Lazialità festeggia i suoi primi 40 anni di vita. Fondata nel settembre del 1985 da Guido De Angelis, “Lazialità” è stata negli anni un magazine, un tabloid, la rivista ufficiale della Lazio e anche un format televisivo e un sito. Tante anime, un’unica missione: raccontare, custodire e diffondere l’amore per i colori e per la storia della Prima Squadra della Capitale.
Un traguardo storico che “Lazialità” festeggerà insieme a tutti i suoi lettori e ai tifosi della Lazio sabato 27 settembre 2025. Il countdown verso il grande giorno è iniziato e abbiamo deciso di accompagnarvi in quest’attesa pubblicando ogni giorno una copertina storica di “Lazialità”.
-39: Arrivederci Re, ma ora Avanti Lazio!
Nel crudele (ma sempre affascinante) copione del calcio arriva inevitabile il momento in cui anche le bandiere più amate devono ammainarsi. Un addio che fa male, ma che il tempo e il gioco impongono con necessità. La copertina di oggi riporta alla mente dei tifosi della Lazio tutto questo. E’ il dicembre 1997 e “Lazialità” saluta Giuseppe Signori, pronto a lasciare la capitale dopo cinque anni e mezzo d’amore e passione.
“Arrivederci Re, ma ora Avanti Lazio“: questo il titolo della copertina che chiude il 1997 di Lazialità. Il Campione saluta, ma a guidare la slitta dei sogni resta Sven Goran Eriksson con le sue preziose “renne”: Mancini, Nedved, Casiraghi. La scintilla tra Signori e il mister svedese non era mai scoppiata e la separazione era inevitabile.
I numeri di Signori con la Lazio
L’ultima partita disputata da Signori con la maglia biancoceleste resterà quindi un Napoli-Lazio del 19 novembre 1997, valida per il ritorno degli ottavi di finale di Coppa Italia. La lunga e intensa esperienza del Re in maglia biancoceleste si concluse così con 127 reti complessive (107 in campionato, ndr) in 195 presenze. Ancora oggi è il terzo migliore marcatore della nostra storia dietro Ciro Immobile e Silvio Piola.
Giuseppe Signori non è stato per la Lazio solo un attaccante, numeri o gol. E’ stato (ed è ancora) un simbolo e una bandiera. Un vanto. Perché nel calcio, come nella vita, anche le storie più belle devono finire. Ma quando una bandiera cala, resta sempre il vento della memoria a farla sventolare fiera nei cuori dei tifosi.
