PROVEDEL 6,5 – Reduce dall’esperienza incredibile del gol all’Atletico, al primo tiro in porta prende gol, battezzando l’angolo sbagliato sulla conclusione di Furuhashi. In avvio di ripresa è protagonista di una parata importante su Hatate, sugli sviluppi di un calcio di punizione: non un tiro velenosissimo, ma era coperto e non ha visto nulla, compiendoun prodigio. Partirebbe con leggero ritardo nel darsi la spinta sul destro di Palma, ma per fortuna il VAR cancella la rete del 2-1 scozzese. Stavolta al minuto 94 non segna lui ma Pedro, però a Ivan piace entrare nei gol nel recupero: parte tutto da un suo rinvio lungo, che 10 secondi dopo si trasforma nel boato del settore ospiti biancoceleste.
LAZZARI 6 – Avvio timido, ci mette un po’ per scrollarsi di dosso il timore nello stadio in cui aveva realizzato il primo gol in carriera con la nostra maglia. E’ sempre applicato in fase difensiva e triangola molto bene con Kamada e Anderson. Meglio del solito anche al cross sia nel primo tempo che nel secondo per la sforbiciata di Castellanos. Ma la giocata decisiva la fa nell’ultimo quarto di gara, con una diagonale perfetta su uno spiovente dalla destra: smorza la sfera per Provedel e salva un potenziale gol.
MARUSIC 6 – Subentra per gli scampoli finali ed è tra i cambi più convincenti: una o due salite che rompono l’assedio finale dei padroni di casa, un anticipo che nel finale è salutato come un gol, e l’ultima sgroppata del match. Ottimo atteggiamento.
PATRIC 6,5 – Ormai è il centrale di Champions League. Sarri lo preferisce a Casale per esperienza e pulizia in fase di impostazione. Questa sera si capisce il perché. E’ il veterano della squadra e questa sera è il nostro miglior difensore. Imposta in maniera egregia, pescando sempre i compagni tra le linee e forzando sempre la prima giocata. Bada al sodo spazzando in tribuna – e scusandosi con un tifoso – il pallone quando serve, per il resto è tra i più precisi tecnicamente. Va a contrasto, giganteggia negli anticipi, respinge di testa una punizione dalla sinistra, dà tranquillità ai compagni. Commette solo un errore, quando nella ripresa non si capisce con Lazzari in uscita e crea una voragine nella retroguardia: Romagnoli, per fortuna, è provvidenziale in tackle. Se per lunghi tratti i compagni sembrano giocare in modo leggero e compassato, quasi triste, questo ragazzo ha gli occhi della tigre. Quando esce Immobile, indossa la fascia di capitano. Non lo avremmo mai pensato, e vi dirò: se l’è meritato.
ROMAGNOLI 5,5 – Sarri non ha mai rinunciato a lui in stagione e questa sera lo conferma al centro della difesa. Comincia malissimo, andando a farfalle sul gol del vantaggio del Celtic: si fa bucare in modo sciocco da Furuhashi palesando una totale assenza di reattività. Si schiaccia sulla porta anche nell’altro tentativo di combinazione dei padroni di casa del primo tempo, che per fortuna sfila a lato. Male anche nei duelli aerei: ha 15 centimetri più del rivale giapponese, ma per anticiparlo sbraccia e commette due volte fallo. Sbaglia i tempi di alcune uscite ed è troppo statico in più di una circostanza. Benino in fase di appoggio, si guadagna una sufficienza stiracchiata in virtù dell’unica giocata importante – di vitale importanza – della sua partita: la chiusura in scivolata su Palma che sarebbe stato tutto solo davanti al portiere.
HYSAJ 5,5 – Preferito a Pellegrini e Marusic per contenere gli strappi del temibile Maeda, che alla prima folata si accentra e scarica per O’Riley che imbuca per Furuhashi per l’1-0 scozzese. Al quarto d’ora si esibisce in una folle manata su Reo Hatate che sarebbe potuta costare un cartellino rosso: intervento immotivato e assurdo. Nella ripresa, su un’imbucata di McGregor, Maeda gli scappa via e per fortuna sceglie di crossare al centro invece di calciare. Nel finale è il meno confusionario e tiene bene sulla fascia sinistra, contenendo bene Maeda con buone finte di corpo. Nessun errore grossolano, ma una sensazione di generale insicurezza.
