Quella Lazio dell’ottobre ’92, tra Cragnotti, Madonna, Thomas Doll e Peter Gabriel

Cari fratelli Laziali,

felici per l’esito della partita infrasettimanale, rattristati e storditi per l’evento che ne ha determinato lo spostamento, possiamo guardare all’appuntamento di lunedì sera con maggiore fiducia.

In vista di Lazio Parma vi proponiamo di ritornare indietro di 33 anni.

Vivevamo in un’epoca già tutta a colori. Quindi, sembra ieri quando il finanziere romano Sergio Cragnotti acquistava la maggioranza delle quote della S.S. Lazio per una cifra vicina ai 40 miliardi di lire. In un’intervista rilasciata a metà giugno, nel corso di una conferenza stampa, Cragnotti aveva annunciato di essere pronto ad investire nel prossimo calciomercato oltre 70 miliardi di lire.

Come se oggi venissero investiti 120 milioni di €.

La Lazio che arriva nel ritiro austriaco di Seefeld è la più forte degli ultimi 15 anni. Certo, non è ancora da scudetto ma le operazioni di mercato faranno sì che i laziali corrano ad acquistare più di 30.000 abbonamenti.

Questo era il contesto in cui si sarebbe giocata la partita che stiamo per raccontarvi

Bentornati nel 1992, oggi è domenica 4 ottobre.

Siamo allo stadio Olimpico, c’è Lazio-Parma. È la quinta giornata, la squadra non ha ancora ripagato la fiducia conquistata durante il precampionato.

Una lunga serie di pareggi. L’ultimo, casalingo, col Genoa, ha un po’ depresso l’ambiente. E qualcuno ha già mandato qualche (irriverente) fischio di protesta al sommo Dino Zoff.

Sono le 15 esatte quando il signor Sguizzato di Verona fischia il calcio d’inizio.

Zoff ha scelto Fiori, Luzardi, Favalli, Bacci, Gregucci, Cravero, Fuser, Doll, Winter, Gascoigne e Signori.

Il Parma è una squadra giovane, ma già abbastanza esperta e dunque temibile. L’allenatore è Nevio Scala, un gentiluomo dal volto burbero e dai tratti somatici quasi germanici. Scala manda in campo Taffarel, Pin, Matrecano, Minotti, Apolloni, Grun, Melli, Zoratto, Osio, Cuoghi e Pizzi. In panchina può contare su Asprilla, Donati e Monza. E su un giovane portiere dalle calvizie incipienti che lo fanno apparire più anziano di quanto non sia. Il portiere di riserva si chiama Marco Ballotta.

Il Parma parte meglio. Nelle prime fasi di gioco, Bacci e Favalli sembrano giochino insieme per la prima volta, tanto appaiono scollegati tra loro. Le amnesie sono frequenti. I Ducali tentano pericolose sortite in avanti. D’improvviso si fa notare Thomas Doll, il tedesco dalle bionde chiome arrivato nell’ultima sessione di mercato. Di lui, si sa che è andato a vivere al Residence Aldrovandi ed anche che, ai tempi della DDR, aveva avuto contatti con la Stasi.

Doll supera in velocità Apolloni e Minotti ed effettua un lancio, profondo e preciso, verso Gascoigne; Gazza controlla, poi si lancia, pallone attaccato al piede, verso la rete avversaria. A Taffarel non rimane che abbatterlo. Rigore netto, che Signori trasforma alla sua maniera. Tiro senza rincorsa, 1 a 0.

Scala prova a ridisegnare la squadra mentre Zoff appare pensieroso nonostante il vantaggio. Osio mette continuamente in difficoltà Favalli e l’intera retroguardia ma Fiori riesce a cavarsela, per fortuna ed anche per demerito dell’avversario.

Il Parma però insiste. Ci provano prima Cuoghi, poi Grun e Zoratto, fortunatamente senza nessun risultato. Gascoigne è in forma smagliante, è lucido e propositivo. A tratti, prende per mano la squadra, proprio lui, che è sì genio ma anche tanta (troppa?) sregolatezza.

All’improvviso pesca Fuser con un lancio radiocomandato. Fuser prima si libera di Matrecano, poi, con nuovo scatto, supera anche Apolloni e Minotti: infine, lascia partire una bordata, imparabile per Taffarel.

2 a 0! Dopo anni di tribolazioni intravediamo una goleada.

Ma è una Lazio in costruendo. È stata progettata bene solo per l’attacco mentre la difesa è stata lasciata quasi intatta. Non è certo il massimo. La penserà così anche l’ultimo eroe della “banda dei -9”, Angelo Gregucci, presente quel giorno.

