“Al grottino del Laziale”, Enrico si racconta ai nostri microfoni: “Soddisfatto del riconoscimento ottenuto, vi racconto la storia della trattoria”

Situata in Viale Romania, è presente una delle più storiche e celebri trattorie legate al mondo Lazio. “Al Grottino del Laziale” rappresenta un tipico esempio di cucina tradizionale romana immersa nei colori biancocelesti. Il proprietario, Enrico D’Angeli, il quale nella giornata di oggi verrà premiato al Circolo canottieri Lazio per i 110 anni del Grottino del Laziale, ha raccontato ai nostri microfoni la storia legata alla trattoria, aggiungendo aneddoti legati alla Lazio e non solo.

-Qual’è la soddisfazione nel ricevere questo riconoscimento e qual è la storia della trattoria?

“La soddisfazione è tanta, questa è una piccola trattoria che fu aperta nel 1912 dal mio bis nonno, era prima un ricovero di barrozzette, sopra le quali si mettevano delle bottiglie di vino che poi venivano vendute per Roma. Da li nacque una piccola osteria che dava solamente primi e vino per gli operai che venivano, come per esempio pasta e ceci, pasta e fagioli o pasta e lenticchie e, tra il 1955 e 1960 mio padre l’ha trasformata in una trattoria, aprendo sia mattina che sera. Siamo andati avanti sempre con il nome di “Al Grottino del Laziale”, mettendoci sempre la faccia. Ci conoscono talmente tanto che per spiegare dove si trova l’università Luiss viene detto: “Davanti al Grottino del Laziale”. Nel 2009 mio padre è venuto a mancare, io, che ero comunque rimasto legato alla trattoria, decisi con mia madre di portarla avanti nonostante la crisi e le difficoltà”.

-Legato a ciò le volevo chiedere, com’è stato ripartire dopo le difficoltà legate alla pandemia?

“Il periodo covid è stato bruttissimo, anche prima della pandemia la ristorazione stava vivendo un momento difficile ed il covid ci ha definitivamente massacrato. Io mi sono salvato perché, nonostante la trattoria fosse chiusa, venivo qui, mettevo un tavolino davanti la porta e facevo i panini con la trippa,  con la coda, lo spezzatino con la coratella e tutti questi piatti tipici romani. Facevo anche tante carbonare, un piatto molto difficile perché dopo 5 minuti rischi che diventi una frittata. In seguito siamo ripartiti ma ci siamo dovuti subito rifermare. Al momento stiamo ritornando lentamente a quello che era prima della pandemia, ma le difficoltà ci sono ancora”.

-Aprendo invece l’argomento Lazio, c’è qualche aneddoto legato a qualche personaggio che ci vuole raccontare?

“Si ce ne sono tanti, ho avuto modo di conoscere tanti calciatori della Lazio dello scudetto del 1974, da ragazzo andavo allo stadio in pullman con loro. Divenni molto amico di Vincenzo D’Amico, giravo spesso con lui. Un giorno gli fu levata la macchina per un’incidente sulla Cassia quindi lo andavo a prendere e lo accompagnavo agli allenamenti. L’unica cosa è che Vincenzo ai semafori tamponava sempre chi aveva davanti, quindi avevo la parte avanti della 500 tutta rialzata. Poi venivano anche Giorgio Chinaglia, Felice Pulici e Pino Wilson. A Pulici piaceva tanto la trippa, invece al grandissimo Pino gli piacevano molto le polpette. Anche per quanto riguarda la Lazio del 2000 vennero parecchi come per esempio Negro, Pancaro, Vieri e molti altri. Sono legato anche a Beppe Signori, ci sentiamo ancora per telefono. Della Lazio attuale invece no, con questa nuova presidenza c’è un modo tutto diverso di rapportarsi con i tifosi. C’è molta meno apertura, la vecchia Lazio per esempio ogni giovedì andava a trovare i circoli e cenavano insieme con 3/4 giocatori.  Ad oggi ogni tanto c’è qualche iniziativa ma nulla di che, il rapporto con i tifosi è molto più freddo rispetto a prima, non è più come la Lazio mia e di Guido De Angelis”.

-Sempre legato alla Lazio, c’è qualche piatto ispirato?

“Si certo, ai tempi di Zeman avevamo creato le “fregnacce alla Zeman”. Le facevamo ai tempi in cui Zeman allenava la Roma e ogni tanto faceva qualche battutina. Mi ricordo che una volta venne e mangiare, fece i complimenti per l’ amatriciana ed io gli dissi che ci diede molte soddisfazioni ai tempi della Roma, soprattutto quando perse quattro derby di seguito. Lui inizialmente si mise a ridere poi tenne il muso per un po’ , ovviamente alla fine si sciolse.  Adesso invece stiamo facendo le “Fregnacce alla Mourinho” perché diciamo che ispira molto. La colpa è sempre degli altri, non riesce ad ammettere di aver sbagliato, sbagliano i giocatori oppure gli arbitri. Mi sembra molto la storia del pifferaio che, per cacciare i topi dalla città, suona la trombetta per farsi seguire. Mourinho fa lo stesso con i tifosi della Roma, parla e loro lo gli vanno dietro”.

-Parlando invece della brutta notizia di questi giorni, ha qualche ricordo legato a Sinisa MIhajlovic?

“Ricordi diretti con Sinisa ne ho pochi. Qui venivano a magiare due suoi figli perché andavano all’università alla Luiss. Una sera venne Dusan, un ragazzo veramente carinissimo e simpatico, come tutti glia altri. Venne a magiare qui con altri suo amici tutti della Lazio. Tramite lui Sinisa mi ha fatto una fotografia ricordo con una dedica,  la quale attaccata ed esposta come una reliquia”.

-Per chiudere, cosa si augura a per il futuro livello lavorativo?

“Per quanto riguarda la trattoria mi auguro di tornare non dico ai fasti di una volta ma almeno di avvicinarsi. Ovviamente spero ci sia anche tanta salute, anche perché stando aperti sia di mattina che di sera non ci si può permettere di mettersi in malattia ed essere assenti”.

-Per quanto riguarda la Lazio invece?

” Parlando di Lazio invece mi auguro che Lotito si sciolga un pochino ed inizi a pensare un po’ al tifoso. Non levando 2/3 euro dal biglietto ma più per quanto riguarda le emozioni che può trasmettere. Spero ci faccia il regalo che lo renderebbe probabilmente il presidente più grande della Lazio, ovvero riprendere il Flaminio. In questo modo ritorneremo a casa nostra, nella parte vera e propria di Roma”.

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