LUIS ALBERTO 6,5 – Il Celtic pressa con ferocia, gli salta addosso con aggressività e cerca di non far partire dal basso la Lazio. Lo spagnolo capisce di dover aumentare i giri e sale in cattedra: scambia con Zaccagni, chiede l’uno-due a Immobile, sventaglia due o tre volte sui piedi del liberissimo Felipe Anderson. Recupera più palloni del solito, gli manca la giocata vincente dalla trequarti in su. Nella ripresa si getta in area avversaria per provare a prendersi il rigore, ma l’arbitro lo invita a rialzarsi e lui si becca il giallo per proteste. Esce a sorpresa a metà ripresa: è l’uomo d’ordine e di lì in poi la Lazio, in mezzo al campo, fa solo confusione. Dei 22 interpreti in campo, è stato comunque il più qualitativo.
GUENDOUZI 6 – Entra a metà ripresa al posto di Luis Alberto. Va in pressing iper-offensivo praticamente in solitaria, e fa malissimo la fase difensiva: rientra in ritardo, non riesce a sporcare una traiettoria, ha un atteggiamento indolente. Poi, però, è determinante nell’ultima giocata offensiva del match: sul recupero di Castellanos, riceve da Isaksen e mette al centro col destro un cross perfetto per la testa di Pedro.
KAMADA 5 – La conferma del centrocampo titolare di Lazio-Atletico importa il ritorno dal primo minuto, dopo tre partite, anche del giapponese. Disputa un primo tempo indecoroso e a tratti imbarazzante. Non trova la posizione in campo, si assenta dalla fase difensiva, si mette in mezzo alle traiettorie di Luis Alberto per Anderson, risultando un pesce fuor d’acqua in ogni frangente di gioco. Quando Vecino e Luis Alberto recuperano la sfera in anticipo sulla trequarti, prima getta alle ortiche una potenziale opportunità stoppando il pallone con un braccio, poi incespica sul pallone. Nella ripresa, paradossalmente, va leggermente meglio da mezzala sinistra da quando esce Luis Alberto: perlomeno si mette in proprio, rientra e va al destro chiamando Hart ad una delle rarissime parate della serata. Nel finale si estrania dalla lotta, e sul cross di Guendouzi fa lo stesso movimento di Pedro, strappandomi un sorriso quando mima il movimento per colpire di testa. E’ ancora un preoccupante corpo estraneo alla squadra, in evidentissimo ritardo. Timido e impacciato, per fortuna non è stato convocato dal Giappone e rimarrà a Roma durante la sosta. Sarà l’occasione per cominciare a entrare nei meccanismi.
VECINO 7 – Il migliore in campo. Sarri lo ripropone in cabina di regia, l’esperimento aveva funzionato già nella prima giornata con l’Atletico. Nonostante il suo passo non proverbialmente svelto, con esperienza e aggressività strappa una marea di palloni e trasforma l’azione da difensiva in offensiva. E’ sempre al posto giusto e sbroglia diverse situazioni pericolose, mettendo la sua saggezza calcistica al servizio dei compagni. Veterano delle palle inattive (da quel Lazio-Inter 2-3, ahinoi, lo sappiamo bene), fa un gol decisivo in un momento decisivo della partita, e invece di esultare richiama i compagni all’ordine e li invita a usare la testa e non essere frenetici. Mantiene la lucidità – e una buona condizione fisica – fino a fine partita, e nel finale spende un giallo tattico intelligente. Non contento, pressa in avanti anche al quinto di recupero e da un suo contrasto nasce il recupero della sfera che qualche istante dopo finirà sulla testa di Pedro. E’ stato preziosissimo e l’UEFA lo ha premiato, giustamente, col “Man of the Match”.
FELIPE ANDERSON 5,5 – Vive uno psicodramma tutto suo, confermando le parole di Sarri, che gli dà fiducia per il gigantesco lavoro in fase difensiva, ma si mangia le mani per la sua inconsistenza sotto porta. In ripiegamento aiuta Lazzari e facendosi settanta metri di corsa è salvifico nella ripresa a smorzare un’occasione scozzese sparando la sfera in corner. Tuttavia, è sempre impreciso nell’ultimo passaggio, e le tre volte in cui Luis Alberto gli serve la chance dell’uno contro uno per andare in porta, il brasiliano sbatte sistematicamente sul difensore. Si divora, su assist di Immobile, l’occasione da gol più nitida del secondo tempo, avendo come al solito paura di calciare in porta e optando per una scelta incomprensibile che fa quasi tenerezza. Chi lo sa cosa accade nella testa di questo ragazzo, che avrebbe le potenzialità per essere un calciatore mostruoso e invece, spesso, si perde in un bicchier d’acqua. Esce nella ripresa per Isaksen.
