Le pagelle di Guido De Angelis – Ripresa sciagurata, a Torino crolliamo dopo un buon primo tempo. Casale disastroso, Luis Alberto e Isaksen nulli: si ripresentano i soliti problemi e l’eliminazione è ad un passo…

Al termine della semifinale di andata di Coppa Italia – Juventus-Lazio – arrivano come di consueto le pagelle del nostro direttore Guido De Angelis, che ha dato voti e giudizi alle aquile protagoniste del match di Torino con la Vecchia Signora.

MANDAS 6 – Ha giocato derby casalingo, Frosinone e Lazio-Juventus. A livello ambientale disputa la  partita più complessa da quando è in Italia e veste la nostra casacca. Sabato aveva subito poche conclusioni da parte di una Juventus spuntata, dovendo intervenire soltanto su una conclusione insidiosa di Chiesa e su un destro di Cambiaso da posizione defilata. Questa sera tornano dall’inizio McKennie, Kostic, Vlahovic. Nel primo tempo, comunque, il primo tiro della Juventus è di Rabiot al 46’, bloccato a terra in scioltezza. Non è sempre sicuro nei rinvii: in particolare, il minuto 26 e il minuto 41 sono emblematici di come quando questo portiere opta per la lunga gittata rinvii sempre solo teso, ma non alto. Non ha colpe su nessuno dei gol della Juventus nella ripresa, mentre all’84’ è decisivo ad evitare il tris.

GILA 6+ – Schierato ancora da terzino sinistro della difesa, interpreta il ruolo come un veterano e nel primo tempo è protagonista di una chiusura salvifica ad inizio recupero. I primi 45’ li gioca a ritmi sostenuti – se non impressionanti – andando a prendere sistematicamente Locatelli e facendo una prima pressione saggia. Nella prima frazione non sbaglia praticamente nulla. Nella ripresa la Lazio cala a livello mentale e fisico, Cambiaso viene a prendersi il pallone basso e sui gol di Chiesa e Vlahovic non ha colpe. Al 60’ era stato prodigioso nello sradicare il pallone a Kostic e fare sfumare un’azione pericolosa per i padroni di casa. Dall’ora di gioco in poi sembra fare più fatica a livello fisico e Tudor lo richiama in panchina inserendo Hysaj. Qualche istante prima di uscire ha sulla testa la chance per accorciare le distanze, ma Danilo la devia in corner. L’ultimo pallone della sua partita è un appoggio sbagliato per Anderson, direttamente in laterale, così il mister lo richiama in panchina. Tra i migliori, anche oggi.

HYSAJ SV – Entra per gli ultimi 10 minuti ma non sembra avere né la fisicità né la brillantezza fisica per poter incidere. Si nota soltanto per un cross troppo debole e si limita a scaricare il pallone all’indietro. Non è giudicabile e chiaramente non ha avuto alcuna influenza sul risultato negativo. 

ROMAGNOLI 5 – Disputa un buonissimo primo tempo per cattiveria agonistica e concentrazione. L’arbitro Massa gli fischia spesso fallo sugli anticipi su Vlahovic, ma l’ex Milan non demorde e continua a dare battaglia. Svetta di testa alla mezzora su un pericoloso cross di Kostic, al 34’ va a vuoto la prima pressione del centrocampo e Alessio sbaglia gli interventi dell’uscita. Al 42’ esce in ritardo su Cambiaso e Patric salva a centro area. Chiude Chiesa in rimessa dal fondo a fine primo tempo. Nella ripresa va in bambola, è spesso fuori tempo e pur non staccando mai la spina va comunque in sofferenza, perché poco abituato a giocare a uomo. La strada per cambiare il modo di difendere sarà lunga. 

PATRIC 6+ – L’emblema della Lazio di Maurizio Sarri apre la gestione Tudor nella sfida più delicata, l’andata delle semifinali di Coppa Italia nella tana della Juventus, dopo un mese e mezzo abbondante lontano dai campi a seguito dell’infortunio rimediato in casa col Bologna. Il nuovo tecnico aveva già dichiarato in conferenza stampa di apprezzare le sue caratteristiche, anticipazione confermata con la fiducia assegnata allo spagnolo addirittura dal primo minuto. Gioca una prima frazione ottima, anticipando sempre Chiesa e mettendo in campo un mix di ferocia e tecnica: imposta sempre in maniera sicura, va al contrasto senza timori. Al 22’ calcia alle stelle, al 29’ sale coi tempi giusti e lascia Vlahovic in fuorigioco. Al 40’ si sgancia sulla destra e mette al centro l’assist per Luis Alberto, che colpisce la traversa. Viene lasciato negli spogliatoi al break, al suo posto Casale.

