“Durante la sosta, Maurizio Sarri ha staccato soltanto per festeggiare il novantacinquesimo compleanno di suo padre Amerigo. «Il tempo l’ho impiegato a studiare i prossimi 21 avversari», quindi si è guardato e riguardato partite che avrebbero stroncato un toro ma non lui, che dice che più si gioca e più si rovina il calcio, ma per il quale il calcio è il respiro delle giornate”. Così è scritto nell’edizione odierna de “La Repubblica” nell’intervista a Maurizio Sarri dal titolo: “Sarri: «Salviamo le emozioni del calcio»”. Il tecnico toscano, alla Lazio dal 2021, si è raccontato sulle pagine del quotidiano. Di seguito le sue parole.
IL SARRISMO – “Se esiste davvero? Se ci riferiamo agli anni di Napoli, io non posso e non devo fare quel calcio lì per forza, anche se la gente pretende da me sempre la stessa maniera di giocare. Avere dei palleggiatori non è come avere dei contropiedisti, mi devo adattare, la Lazio non potrà mai essere come il
Napoli. Prendiamo Immobile: deve attaccare la profondità e non giocare contro le sue qualità migliori. L’altro giorno mi ha chiesto: mister, cosa devo fare per tornare come prima? Gli ho risposto: fai quello che hai sempre fatto, non venire incontro alla palla, continua a scavare la difesa avversaria, a giocarle addosso”.
PERMANENZA ALLA LAZIO – “Chiudere qui la carriera? Mi piacerebbe che fosse così. Lasciare nel 2025? Non metto limiti temporali, perciò non dipende solo da me”.
FUTURO IN ARABIA – “Si può fumare, in Arabia? Allora vedremo. Comunque non è una cosa programmabile oggi. Se penso al futuro, mi piacerebbe essere l’allenatore della Lazio al Flaminio. È un progetto in cui Lotito crede, anche se ovviamente vuole delle garanzie: non è che si possa fermare
tutto se scavando salta fuori un’anfora”.
DAI DILETTANTI ALLA CHAMPIONS… – “Differenze? Non cambia niente. Ci sono le primedonne anche in Serie D”.
ESONERI – “Perché così tanti? Primo, perché ho fatto un calcio che era troppo avanti. Secondo, perché non sono di facile gestione, anche se in parte mi sono smussato. Ma io sono questo: il giorno in cui diventassi facile da gestire, sarà meglio smettere”.
IL PASSATO – “Alla Juve tutto era dovuto e dovevamo solo vincere la Champions, ma era un messaggio
inquinato. Ho vinto lo scudetto con un gruppo a fine ciclo e una società che ha preso me perché aveva la
voglia ma non la convinzione di cambiare stile. Nel Chelsea ho fatto fatica io a calarmi in un club atipico,
senza ds, dove nessun allenatore riusciva a resistere due anni. Però poi negli ultimi mesi mi sono divertito e ho sbagliato a voler venire via, non tanto dal Chelsea, che mi avrebbe anche tenuto, ma dalla Premier, un contesto di bellezza unica. Tornare in Italia è stato un errore”.
ORA ALLA LAZIO… – “Qui ti fanno sentire neanche parte integrante, ma addirittura fondamentale: così è la figura dell’allenatore, per Lotito”.
ESTATE TURBOLENTA – “Io avevo delle idee, poteva esser l’anno in cui alzare l’asticella, ma le
mie sono proposte tecniche e basta: la realizzazione economica spetta alla società”.
INDIETRO RISPETTO ALLO SCORSO ANNO – “L’anno scorso le coppe hanno tolto punti alle nostre concorrenti, consentendoci di realizzare un miracolo che rimane ma che non può cambiare le aspettative su di noi. Al ritorno in Champions la squadra ha reagito bene, 7 punti in 4 partite sono un risultato di grande livello, ma non ci aspettavamo certe difficoltà nella normalità del campionato”.
GESTIONE PSICOLOGICA DEL GRUPPO – “Ho a che fare con professionisti adulti e non voglio fare il fratello maggiore, lo zio, il babbo. Ho il pregio e il difetto di parlare schietto: questo crea dissapori nel breve, molto meno quando imparano a conoscermi”.
DERBY – “Il derby mi trita. Da fuori ti sembra un’esagerazione, poi quando lo vivi è micidiale: tutto quello che respiri diventa derby, c’è il magazziniere in clima derby, ci sono i cuochi in clima derby. Il derby ti rovina la vita, ma è bellissimo”.
EREDE DI SARRI – “È De Zerbi, qualche volta ci sentiamo, anche se non ha mai giocato con me. Del resto io mi sono innamorato del calcio vedendo le squadre di Sacchi, per il senso di ordine che mi davano e che prima non avevo mai visto. Arrigo l’ho conosciuto molto dopo, ma è stato lui a ispirarmi”.