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Nati in Nord, insieme in tribuna ed oggi in quella curva chiamata Paradiso

 C’è un luogo unico nel panorama del tifo in Italia. Quella Tribuna Tevere dove convivono vecchi ultras indomiti nello spirito, ragazzi della meglio gioventù capitolina e quei signori che di quelle gradinate, ancora in marmo e travertino rimasugli di un monumento sacrificato alla ‘modernità’, hanno fatto la storia.
In quel luogo che ancora sembra preservare i colori, gli odori e le fattezze di una passione genuina, quella dei Settanta e degli Ottanta, ci sono migliaia di storie di lazialità autentica.

Come quella di Sandro Strabioni: uno della banda della quale facevano parte Attilio, Marco e tanti altri. Per tutti, una storia nata in Curva Nord e poi trasferita in tribuna per una seconda giovinezza. Durata troppo poco, stroncata da un destino sovente crudele. Forse solo lo scorrere del tempo che non lascia prigionieri, il gioco della vita che regala nuovi sorrisi ma ne spegne altri. E così, al memorial in ricordo di Sandro c’era la figlia, Celeste il nome che le aveva dato pensando alla sua passione. Una tradizione che prosegue: ci saranno ancora tante storie di Lazio nella vita di quella famiglia, saranno negli occhi di quella bambina.

Sandro era un grande laziale

Sandro era un grande laziale, in ogni aspetto della sua vita. Viveva la propria fede 365 giorni all’anno, con la stessa gioia che lo accompagnava nel resto della sua quotidianità, e si faceva in quattro per sostenerla, difenderla o esaltarla, a seconda del bisogno momentaneo. Trascinava gli indecisi, ammorbidiva i più duri. Un leader atipico, con il dono della parola scritta e parlata. “Un vero potere, il suo”, racconta il fratello Piero. “Riusciva a esprimere sentimenti e sensazioni difficili da raccontare, attraverso la costruzione di quei pensieri originali, profondi e maturi che poi ci regalava di persona oppure pubblicandoli sul web. Nel corso degli anni la gente laziale ha imparato a conoscerlo, e di riflesso a volergli molto bene. Attenzione, però.

I laziali veri gli hanno voluto bene – prosegue Piero – mentre i laziali tifosi di loro stessi non lo vedevano così di buon occhio, alla stregua dei romanisti, che lo soffrivano come pochi.
È stato il catalizzatore di una bella fetta di supporter biancazzurri e tutti insieme hanno respirato Lazio ovunque la Lazio andasse, in casa o in trasferta. Come colonna sonora lo accompagnava il suono della sua risata, calda e fragorosa. E una vena ironica sagace, irriguardosa e divertente.

Nei ritiri di Auronzo – conclude - insieme ad Attilio e Marco rappresentavano una specie di comitato d’accoglienza sui generis. Per tutti fiumi di birra e panini come se piovesse, allegria e fiducia cieca nella Lazio”.

Adesso, purtroppo, quel comitato si è trasferito in cielo, a renderlo ancora più azzurro, se possibile.

Al Canottieri Lazio. Per ritrovarsi

“Sei un pensiero dolce e amaro, sei un respiro ed un singhiozzo, uno sguardo con le lacrime e una risata in faccia al sole”: queste le parole che Piero ha chiesto fossero impresse su una maglia. Una dedica al Fratello Sandro, scomparso qualche mese fa e data alla moglie Eliana in un momento di grande commozione in campo.

A sfidarsi al Canottieri, un po’ la casa di tutti i laziali, c’era la squadra in blu degli amici storici di Sandro e, in bianco, la vecchia redazione di Lazialità dove Piero ha lavorato e dove è nata la sua passione per la storia della società biancoceleste.
Roba di un paio di decenni fa. Ma quei ragazzi, molti dei quali non si vedevano ormai da lungo tempo, hanno risposto ‘presente’, si sono riconosciuti, abbracciati come se nessuno di questi avesse lasciato chiusa la porta dei ricordi più cari. Sei o sette in campo, tanti altri sugli spalti ripidi del campo dove è nato il Calcio a Cinque in Italia, allora era solo, e per tutti, il ‘Calcetto’.

Guido, Claudia, Serena, Chiara, Maria Vincenza, Mauro, Fabio, Gabriele, Paolo, Pasquale, Daniele, Valerio, Pietro, Gianluigi, Alberto, Marco, David, Pamela, Daniela, Alessia, Gianluca, Annarita Raffaella… e Piero. Nomi che hanno scritto la storia di questa rivista e che si sono ritrovati. E si ritroveranno ancora.

Una partita bugiarda

Il nostro Guido De Angelis in regia, i piedi giusti sono quelli di una volta, Paolo Colantoni punta di diamante ma solo pochi minuti per lui, il peso dell’età… Pasquale, il vecchio grafico in campo, grinta da vendere, e Alberto, che con lui impaginava la rivista nei suoi momenti più luminosi, in tribuna. Poi Daniele, Pamela, la quota rosa, Piero e Mauro Tozzi il portiere al quale si deve un pareggio che non è sicuramente sincero visto lo strapotere degli amici di Sandro. Il richiamo a Provedel dalle tribune, più volte è risuonato. Tre a tre il risultato finale. Bugiardo, come detto. Merito del portiere, detto anche questo, e forse anche dell’arbitro, Dario Porretta, affiliato ASI eccellenza del calcio dilettantistico, presente con Fausto Zilli al Var… si, proprio il Var perché tra le cose più utili nella vita c’è anche quella di prendersi non sempre troppo sul serio. Il Var non è servito, clima pacificato dalla passione laziale, ma le riprese verranno utili per una serata ancora insieme. Tifoso biancoceleste anche lui, è stato premiato in campo dal Presidente di tutte le Lazio, Antonio Buccioni.

A fine partita la maglia, firmata dai presenti, è stata donata alla moglie di Sandro, Eliana. Poi, un abbraccio a mamma Adriana. Tanti applausi commossi e ininterrotti hanno fatto da cornice.

Si spengono le luci del Canottieri Lazio e rimangono accese quelle del cuore. Quelle che non si sono mai spente.

Post scriptum.
Il 9 gennaio scorso, pochi giorni prima di andarsene all’improvviso, Sandro pubblicò un post su Facebook, per il centoventiduesimo anno della sua Lazio, che recitava così: “Sei un ricordo dolce e amaro, un respiro ed un singhiozzo, uno sguardo con le lacrime e una risata in faccia al sole”. 

Non ti dimenticheremo mai, aquila gigante.

Fabio Argentini

 

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