CASALE 4 – Debutta da neo-papà dopo una discreta prestazione sabato contro una Juventus spuntata. Al 45’ entra in campo per Patric e purtroppo questo cambio incide pesantemente sulla partita. Sul primo gol è completamente fuori posizione ed ha pesanti responsabilità su una verticalizzazione smarcante per Chiesa che non si può prendere neppure nel calcio di parrocchia. Recidivo, nell’uno contro uno con Vlahovic spiega ai giovanissimi come non marcare un centravanti: gli resta a tre metri di distanza, e dovrebbe perlomeno sapere che il serbo sia mancino. Invece, gli concede il sinistro che batte l’incolpevole Mandas. Se esposto all’uno contro uno non può essere una risorsa per la difesa, non a caso Sarri aveva ritenuto che lavorare sulla linea fosse l’unica chance per colmare (o perlomeno nascondere) le lacune individuali dei nostri centrali. Sul risultato di 2-0, invece di andare a contrasto con Chiesa in prossimità della linea del fallo laterale fa partire l’esterno che lo brucia sulla corsa: l’ex Verona è costretto a stenderlo, ma per fortuna con il piede colpisce il pallone e non causa il rigore. Sul corner che segue, si fa saltare in testa da Gatti, che spedisce di un’unghia a lato. Il nuovo modulo lo farà migliorare, ma non lo renderà Nesta né Maldini. Parliamo di un calciatore che quest’anno ha sulla coscienza una dozzina di gol della squadra. 

MARUSIC 4,5 – E’ costretto agli straordinari, dato l’infortunio di Lazzari e considerata la squalifica inflitta a Luca Pellegrini dal giudice sportivo a seguito delle due ammonizioni rimediate tra ottavi e quarti di finale di coppa Italia. Si piazza a destra da terzino sinistro della difesa a quattro in fase difensiva e da ala in fase di proposizione. In avvio è ordinato su Chiesa, poi commette una o due ingenuità in uscita. Al cross è assolutamente da rivedere: al 28’ ha tutto lo spazio del mondo sulla corsia destra, Immobile gli chiama l’assist sul primo palo, ma lui tira una fucilata sul secondo. Tiene in gioco Chiesa sul gol del vantaggio juventino, poi rinuncia ai contrasti per l’ultima mezzora di gioco e complica il compito ai compagni. I due o tre cross che prova a mettere al centro nella ripresa sono da mani nei capelli. Purtroppo dovrà continuare a giocare sempre: Lazzari ha una lesione e non ci sarà neppure nel derby. Se Tudor – giustamente – lo sostiene evidenziando come sia tornato dalla nazionale montenegrina e abbia fatto appena tre allenamenti con la nuova gestione, noi lo conosciamo bene…

LUIS ALBERTO 4,5 – Subentrato come ultimo cambio nella sfida di campionato, sabato aveva disputato soltanto una manciata di minuti. Questa sera è all’esordio nella gestione Tudor, ma soprattutto alla 300esima apparizione con la maglia della Lazio. Fa un buon primo tempo, colpendo un legno al 40’ e liberandosi spesso al limite dell’area. Corre tanto, e si sacrifica anche in pressing. Ad esempio, al 41’ va addosso a Kostic che, spaventato, ci regala una rimessa laterale. Al 43’ sbaglia un pallone semplice per uno come lui, affrettando il passaggio filtrante per Isaksen – che invece stava tagliando – quando avrebbe potuto tenere la sfera e avanzare verso la porta. Frettoloso in più di una circostanza, ma sempre nel vivo del gioco per 45’. Nella ripresa sparisce dal campo e avvia una pressione assurda che dà il là al gol bianconero che stappa la partita. Da lì in poi non difende più, non prende più una palla e quelle poche che riceve, le perde. Se l’attacco della Lazio dipende dai suoi piedi, è dura. Un gol (ininfluente) a Firenze e un assist con il Lecce in sei mesi, poi solo una sfilza di insufficienze gravi. Esce a metà ripresa per Kamada. Non me lo aspetto titolare nel derby.

KAMADA 5 – Prende un voto superiore a Luis Alberto soltanto perché non ha a disposizione neppure un quarto di gara. Entra in un frangente sicuramente difficile, con la Juventus tutta dietro a difesa del doppio vantaggio. Si limita ad appoggi semplici, e quando – raramente – si mette in proprio si fa soffiare sistematicamente il pallone. L’emblema della sua scarsa attitudine a soffrire e della sua inesistente voglia di lottare per questa maglia è il modo in cui scodella in area l’ultimo pallone della partita: senza mordente, fuori misura, impietoso. Io non so se questo ragazzo giapponese sia già con la testa lontano da Roma, ma se con Sarri ha avuto l’attenuante di non ambientarsi, adesso deve fare vedere di essere un calciatore stipendiato e determinato a fare il suo lavoro, che è tra i più belli al mondo.

