di Piero Sandulli
Nel 1966, dopo l’eliminazione dai Mondiali di Inghilterra ad opera degli sconosciuti dilettanti della Corea del Nord – definiti da qualche osservatore “Ridolini” per la loro corsa senza costrutto – la Federazione operò una serie di scelte coraggiose. Queste portarono alla rinascita della Nazionale che già due anni dopo vinse gli Europei ed a distanza di quattro anni giunse seconda ai Mondiali, dietro al Brasile di Pelé, dopo aver dato vita alla partita del secolo: Italia-Germania 4 a 3.
In quella circostanza la Federazione adottò alcune drastiche misure:
1) chiusura agli stranieri.
2) rinuncia agli oriundi.
3) riduzione del campionato di serie A a sedici squadre.
La Nazionale fu affidata inizialmente ad Helenio Herrera, che operava ad interim con la squadra di club (l’Internazionale) per fare da chioccia al selezionatore scelto dall’interno: Ferruccio Valcareggi. In sostanza, scelte coraggiose in cui la Federazione mise la faccia e la sua opera in prima persona. Rischiando anche l’impopolarità e schierandosi contro le società della massima serie.
Nazionale, cosa sarebbe stato necessario fare?
Oggi, dopo l’ennesima delusione di una ormai lunga serie, non solo non è stata presa alcuna misura strutturale, ma la Federazione ha pensato soltanto a salvare i suoi vertici, sacrificando chi forse era meno colpevole di altri.
Cosa sarebbe stato, invece, necessario fare? Per prima cosa vanno varate norme di protezione dei vivai, al fine di lanciare i giovani calciatori, come accade in Spagna ed Inghilterra. Deve essere, poi, considerevolmente ridotto il numero delle gare e delle competizioni per lasciare lo spazio alla Nazionale, che viene ormai sacrificata e riunita in alcuni spezzoni della settimana prima della gara.
Spesso i giocatori non si conoscono e non sono in grado di giocare a memoria, come sarebbe necessario. Va poi finalmente compreso, dai vertici federali, che i ruoli di allenatore e di selezionatore sono notevolmente diversi. Deve essere ricordato che i nostri migliori risultati li abbiamo avuti con dei selezionatori cresciuti nei ruoli delle squadre nazionali come Valcareggi, Bearzot e Vicini.
Il mestiere di allenatore è altra cosa e non è pensabile che, senza dargli tempo, si chieda al tecnico di dare una propria impronta al gioco di una squadra a cui non ha tempo di trasmettere nulla, perché non ha mai gli atleti a sua disposizione per più di tre giorni.
Speriamo che il prossimo sia un selezionatore e che sappia adeguare le sue convinzioni sportive alle necessità di cogliere il meglio di ciò che gli viene offerto, senza pretendere di dare un suo gioco ad una squadra che non sarà mai la sua, poiché tecnico e calciatori si vedono, per pochi giorni, ogni tre mesi. Certo, in assenza del coraggio dei vertici, possiamo solo sperare nello stellone italiano, che, però, sembra un po’ offuscato!