Lotito, l’intervista-fiume: “Tifo Lazio dai 5 anni, in estate ho trattenuto Luis Alberto, e Immobile non andrà in Arabia. Con Felipe Anderson c’è un’affinità elettiva”

Il Presidente della Lazio Claudio Lotito è intervenuto questa mattina ai microfoni della Radio della Lega Serie A. Di seguito le sue dichiarazioni.

SULLE CHIAMATE MINATORIE
Ricevo molte chiamate con minacce di morte, mi capita di riceverne anche 300 al giorno. Più fanno così, più cerco di far valere l’ideale del rispetto. Una persona normale probabilmente si spaventerebbe, io invece vado avanti sapendo cosa ho fatto per il calcio. Ad oggi ricevo chiamate minatorie anche verso le squadre avversarie della Lazio. Serve una cultura basata sui valori sportivi, ma negli ultimi anni questa cosa si è persa.

LA SCORTA PERSONALE

Io vivo sotto scorta; questo limita la mia privacy, ma serve per tutelarmi. Io sono abituato ad adattarmi alle varie situazioni; la prevenzione è fondamentale, educare i giovani andando nelle scuole, recuperando il significato valoriale dello sport. Va valorizzato l’essere umano non solo in quanto sportivo, bensì in quanto persona.

I VALORI

Vanno rispettate le norme etiche; un tempo venivano insegnate in famiglia e nelle scuole. Ai miei tempi le famiglie si rivolgevano ai maestri per far rispettare le regole, ad oggi gli insegnanti vengono denunciati dai genitori. Gli oratori avevano un altro importante ruolo: la sana competizione e il rispetto dei valori; si creava l’idea del merito. I giovani di oggi fanno fatica a dialogare; i telefoni tolgono la possibilità di guardarsi, di capire il tono della voce; è sparito il lato emozionale della cosa. Questo deve fare riflettere anche in ottica sportiva. Il tifoso prima sposava una posizione a vita; ad oggi conta l’apparire e la sostanza materiale. Bisogna riportare i ragazzi sugli aspetti storici e valoriali.

LA CULTURA

La cultura è un insieme di nozioni che una persona acquisisce e fanno parte integrante di quella persona; fanno sì che una persona sia in un modo piuttosto che in un altro.

UN POTERE INFINITO

Ho la possibilità di avere considerazione da parte delle persone; la cosa è reciproca e serve per avere credibilità ed instaurare rapporti. Un comportamento coerente permette di essere apprezzato.

L’UOMO DI POTERE

Ho la capacità di convincere le persone ad arrivare ad una soluzione sulla base di un fatto razionale. Quello che uno professa deve essere coerente con quello che uno fa.

L’ARRIVO NEL CALCIO

Sono tifoso della Lazio da quando avevo 5 anni. Sono una persona tenace e questo è stato fondamentale per me. Mi venne proposta questa sfida da Berlusconi, persona che stimavo molto perché aveva la capacità di capire le cose come si sarebbero svolte nel tempo. Io avevo un rapporto amicale con lui che, all’epoca, era Presidente del Consiglio. Mi chiamò per chiedermi di cercare di salvare la Lazio. Nel 2004 il bilancio della Lazio era in rosso, aveva molti debiti. Io con il mio carattere l’ho considerata come una sfida al limite e Berlusconi decise di impegnarmi per trovare una soluzione a quello che all’epoca era diventato un problema di ordine pubblico. La tifoseria della Lazio all’epoca aveva comportamenti non conformi a quelli che sono i normali comportamenti civili, con diversi assalti e blocchi delle strade. Trovai subito un mondo fuori dalla normalità, venivano pagate persone che generavano debito, e io che venivo dall’imprenditoria affrontavo la cosa nel modo contrario: premiavo chi produceva reddito.

IL DEBITO RATEIZZATO IN 23 ANNI

Sarebbe stato per me più facile acquisire la Lazio in fase fallimentare, come hanno fatto con altre squadre. Io invece mi sono fatto carico dei debiti, anche con l’Agenzia delle Entrate. Con il fisco avevo circa 180 milioni di debito. Io applicai una legge dello Stato che era una legge già esistente e non creata apposta per me come venne detto; la legge a cui faccio riferimento è la legge dal 2002 ed era una legge sana nei principi. La legge riportava che se un’impresa fallisce, è preferibile transare per prendere quando possibile, piuttosto che non prendere nulla. Chi fa fallire una società, carica sulla collettività il mancato introito statale; il sottoscritto invece ha fatto applicare la legge, anche se non è stata applicata in modo conforme rispetto a quanto la legge stessa prevedesse, rateizzando il debito in 23 anni. Togliendo sanzioni ed interessi, ed è quello che succede in qualsiasi rottamazione di una cartella esattoriale. Mancano 4 anni, e nel 2027 avrò finito di pagare; ci tengo a sottolineare che sono l’unico contribuente in Italia che ha sempre pagato ogni rata in anticipo, perché lo ritengo giusto: sono soldi della collettività. Sottolineo che non sono debiti creati da me: ho acquistato una società che aveva già dei debiti. Sto pagando ancora ad oggi i debiti creati dai miei predecessori. Penso di aver reso un favore alla collettività.