VECINO 4,5 – Il nuovo allenatore gli concede una chance importante in mediana, benché almeno sulla carta le sue caratteristiche sembrino poco adatte ad un gioco dinamico e dai ritmi elevati. In realtà disputa un primo tempo intelligente, venendosi sempre a prendere il pallone da Mandas e avviando di fatto tutte le nostre costruzioni dal basso. Imperdonabile, tuttavia, l’errore su Cambiaso che ci sarebbe costato il calcio di rigore prima assegnato dal direttore di gara e poi fortunatamente revocato dal VAR. Nella ripresa resta inspiegabilmente in campo fino al fischio finale, pur disputando secondi 45’ da incubo. In completo ritardo e in grave difficoltà fisica, non gli riesce minimamente la fase di filtro e non indovina un contrasto. Ribadisco un concetto: faccio fatica a pensare che possa giocare nella Lazio di Tudor, se ho minimamente intercettato le idee del nostro nuovo tecnico. 

ZACCAGNI SV – Nel debutto di Tudor era sembrato tra i più penalizzati del nuovo undici. Dopo aver saltato tanti big match della stagione corrente, questa sera è schierato a sinistra con il compito di aiutare Gila sulla corsia di sinistra e non disdegnare pericolose incursioni offensive. Tocca i primi tre palloni della partita e va tre volte a terra, perché McKennie e Gatti usano le cattive e l’arbitro glielo consente. Dopo neppure 10 minuti si accascia a terra. Una brutta distorsione alla caviglia che dovrebbe fargli saltare l’ennesimo derby. Non giudicabile, il suo infortunio è l’ennesima brutta notizia della serata di Torino.

ISAKSEN 4 – Entra a freddo al 12’ al posto dell’infortunato Zaccagni, costretto ad uscire. Quando Sarri in estate chiedeva un grande giocatore in quel ruolo, non era lo scemo del villaggio. Semplicemente, profili così acerbi non sono in grado di reggere questo tipo di gare. In 80 minuti abbondanti vaga per il campo, senza mai saltare l’uomo, senza difendere a dovere, senza mai essere coinvolto nel gioco. Nel primo tempo tende ad affollare troppo la zona centrale, e al 24’ avrebbe l’unica chance potenziale della sua partita, ma invece di calciare in porta di prima tenta l’ennesimo controllo di troppo e l’azione sfuma. Non ricordo di aver visto di recente un calciatore così fuori dalla partita come l’ho visto (o meglio, non l’ho visto) in 50 minuti di seconda frazione. Per adesso, si tratta di un calciatore che non ha giocato da ampia sufficienza con continuità neppure un tempo di gioco da quando è nella Capitale. Il dato della pericolosità offensiva è preoccupante, e la sua impossibilità di cercare la giocata è avvilente. Il problema non è che non si metta mai in proprio, ma che manchi in tutti i fondamentali che anticipano la possibile conclusione: la rapidità, l’impatto fisico, la personalità, l’acume tattico, la costanza nel venirsi a prendere il pallone. Con Zaccagni quasi out per il derby, ho sincere perplessità e spero che questo ragazzo mi smentisca almeno per una notte.

FELIPE ANDERSON 5,5 – Insostituibile dell’era Sarri, fa 2 su 2 nell’era Tudor. E nel primo tempo si capisce il perché. Corre più di tutti i 22 sul terreno di gioco, svaria tantissimo sul fronte offensivo, parte a destra e al 23’ conclude alto sopra alla traversa di Perin. Con l’uscita di Zaccagni si piazza a sinistra e quando ripiega è sempre eccelso su Cambiaso, tornando a fargli rimbalzare la sfera sulle caviglie e conquistando falli laterali a ripetizione. Al 27’ è da applausi nel gestire con Luis Alberto un pallone in uscita trasformando l’azione da difensiva in offensiva in maniera elegante. Al 30’ insegue Cambiaso che toccherebbe il pallone sulla linea di fondo, ma l’arbitro non se ne accorge e non conquistiamo il corner. Fa un lavoro incredibile in fase difensiva, in un primo tempo che dà la misura della sua attitudine a sacrificarsi per la squadra. Tanto sublime nelle giocate difensive, quanto inconsistente in avanti: nell’unica volta in cui punta Cambiaso (a metà ripresa) si guadagna soltanto un calcio d’angolo, e i calci da fermo che batte sono calciati in malo modo. Va su tutti i palloni, ma è evanescente quando si tratta dell’ultimo passaggio e anche stasera termina la gara senza concludere. In una serata con poche sufficienze, non va troppo lontano dal 6, ma in avanti deve tornare a decidere.

