Guido De Angelis racconta Vincenzo D’Amico:
«Volevo ricordare Vincenzo, oggi sarebbe stato il compleanno di D’amico. Quando si parla di lui si parla di una Lazio molto antica, Vincenzo ha fatto anche una trafila da opinionista ed è stato poi quello che è stato da calciatore. Lo considero, se dovessi fare una classifica di lazialità veramente pura, uno che rappresenta il fiore all’occhiello per tutti i laziali. Era una persona di una bontà infinita, un carattere decisamente particolare, estroso ma era intelligente, furbo, scaltro e aveva un cuore grande. Aveva anche i suoi difetti e anche i suoi vizi, ma andando a sommare il tutto, ne esce un quadro di Vincenzo meraviglioso. Ho avuto la fortuna di conoscerlo personalmente. Sembrava proprio uno di noi. In mezzo alla gente laziale non ti accorgevi di aver visto un ex calciatore. Con il tifoso dell’altra sponda fu uno degli unici che venne rispettato, perché sapeva come stare al mondo. Era un ragazzo nato nelle case popolari di Latina, l’ho vissuto in maniera intensa. Quando si ruppe le gambe venne in stampelle in curva nord. Ha avuto 3 infortuni che gli hanno rovinato la carriera. Vincenzo in Lazio Catanzaro, partita che con il boom del calcio scommesse la Lazio venne retrocessa, lui restò in campo e in quella partita era la chioccia della squadra, la gente sapeva che stavamo tremando di scendere in serie B, e anche se ci fossimo salvati sul campo dovevamo aspettare la sentenza, che poi ci ha fatto retrocedere. Vincenzo era un timido, fa ridere a dirlo perché era una persona molto simpatica, quando giocava lo vedevi, faceva scherzi, eppure era un timido. Una volta gli dissi: “Quando entrano le squadre defilati, vai a salutare la curva nord e poi torna nel gruppo con il gagliardetto”. Lui rispose: “Guido io mi vergogno.” Lui alla fine andò sotto la Nord, fece un timido saluto e poi raggiunse la squadra, partita che finì per 2-0, ci salvammo sul campo ma poi fummo retrocessi. Nel periodo in cui l’aveva chiamato la Roma, tutti erano pronti a definirlo traditore ma lui rispose più avanti confermando la chiamata, ma affermando che non sarebbe mai andato alla Roma. Dove c’era Vincenzo c’era l’allegria, c’era il linguaggio di strada, la battuta ed infine è stato un bravissimo opinionista, molto preparato e professionale. Oggi a distanza di anni rappresenta una delle persone più pure della lazialità vera. Per anni non ha più voluto parlare con Lotito, è rimasto coerente fino all’ultimo giorno per come la pensava sulla società. Vincenzo ti voglio bene, ti porterò nel cuore come tutti i tifosi della Lazio».
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