Lazio, Caressa: “Ecco la mia Top-11 biancoceleste dal 2000 ad oggi: 4-3-3 da sogno con Sergej e Miro. E in panchina c’è…Lulic!”

 

Il giornalista di Sky Sport, Fabio Caressa, tiene ormai da qualche anno alcuni “focus” sul canale YouTube dedicato al calcio. Trattasi di approfondimenti a trecentosessanta gradi, che riguardano le squadre più disparate, nei format più variegati. Da qualche settimana, i video pubblicati dal volto di Sky Calcio si concentrano sulle cd. “Top-11” del millennio di Serie A. In altre parole, Caressa si incarica di schierare – squadra per squadra – il miglior undici di partenza dal 2000 ad oggi, avendo cura di “mettere in campo” gli interpreti potenzialmente più forti. Notoriamente di fede giallorossa, non ha potuto esimersi dal fare il punto anche sulla Lazio. L’undici ideale prende in considerazione la Lazio del dopo-scudetto, e dunque – lo precisa direttamente il giornalista – non Bobo Vieri, che è andato via dalla Capitale a cavallo del millennio.

PORTIERI – In porta Luca Marchegiani. Ha giocato il Mondiale del 1994, signore in campo e fuori, tecnicamente valido, di un’intelligenza tattica strepitosa. La Lazio ha avuto grandi portieri, ma non posso non premiare lui.

TERZINO DESTRO Lo schema di riferimento è il 4-3-3. Metto a destra, come terzino, un calciatore onomatopeico come Jaap Stam. Dava l’idea di una porta che sbatte, giocatore di una cattiveria incredibile, la leggenda narra che ad Halloween i bambini avevano paura di andare a casa sua a prendere i dolcetti. Si fece ricucire in campo accanto alla palpebra, ricordo il povero giocatore dell’Ancona preso per il collo. Aspetto da orco, incuteva timore ed era molto tecnico. Giocava al centro, è vero, ma ha ricoperto anche questo ruolo.

TERZINO SINISTROGiuseppe Favalli. E’ il giocatore della Lazio con più presenze di sempre, più di Chinaglia o altri nomi di grido. Laterale sinistro che non ha avuto l’esaltazione che avrebbe meritato perché in quel periodo c’erano tanti laterali mancini fortissimi.

CENTRALI – Il più tecnico che abbia mai visto giocare al centro della difesa è Alessandro Nesta. Rapporto complicato con la Nazionale, sempre di un’eleganza superiore, sbagliò il derby in cui non prese mai Montella, ma a dispetto di quella singola partita ne avrà fatte 300 a livello indimenticabile. Duro ma non rude, aveva grande capacità di dialogo con i compagni in campo, forse meno fuori, non è mai stato uno che aveva piacere a rilasciare interviste. L’altro centrale è Sinisa Mihajlovic, che arrivò a Roma sponda giallorossa e lì giocava terzino sinistro. Dopo la Samp passò alla Lazio, da centrale era un centrocampista aggiunto perché lanciava e cambiava il fronte offensivo. Regista arretrato, rendeva più rapida l’uscita dalla difesa, ha innovato il calcio. Prima non si partiva così tanto dal basso, lui aveva quelle caratteristiche. Con Pirlo, Del Piero e Signori è tra coloro che hanno segnato più punizioni in Serie A. Da bimbo distrusse una grata del garage…una volta un amico si mise in porta e si ruppe il gomito: tra mito e realtà, ma sicuramente si ammazzava di addominali per riuscire a trovare sempre la stessa potenza e lo stesso equilibrio del corpo.