SONO PASSATI 19 ANNI, CHE ANNI SONO STATI?

Io sono stato uno dei primi che ha cercato di coniugare i risultati positivi con una sana gestione. Ad oggi la Lazio è una delle società più solide, con un patrimonio immobiliare e un patrimonio giocatori di tutto rispetto. Concepisco il mio come un ruolo di servizio, mi faccio carico di una società importante e ho l’obbligo di preservare e mantenere i valori fondamentali. La Lazio ha acquisito credibilità in ambito nazionale ed internazionale.

LONGEVITÀ

La mia presidenza alla Lazio non è una storia di affari, non tratto vantaggi. Quando subentrai nel club, pagai per alcuni anni il leasing di un fabbricato che oggi è di proprietà del club. Potevo scegliere a chi intestarlo e scelsi appunto la Lazio. Oggi questo building vale diverse decine di milioni. Io non ne ho mai fatti affari con questo club, anzi ci ho rimesso molto. Quando entrai, in termini di lire, misi circa 50 miliardi per prendere il 21%. In sostanza in totale ho messo 75 milioni di euro, contro i 550 milioni di debiti che dovetti gestire. Cerco di coltivare quel modo di fare calcio basato sulla valorizzazione delle persone a 360 gradi. Le proprietà hanno una vita bassa perché nel momento in cui fai il presidente per visibilità o altri aspetti imprenditoriali. Così, quando e se viene meno il fine, sparisce anche la necessità di essere presidente di una società di calcio. Tante società sono scomparse, tante proprietà si sono avvicendate per lasciare un testimone negativo alla successiva. Io ho investito molto anche a livello infrastrutturale, rendendola forte perché voglio tramandarla, voglio che mio figlio, laziale e appassionato, prosegua questo percorso. Enrico è entrato nel sistema, si occupa del settore giovanile, lavorando alacremente e con dedizione. Alle 7 esce di casa e va, conosce tutto e tutti, ha conseguito una laurea in legge anche se non eserciterà la professione. Lo sport non va legato agli interessi materiali, anche se è chiaro che per fare certe cose serve il denaro.

INDICE DI LIQUIDITÀ

Non rileva lo stato di salute della società ma si limita, al termine dell’anno, a testare entrate e uscite e se sei fuori, vuol dire che non hai rispettato i parametri. Ma nel caso in cui l’indice è frutto di investimenti, allora ecco che rivela la salute del club. Su Formello io ho investito tanto, quando è venuto a trovarci Gianni Infantino, è rimasto stupito. Abbiamo 20 medici specialisti, una sala operatoria, tanti centri operativi e funzionali. Beneficerà di tutto questo anche la nostra squadra femminile che oggi è prima in classifica. La nostra Primavera è invece terza. Significa che seguendo bene le cose, poi i risultati li vedi. Per far tutto questo però sono determinanti le risorse, perché una squadra cresca non basta vincere, occorre uno stadio, il centro sportivo, il bacino d’utenza. Senza questi fattori, visto che il mondo è cambiato rispetto a trent’anni fa, si va incontro a uno svilimento del calcio.

RAPPORTO CON LA FEDE

E’ fondamentale per me. Ho una visione escatologica della vita, sono stato educato secondo i valori cattolici, secondo la filosofia del “fai del bene e scordati, fai del male e pensaci”. In 66 anni non ho mai saltato una messa, anche in posti senza chiese cattoliche. A Riyad feci organizzare una messa dall’ambasciata con un prete francese. Sono stato una persona fortunata nella vita, perciò è giusto che restituisca alla collettività ciò che posso. Combatto per i miei valori e sono molto orgoglioso di professarli.

CIRO IMMOBILE
Con Immobile ho un rapporto famigliare, che lui possa andare in Arabia è per me una possibilità non calcolata. È in atto un contratto con lui, quindi bisognerebbe anche trovare un accordo con la società. Lui è un ragazzo con sani valori e principi e sono convinto che tornerà ad essere quello che è sempre stato.

LUIS ALBERTO
Ha un carattere molto particolare e lui ne è conscio; in questo momento ha una posizione collaborativa. Quando è andato via Milinkovic, Luis Alberto aveva ricevuto una proposta dall’Arabia; io ho ritenuto che potesse in qualche modo incarnare lo spirito dello spogliatoio ed è rimasto. Nella graduatoria interna è diventato secondo subito dopo Immobile ed è un riferimento per il gruppo. Ci mette determinazione, passione e sacrificio.

FELIPE ANDERSON
Lui è un ragazzo d’oro, con il quale ho un’affinità elettiva, c’è un bel rapporto e da parte mia e della società c’è totale disponibilità nel rinnovare il contratto al ragazzo.

