Nel corso della trasmissione “Quelli che…”, in onda dal lunedì al sabato dal lunedì al sabato sui 98.100 di Radiosei dalle 10 alle 13.30, Marco Parolo è intervenuto per presentare il suo libro dal titolo “Quando giochi” scritto insieme al giornalista di Dazn Marco Cattaneo. Di seguito le parole dell’ex centrocampista della Lazio che ha trattato diversi temi del suo passato calcistico poi riportati nel libro.
GERARCHIE NELLO SPOGLIATOIO – “Sono arrivato quando il capitano era Stefano Mauri e da lui ho capito la gestione di certe dinamiche. L’importante nello spogliatoio è far stare bene tutti. Magari negli ultimi anni Lulic era il capitano in campo, mentre magari io gestivo altre situazioni”.
COME GESTIRE TENSIONE E PAURA? – “Quando in Germania-Italia nell’Europeo del 2016 eravamo ai rigori e dovevo calciare dal dischetto avevo paura. Allo stadio c’era un gruppo di amici che erano venuti a vedermi e ho immaginato: “Pensa le risate che ci facciamo se sbaglio’. Poi ho pensato ai consigli che mi ha dato Buffon su Neuer. Se dovessi fare un altro esempio, ricordo un Lazio Sampdoria di inizio 2015 che ha un po’ sbloccato la mia avventura alla Lazio. Inizialmente mi trovavo in difficoltà perché non ero ancora riuscito a ripetere quello che avevo fatto a Parma, poi mi dissi: “Marco, stai giocando con i tuoi amici al parchetto. In quel momento mi sono calmato ed ero più naturale, perché quando giochi con i tuoi amici sei te stesso e non hai ansie”.
IL BULLISMO – “Tema sul bullismo nel libro? Una volta scoppiai a piangere davanti ai miei genitori perché venivo preso in giro a scuola calcio, avevo 13-14 anni. In quel momento mi sono detto che avrei dovuto far vedere chi ero con il pallone tra i piedi. Poi hanno cominciato a rispettarmi, perché vedevano che avevo una grande passione in quello che facevo, che magari loro non avevano”.
IL DERBY DELLA CAPITALE – “Stefano Mauri è stato l’iniziatore del mio primo derby: prima della stracittadina andai ad una cena dove c’erano dei tifosi e ci raccontarono cosa significava il derby. All’inizio non capivo, poi nel primo derby facemmo il riscaldamento sotto la Nord, vedendo le facce dei tifosi capimmo che non potevamo assolutamente sbagliare”.
CAICEDO – “La sua storia è molto bella. Nel 2018 sbagliò due gol a Crotone e si diceva che dovesse andare via. Noi ci esponemmo per tenerlo perché sapevamo che si allenava bene ed era meglio lui che un altro. Volevamo che rimanesse. Alla cena di natale dell’anno 19/20 eravamo in un grande momento. Tutti volevamo dirlo, ma lui alla fine disse che avremmo lottato per lo scudetto”.
LUCAS LEIVA – “Lui era un grande anche a livello umano e come persona. Quando è arrivato doveva sostituire Biglia. I carichi quando cominciò il rirtiro erano pesanti e un po’ li soffriva, Inzaghi su questo brontolava. Poi nella sua prima partita in Supercoppa ebbe un contrasto con Cuadrado e lo ribaltò, ed era forse solo al 50-60% della sua forma fisica. Era una certezza. Tante volte giocavamo io e lui insieme. Ha portato, dopo Klose, nel gruppo l’esperienza internazionale che serviva. Sapeva portare la mentalità vincente, e non è facile”.
KLOSE – “Klose era di un altro livello mentalmente parlando. Lo vedevi in allenamento. Sapeva aprirci gli spazi con le sue giocate, infatti quell’anno in molti andammo in doppia cifra. Era intelligentissimo tatticamente, sapeva fare gol e far giocare bene la squadra. La giusta via di mezzo”.
AURONZO E TIFOSI – “ Quando ero ad Auronzo mi piaceva andare al campo a piedi, un po’ per sentire l’aria di montagna ma anche per stare vicino ai tifosi. ”.
INZAGHI – “Inzaghi rompiscatole in allenamento? Certamente pretendeva, ma era uno che aveva la capacità di far star bene il gruppo. Quando uscivamo insieme in ritiro, lui capiva l’importanza di quel momento che ci permetteva di fare gruppo. Poteva dirtene di tutti i colori, ma alla fine tutti stavano bene”.
PERUZZI – “Peruzzi era una figura importantissima. Partivamo in tre o quattro da Formello e andavamo a casa sua, non potrò mai dimenticare quelle cene a base di cinghiale”.
LULIC – “Lui rappresenta la tibia più famosa di Roma per quel 26 maggio. Senad mi ha fatto conoscere tanti bei vini, a inizio anno andavamo sempre tutti in un’enoteca. Non sapevi mai se crossava di destro o di sinistro, Senad mi ha fatto fare il quarto gol a Pescara, se ho fatto poker la colpa è sua (ride, ndr)”.
RUOLO DA DIRIGENTE – “Non me lo hanno mai proposto. Non mi è mai interessato perché avevo troppo legame con i miei compagni e non volevo passare dall’altra parte. Ho sempre pensato che dovessero passare almeno dieci anni, in modo tale che possano cambiare tutte le figure”.
IMMOBILE – “Nel 2016 dissi a Igli che dovevamo assolutamente prenderlo, è l’unico che fa gol sempre anche in allenamento”.
PAROLO NEGLI SCHEMI DI SARRI – “Negli schemi di Sarri penso che mi sarei trovato bene. Ha un gioco particolare ma una volta che lo conosci riesci ad esprimerti al massimo. Il Parolo di 28-29 anni ci sarebbe calzato a pennello”.
L’ARRIVO DI PAROLO ALLA LAZIO – “Inizialmente ero restio a venire, perché avrei voluto giocare l’Europa League con il Parma, anche se poi non si iscrissero. Parlando con Pioli e gli altri ero un po’ titubante. Poi accettai e pensai di aver fatto la scelta giusta. Ero a Villa San Sebastiano per firmare, ho dovuto attendere il presidente per qualche minuto”.
LOTITO – “ll Lotito che conosco io non è quello che appare in pubblico. Molte volte a Formello parlava con noi e ci raccontava aneddoti interessanti. Poi quando gli chiedevamo ‘pres ma i premi?’ lui cambiava completamente. Prima di trattare con lui mi dovevo preparare, perché era sempre più preparato di me”.
PAROLO CENTRALE DI DIFESA – “Bisognava mettersi dove c’era possibilità di giocare. Nella gara di ritorno a Milano contro l’Inter tutti mi hanno detto che Lukaku mi ha trascinato, ma alla fine non ha segnato lui”.
MILINKOVIC – “Sergej è un giocatore forte. L’unica pecca era che secondo me non aveva la voglia di diventare un giocatore grande a livello internazionale. Poteva avere molto di più per il giocatore che era. Alla Lazio attuale manca proprio un giocatore come lui. Viene meno quella capacità di aprire spazi vincenti per gli altri. Guendouzi e Kamada messi insieme fanno un Milinkovic. Questa Lazio va meno di transizione. Forse Kamada sarebbe stato più adatto per Inzaghi”.
I TIFOSI DELLA LAZIO – “L’amore che ho per il calcio da quando avevo quattro mesi l’ho ritrovato nei tifosi della Lazio, mi danno sempre grande affetto”.
COREOGRAFIE DELLA CURVA NORD – “Sono bellissime, me le sto godendo adesso perché magari quando giocavo ero sotto negli spogliatoi e non potevo”.