CENTROCAMPO – Centrocampo fortissimo. Il primo, Milinkovic-Savic. Premessa: sono rimasto profondamente deluso dalla sua fuga in Arabia, perché un giocatore di quell’età che in carriera deve ancora vincere a grandi livelli, non può fare quella scelta neanche per un miliardo. Non faccio i conti in tasca a nessuno, per carità. Per anni è stata la bandiera della Lazio, forse i laziali hanno patito di meno il suo addio perché è andato tanto lontano da Roma e non in una rivale. In campo aveva la tendenza a entrare con l’infradito in qualche partita, ma è un grande giocatore. Accanto a lui, Veron, che aveva tutto. Poteva fare regista, mezzala, trequartista, incursore, era deciso e tecnico. Eravamo in uno studio a Copacabana, sotto c’erano dei tubi innocenti nel Mondiale 2014. C’erano in quei giorni le manifestazioni dei Black Block, che provano a dare l’assalto alle televisioni, dove eravamo noi. Qualcuno riuscì ad arrampicarsi per raggiungere i nostri studi, si affacciarono Veron e Montero e cominciarono a urlare, quasi aspettavano i Black Block pronti a fare la rissa. Giocatore fantastico. L’altro è Nedved, aveva un ginocchio con una fisiologia strana, era diviso in tre e non in due, ciò facilitava l’articolazione. Era sublime, aveva questa capacità di tagliare dalla sinistra verso il centro che era straordinaria, e faceva sempre gol. Era irrefrenabile, grande appassionato di mozzarella, e come hobby, dopo l’allenamento, si allenava, facendo il tapis-roulant. L’unica cosa che gli ho sempre contestato è la capigliatura alla Raffaella Carrà (ride, ndr), per il resto poteva fare tutto.

ATTACCOInizio da “Miro”. Miroslav Klose ha segnato la storia della Germania, che ora soffre della sua mancanza. Ultimo centravanti vero della Germania, è nella storia dei Mondiali, ha giocato grandissimi campionati nella Lazio. Il secondo attaccante è “il Mancio”, Roberto Mancini, il gol che segnò a Parma fu meraviglioso. Con la Lazio ha vinto, Mancini non era un centravanti ma un attaccante tecnicissimo, aveva bisogno di una punta centrale che lavorasse per lui, tipo Luca Vialli alla Sampdoria, poi però sapeva muoversi, sapeva calciare, sapeva segnare come un rapinatore d’area di rigore, si esibiva in prodezze clamorose ed era bello da vedere, elegantissimo. Una volta ebbi la fortuna di giocare a calcio a 5 con lui, ovviamente non vidi la palla, provai un pressing su di lui ma lui fece una finta di corpo senza neanche toccare il pallone e io da quel giorno mi sento ancora fuori dal campo a cercare la palla. Io chiaramente non faccio testo perché sono una “pippa”, ma succedeva a calciatori forti e anche fortissimi. Calciatore sopraffino, con una tecnica inarrivabile. Il terzo attaccante è scontato, è Ciro Immobile. Una valanga di gol, i numeri contano e uno che fa quei gol non può non essere nell’11 migliore di questo primo quarto di secolo.

PANCHINA In panchina metto Angelo Peruzzi, portiere indimenticabile, da romanista e alla Juve, poi nella Lazio. Aveva delle braccia talmente forti che quando usciva poteva coprirsi la faccia, è stato il primo portiere a uscire a faccia in avanti, non con le gambe avanti. Forse non era l’unico, ma era quello che lo faceva meglio. Aveva due tenaglie al posto delle mani, era famoso perché pescava con le mani. I difensori sono Radu e Lulic. Lulic perché rimane un’icona per tutto il tifo laziale, ha deciso quell’indimenticabile 26 maggio, e comunque ha giocato tanti anni in tanti ruoli. Radu è stata la presenza costante del millennio. A centrocampo inserisco tre giocatori, il primo è Diego Pablo Simeone, il suo ritorno all’Olimpico e l’accoglienza sono stati bellissimi. Idolo ovunque abbia giocato, Inter, Siviglia, Lazio, trasferiva in campo una grande carica agonistica. Mi piace metterlo accanto a Dejan Stankovic, che forse ha avuto gli anni migliori all’Inter, ma anche a Roma giocava alla grande, fece dei campionati strepitosi e si ambientò solo in qualche mese. Poi metto Luis Alberto, fondamentale nella Lazio di oggi. Le due punte di riserva sono Crespo (anche se il meglio di sé lo diede da altre parti) e Marcelo Salas, il cileno. Qualcuno lo ricorda spesso nel derby di Torino della buca prima di calciare il rigore, era il rigore della vittoria, il giorno di Maspero. Ma era bellissimo da vedere.

ALLENATOREL’allenatore non può che essere Eriksson, il mister dello scudetto biancoceleste.