“Il 28 ottobre non sarà mai un giorno come altri. Ricordo tutto di quella giornata del 1979, il primo razzo finì fuori dallo stadio oltrepassando la Curva Nord. Il secondo purtroppo colpì Vincenzo, mentre il terzo si alzò in cielo prima di cadere nel cerchio del centrocampo. In quel derby si iniziava ad assaporare già nel pre-partita la paura di violenza, anche dalla mattinata presto. Quello che entrò e lancio i razzi lo face tranquillante, era ben visibile: si poteva bloccare e fermare. Erano razzi abbastanza potenti, si sapeva che avrebbero potuto creare problematiche. Questa è ancora una ferita aperta, rimane la cicatrice. Fu un giorno terribile, ricordo la moglie di Vincenzo che cercava di salvarlo. Io sono arrivato troppo in ritardo per capire bene cosa stesse succedono, ricordo l’odore e la gente attorno a Vincenzo. Io strinsi involontariamente una mano, credendo fosse di una persona qualsiasi, più tardi mi accorsi che era la mano di Vincenzo. Da quel giorno rimasi traumatizzato e pensai di non andare allo stadio, ci ritornai contro la Juventus due settimane dopo”. Queste le parole di Guido De Angelis nel corso della trasmissione “Quelli che…” in onda sui 98.100 di Radiosei Lazio.
Il nostro direttore ha poi proseguito: “La cosa che mi diede fastidio è che si cercò di mettere in mezzo anche i tifosi della Lazio per non rovinare la reputazione della tifoseria della Roma. Negli anni il figlio Gabriele ha dovuto sopportare tante cattiverie e angherie, con scritte per tutta Roma che andava personalmente a cancellare. Purtroppo le persone stupide esistono. Che uomo sei se scrivi cattiverie sui muri contro Vincenzo? La fede non c’entra, come fai a insultare un padre che ha perso la vita per colpa di una partita?”