APPARTENZENZA, FAMIGLIA E VALORI, I 3 PRINCIPI DELLA LAZIO CHE CATALDI E ROMAGNOLI INCARNANO
Cataldi è cresciuto nel settore giovanile; l’abbiamo mandato in una squadra satellite con l’impegno di farlo tornare da noi e così è stato. Romagnoli è laziale e ci teneva a giocare con noi; è un ragazzo che ha sani valori di provincia. Ha fatto una scelta di lazialità; lui ha un bel profilo ed un ruolo importante. La Lazio è una grande famiglia dove ognuno ha un ruolo importante, e sta al singolo capire che ruolo vuole ricoprire nel gruppo. L’importante è creare un’armonia e trovare una linea comune nel raggiungere obiettivi condivisi.

COSA DEVE MIGLIORARE LA LAZIO
La Lazio e Lotito devono migliorare tante cose. Siamo tutti utili e nessuno è indispensabile; ognuno deve poter esprimere le proprie potenzialità ed essere conscio dei propri mezzi. Bisogna andare in campo determinati; io chiedo alla squadra di andare in campo cosciente dei mezzi che ha a disposizione, delle qualità tecniche e morali e della capacità di fare gruppo, di unirsi per combattere e raggiungere l’obiettivo prefissato. Devono lavorare all’unisono per fare risultato, di trovare quell’alchimia per potersi esprimere. Il gruppo vince con il singolo che sa di dover fare un passo indietro per lavorare tutti insieme. Chi va in campo ha più responsabilità, perché sta giocando al posto di qualcun altro che è in panchina e deve giocare e combattere anche per lui.

SARRI

E’ un grande insegnante di calcio, una persona particolare, un integralista che però con me va d’accordo. Non abbiamo mai litigato. Semmai abbiamo avuto confronti dialettici, alcuni magari accesi. Penso che abbia stima e considerazione della mia persona e questo lo espresse in un’intervista che mi colpì per le parole utilizzate. Di fronte ad alcune situazioni, chi aveva ragione? Ai posteri l’ardua sentenza. In estate chiedeva Ricci e Berardi e ho tentato di raggiungere questi obiettivi, ma ho ricevuto richieste fuori da ogni logica non solo per la portata economica, piuttosto per il valore del giocatore in relazione dell’età. Abbiamo preso Rovella e non penso che sia inferiore, così come non credo che chi è arrivato sia inferiore a Zielinski che, peraltro, resta sul mercato. Non mi pare che abbia tutti questi compratori. Berardi lo stesso, lo vedo ancora lì. Il percorso è un po’ più lungo e lo capisco, Sarri dovrà impegnarsi per valorizzare i giocatori e lo sa fare. Sa insegnare. Ha vinto contro le più forti e perso con le più deboli, per questo i rimproveri sono sulla mentalità. Che sei una grande squadra devi dimostrarlo attraverso la tenuta mentale, esprimendo sempre il cento per cento delle tue potenzialità. Ho visto Milan-Udinese: aggressività, determinazione e concentrazione evidenti da parte della squadra ospite. Sembravano assatanati. Ecco cosa rimprovero alla squadra, perché se scendessero in campo con la mia determinazione che porto avanti anche in altri campi, sarebbe diverso. Puoi avere le idee, ma se non metti cattiveria e furore agonistico, gli altri di sicuro non si spostano.

SALERNITANA

Io faccio il presidente e dopo vent’anni capisco le esigenze di un gruppo. Non è presunzione. Io ho preso la Salernitana in Eccellenza pagando 350mila euro a fondo perduto, dodici anni fa. Arrivati in B mi son dovuto fermare perché altrimenti avrei dovuto vendere. Alla fine, un giorno ho detto basta, bisogna andare in Serie A. La piazza era insofferente, c’erano dei giochi sul territorio che non mi garbavano più, come direbbe Sarri. Perciò la vendita fu inevitabile, in dicembre nonostante una delibera della Lega Serie A dicesse che fosse corretto far ultimare il campionato alla squadra. Per questo il club fu svenduto per la cifra di 10 milioni di euro, e ad oggi mi mancano ancora dei soldi. Parliamo di una società che, tra liquidità, affidamento bancario, patrimonio giocatori, avviamento e tutto il resto, valeva almeno 70-80 milioni. Lo sport deve essere gestito in maniera illuminata, scevro da qualsivoglia interesse personale.

DERBY
Vivo le partite con un’apparente serenità, il mio tumulto è interiore, lo so controllare. Il derby per noi è un campionato nel campionato. È un appuntamento importante e spero che la squadra trovi la compattezza e la forza di esprimersi al 100% per dare grandi soddisfazioni ai tifosi che meritano un comportamento all’insegna del sacrificio, della determinazione e del risultato. E’ un campionato nel campionato, il suo risultato condiziona l’andamento successivo. L’anno scorso due grandi risultati che hanno creato un trasporto da parte della tifoseria verso la squadra molto importante. Quello a cui sono più legato? Finale di Coppa Italia del 26 maggio 2013. Un evento particolarissimo, in città si vive e si soffre. L’altra fazione è più portata a enfatizzare, è più caciarona, ma se non raggiunge l’obiettivo si nasconde e sparisce. I laziali invece sembra, sottolineo sembra, che preferiscano soffrire in silenzio.