Lazialità, Martini: “Ecco il segreto nei nostri allenamenti. Liedholm mi invitò ad andare alla Roma”

Nel corso della trasmissione “Lazialità”, condotta dal nostro direttore Guido De Angelis, è intervenuto l’ex calciatore Luigi Martini per parlare del suo libro “La Lazio nella leggenda” scritto insieme al giornalista Silio Rossi e dedicato alla squadra biancoceleste campione d’Italia negli anni settanta. Di seguito le sue parole.

GIORGIO SPACCONE DAL CUORE ENORME – “Giorgio (Chinaglia, ndr) non era uno spaccone, ma aveva il cuore enorme. Era un uomo fragile che spalleggiato dalla grande saggezza e sapienza di Tommaso Maestrelli esternava la sua bontà, era un uomo buono. Io lui litigammo, questo è vero, ma subito dopo ci abbracciammo”.

IL SEGRETO NEGLI ALLENAMENTI DELLA LAZIO – “Per noi anche le partitelle andavano vinte e non volevamo perdere, questo era il nostro modo di allenarci sia fisico che psicologico. Il mister non contrastò questo, ma anzi lo accettò”.

ADDIO AL CALCIO A 29 ANNI – “Perché lasciai? Il calcio mi ha dato tanto fino al giorno dopo dalla vittoria dello scudetto, dopo qualche cosa ha cominciato a non piacermi. Sarà che stava aumentando la mia passione per il volo”.

POSSIBILITÀ DI GIOCARE NELLA ROMA – “Andavo spesso a mangiare alla Taverna Flavia, un giorno ero vicino a Liedholm e mi disse che sapeva che avevo intenzione di giocare il calcio e mi invitò ad andare nella Roma che puntava a vincere lo scudetto, io gli dissi che ci avrei pensato, ma in realtà la risposta la sapevo già. Il giorno dopo gli spiegai che avevo già firmato il contratto con Alitalia. Poi l’anno successivo la Roma vinse lo scudetto, ma io non ho alcun tipo di rimpianto. Per come ragionava un gruppo come il nostro andare alla Roma sarebbe stato perdere la dignità”.

RAPPORTO CON RE CECCONI – “Quando iniziai a prendere lezioni di paracadutismo Cecco fino alla sera prima mi diceva: ‘Già non hai la testa buona, ora devi rovinarti anche le gambe?’. Il martedì dopo l’allenamento stavo per andare alla prima lezione e me lo ritrovai in macchina. Venne con me, non voleva lasciarmi da solo. Quando lui morì avevamo un appuntamento, io arrivai e lo stavano portando via in ambulanza. Se fossi arrivato anche solo un attimo prima probabilmente le cose sarebbero andate diversamente e la cosa non mi va giù. Può essere che il destino fosse questo e le cose dovessero andare così”.