ISAKSEN 6 – Entra in campo per l’ultimo quarto di gara e non si vede praticamente mai, se non per uno o due falli laterali regalati al Celtic. Un fantasma, tocca tre palloni ed è surclassato dal ritmo e dalla foga agonistica dei padroni di casa. L’ultimo, però lo gestisce bene: sfrutta il lavoro di Vecino e Castellanos, va in pressing, si prende la sfera e allarga per Guendouzi. Speriamo possa crescere in fretta.
IMMOBILE 6 – Ennesima sufficienza di puro incoraggiamento. Nel primo tempo non gli viene servita una palla giocabile e la sterilità offensiva della squadra appare lampante. Fa molto movimento ma prima Scales poi Phillips lo contengono con serenità. Da un suo generoso lavoro di sponda nasce la nostra più colossale (nonché unica) chance da gol del secondo tempo, ma Anderson spreca tutto. Esce per Castellanos al 70’.
CASTELLANOS 6 – La grinta e la cattiveria sportiva non gli mancano. Neanche entra in campo e già ha sdraiato due difensori scozzesi tentando un’improbabile rovesciata. E’ un profilo che aizza le folle, che prende un’ammonizione a partita, che non si dà per vinto. Ha carattere e prova sempre ad andare a duello aereo, perdendoli sistematicamente. Eppure, è cruciale nella circostanza del gol del raddoppio: su rinvio dal fondo di Provedel, pur non potendo arrivare sul pallone va comunque a saltare, da lì nasce il recupero della sfera che poi Pedro sbatterà in rete.
ZACCAGNI 6 – Il neo è chiaro: un calciatore delle sue qualità non può non arrivare neppure stasera alla conclusione. Tuttavia, è l’unico che cerca di saltare l’uomo e ci riesce, o accelerando o allargandosi a sinistra e accentrandosi col pallone incollato al piede, portando fuori zona sistematicamente il rivale di turno. Fa tanto movimento e anche lui – come Anderson, ma con più lucidità e meno errori – dà una grande mano a difendere e a recuperare palloni che ci fanno respirare e risalire un po’. Cala alla distanza e viene sostituito da Pedro per l’ultima decina di minuti.
PEDRO 7 – La bellezza del gioco del calcio. Questo gioco si gioca con i piedi, e lo spagnolo con i piedi nemmeno sfiora una sfera. Per forza, si dirà, era entrato per gli ultimi minuti e per il recupero. Ne tocca una sola, con la testa, e realizza un gol clamoroso che ci restituisce una vittoria in trasferta in Champions League dopo 20 lunghissimi anni. Posizionato alla perfezione, segna una rete identica a quella che fece Messi in una finale di Champions League all’Olimpico, contro il Manchester United. Le grandi partite vengono decise dai grandi campioni e dai calciatori più abituati a certi palcoscenici. E’ il motivo per cui uno come lui andrebbe tenuto in rosa a vita.
SARRI 7 – Nella partita più difficile, usciamo dalla bolgia di Glasgow ammutolendo uno stadio intero e torniamo a vincere in Champions lontano dalle mura amiche: l’ultima volta molti ragazzi che ora seguono la Lazio non erano ancora neanche nati, essendo il 2003 (Besiktas-Lazio 0-2). Giochiamo una discreta prima ora, e il tecnico indovina le scelte di Lazzari, Patric e Vecino. Molti interpreti sono lontani parenti dello scorso anno (Romagnoli, Hysaj, Felipe Anderson, Immobile), altri devono ancora inserirsi (Kamada, Guendouzi, Isaksen, Castellanos), ma oggi contavano i tre punti e li abbiamo ottenuti in modo fortunoso nel recupero. Siamo ancora lenti, prevedibili, a tratti impauriti e irritanti, ma dobbiamo solo uscire da questo ciclo infernale di partite e farlo possibilmente bene domenica con l’Atalanta. Per recuperare gioco e fiducia servirà un po’ più di tempo.