GUENDOUZI 5 – Da titolare a centrocampo, forma la barriera con Vecino davanti alla difesa. Nella ripresa – Zaccagni è uscito al 12’ – gioca sulla trequarti. Non cambia la musica: non conclude, non assiste, non sradica palloni agli avversari. So che conosce Tudor da Marsiglia, ma con Sarri era diventato la mezzala perfetta, crescendo tanto sotto tutti i profili. Mi auguro si sia trattato di una serata storta, ma quest’oggi è arrivato sempre con un tempo di ritardo sulla sfera e – soprattutto nella ripresa – non è andato con decisione su nessuna delle seconde palle, sempre preda della formazione di casa. Della sua partita ricordo tanta confusione e poco ordine tattico, oltre a un paio di traversoni nell’ultimo terzo di gara che sono di facile lettura per la retroguardia piemontese.

IMMOBILE 5 – Sabato non aveva giocato, subentrando per l’ultimo terzo di gioco. In coppa Tudor lo schiera dal primo minuto. I palloni dalle fasce non gli arrivano mai: quando si smarca e chiama la sfera a Marusic dalla destra, gli arrivano solo traversoni sballati. Quando però Luis Alberto e Anderson verticalizzano, palesa evidenti problemi negli stop e finisce col perdere palla. Nel recupero del primo tempo prova a gestire il pallone almeno nella nostra metà campo, ma con una corsa all’indietro Vlahovic glielo strappa e fa ripartire i suoi. Nella ripresa ha a disposizione veramente pochissimi palloni per incidere, e non riesce a legare il gioco come dovrebbe. Inevitabilmente, dopo 70 minuti abbondanti viene sostituito. Prestazione incolore. 

CASTELLANOS SV – Entra al 73’ al posto di Immobile e la sua partita non è onestamente giudicabile. Del quarto d’ora più recupero che trascorre in campo si giocano sette minuti effettivi (cioè poco o nulla) e fare a sportellate con i difensori centrali di una Juventus tutta schiacciata sulla difensiva è compito assai arduo. Come ogni partita prova a mettersi in mostra, ha dinamismo, un discreto controllo del pallone, ma nessuna occasione da rete. Riesce soltanto a costruirsi un destro dal limite dell’area di rigore che viene murato sui piedi di Kamada, che poi tocca la sfera con la mano. Se facciamo un discorso generale, è ampiamente evidente che il ruolo dell’attaccante preveda aiutare la squadra, duettare con i compagni di reparto, far salire la squadra, avere occasioni da gol e possibilmente cercare la porta. E non parlo neanche di inquadrarla, eh…

IGOR TUDOR 5 – Il mister ne cambia cinque dall’inizio: Patric sostituisce Casale, cambiano i due di centrocampo (da Cataldi-Kamada e Vecino-Guendouzi), Luis Alberto e Immobile giocano al posto di Pedro e Castellanos. L’unica mossa indovinata si rivela Patric. Giochiamo un primo tempo autoritario con ottime trame di gioco, ma senza approfittare di una Juventus alle corde e visibilmente impaurita e senza calciare in porta. Un dominio sterile, che quantomeno tiene la Juventus a debita distanza dalla nostra area di rigore. Nella ripresa – come accaduto nella precedente gestione – crolliamo puntualmente, subendo un primo gol da ufficio inchieste e senza avere la forza di capire il momento: invece di “tenere” lo svantaggio, regaliamo anche il raddoppio e di fatto la qualificazione alla finalissima. Alzarsi in quel modo al 50’ per aggredire alto e prendere gol con quella facilità è stato un grosso errore, poi la squadra ha perso l’equilibrio per un quarto d’ora e non è riuscita a creare nulla nell’ultimo quarto di gara. In buona sostanza, nella ripresa sono usciti fuori tutti i limiti che già conosciamo: l’avvio di ripresa-shock, la sterilità offensiva, la fragilità emotiva, l’incapacità di gestione dei momenti del match. La perplessità è una: l’impronta di gioco del tecnico è votata a fisicità, aggressività e spirito di sacrificio, e porta i singoli a dover andare sempre a duello. Ma per giocare a uomo serve essere abituati e averlo nel bagaglio. Ad ogni modo, non c’è tempo per leccarsi le ferite. Sabato c’è il derby.