regia, però, probabilmente a Udine dovremo vederlo contrastare la fisicità imponente dei mediani friulani.
LUIS ALBERTO 5,5 – Non possiamo accontentarci di un assist a Immobile nel primo tempo. In certe fasi cammina, in altre si dimentica la fase difensiva. Deve chiudere addirittura da playmaker. Ma l’errore grossolano e decisivo è il pallone perso in malo modo e consegnato a Strefezza, che serve Oudin per il 2-1 degli ospiti. Questa sera ci ha rovinato la partita.
FELIPE ANDERSON 5,5 – Lo stacanovista della nostra Lazio si becca l’insufficienza, è umano anche lui. Ha un tempo di gioco abbondante per provare ad accendersi, ma il Lecce lo marca quasi a uomo e lo raddoppia costantemente, imbrigliandolo con facilità. Così, dopo il raddoppio giallorosso, Sarri lo richiama in panchina e inserisce Pedro.
PEDRO 6,5 – Quando entra in campo la reazione della Lazio è soltanto nervosa, saltano gli schemi ed è difficile comprendere i movimenti dei compagni. Frizzante, prova a mettersi in proprio e a rientrare verso il centro del campo. Svaria molto, e con uno stop clamoroso mette giù un pallone che finisce centrale tra le braccia di Falcone. Al 93’ calcia a giro un destro spettacolare che si stampa sul palo. Un minuto dopo mette al centro dalla destra il cross deviato dalla difesa del Lecce sulla testa del Sergente.
IMMOBILE 6,5 – Scende in campo con la voglia di spaccare il mondo e mettersi alle spalle un (prolungato) periodo nerissimo, dentro e fuori dal campo. Dopo 8 mesi torna al gol all’Olimpico sfruttando un buco di Baschirotto. Speriamo sia un’iniezione di fiducia per il rush finale.
ZACCAGNI 6 – Nel momento clou della stagione è in calo anche lui, dopo un campionato vissuto sulla cresta dell’onda. Fa tutto bene fino all’ultimo passaggio, e non riesce a cercare concretamente la porta. Anche poco assistito da terzino e mezzala, viene contenuto senza eccessiva apprensione dalla retroguardia leccese.
SARRI 6,5 – Ha l’arduo compito di gestire lo sprint finale con una Lazio spremuta, scarica e incerottata. Nei finali di stagione la Lazio si porta dietro da anni una fragilità inaudita, una paura di non farcela tangibile, e quest’anno i giocatori più importanti sembrano arrivati al gong avendo finito la birra. Prendiamo 4 punti sui 15 disponibili e come già accaduto in passato ci andremo a giocare tutto negli ultimi tre episodi di questo pazzo campionato. Nella speranza che il finale sia diverso dalle precedenti puntate.