Osio, due minuti dopo, caparbiamente raccoglie un passaggio di Pizzi e lascia partire un tiro alla disperata. Salvataggio sulla linea indovinate di chi? Proprio di Gregucci. Il pallone s’impenna, ripiomba in area, nel nulla della nostra difesa. Fiori stavolta non ha responsabilità, ma il Parma si è comunque portato sul 2 a 1. Dalle tribune si ode qualche “sospiro”, palla al centro.

Quando torna ad aleggiare lo spettro della solita rimonta, Matrecano si addormenta lasciando Fuser nelle prossimitàdi Taffarel. Il pressing sul portiere porta il difensore a commettere un fallo.

Da qualche mese si applica il nuovo regolamento: il pallone toccato di mano dal portiere su passaggio di un compagno, è punito da un calcio di punizione in area. La regola non è stata ancora ben assimilata e quando Signori calcia, il pallone è posizionato a un metro dall’area piccola. Raccolti in un fazzoletto di terreno, Cravero appoggia a Signori, che fulmina l’intero undici avversario schierato sulla linea di porta.

È il 3 a 1.

Adesso sì che Winter, Fuser e Gascoigne si trovano a meraviglia. Effettuano giocate raffinate, alle quali non eravamo più abituati.

D’un tratto, Fuser lascia partire un terra-aria da venti metri: 4 a 1.

Il Parma alle corde.

Poco prima dello scadere la Lazio conferma di non saper gestire il risultato; discesa di Minotti, cross a seguire, goffamente intercettato da Bacci, deviazione moscia verso l’assopito Fiori che, tentennante, smanaccia su Favalli. Beppe tenta un intervento ma Osio è più rapido. Stop, controllo, coordinazione. Con rabbia, Osio ha indovinato il tiro del 4 a 2.

Gabriele Pin, vecchio cuore di Lazio, manca di un nulla il gol del 4 a 3.

Chissà, forse non voleva rovinarci la festa.

Verso lo scadere, ancora Beppe Signori trasforma il secondo rigore della giornata. Se lo era procurato Sclosa, subentrato a Gascoigne. Gazza è rientrato un po’deluso negli spogliatoi e lì, nella pancia dell’Olimpico, si sta già scolando una profumata Pale Ale, fresca al punto giusto.

Alla fine, vinceremo per 5 a 2.

La Lazio si classificherà in quinta posizione, conquistando la partecipazione alla Coppa Uefa che mancava dal maggio del 1977.

Beppe Signori vincerà la classifica dei marcatori con 26 gol, lasciandosi alle spalle Roberto Baggio, tanto per fare un nome. Era dal campionato 1978-79 che un laziale non arrivava primo in questa classifica. L’ultimo era stato Bruno Giordano.

Insomma, musica nuova in città!

E visto che abbiamo toccato l’argomento Musica, vi proponiamo una nuova playlist, che altro non è che la classifica dei singoli più venduti sabato 3 ottobre 1992:

In prima posizione, This used to be my playground di Madonna, in seconda Hanno ucciso l’Uomo Ragno degli 883. I dominatori dell’estate canora sono seguiti da un cantautore della prima ora: Edoardo Bennato ha sfornato un pezzo molto lontano dai suoi standard sonori. La nuova canzone s’intitola Il paese dei balocchi ed è in terza posizione. In quarta, un iconico duo, composto da Sting e Eric Clapton, ci regala una canzone inattesa come It’s probably me. L’innocua Rhythm is a dancer di Snap insegue al quinto posto.

In 6° posizione Too funky di George Michael ed in 7° Jam, con un Michael Jackson in ottima forma. Jam venne pubblicato il 13 luglio ’92, come quarto singolo estratto dall’album Dangerous. Il video della canzone venne girato in collaborazione con Michael Jordan. Il testo, interamente di Michael Jackson, è integrato da una frase rap, eseguita da Heavy D.

In ottava posizione, un brano molto leggero, che però seppe caratterizzare l’estate italiana appena conclusa: stiamo parlando di Mare mare, di Luca Carboni. Ha venduto decine di migliaia di CD!

In nona posizione, la bellissima Please don’t go, eseguita da Double You. Una bella cover della canzone scritta dai KC and the Sunshine Band, pubblicata nel ‘79. Pensate, fu la prima canzone d’amore del gruppo, il cui testo conteneva la richiesta di una seconda chance alla persona amata. I KC and the Sunshine Band si sciolsero dopo appena un mese dalla pubblicazione del disco. A chiudere questa interessante classifica, Digging in the dirt di Peter Gabriel. In questo brano si intravede la crisi di rigetto verso l’abuso dell’elettronica, che ha caratterizzato il decennio appena concluso. Nel brano di Gabriel non manca il sound tipico degli anni Ottanta, ma i tempi e gli arrangiamenti strizzano l’occhio ai Genesis della loro fase di mezzo.

Anche per oggi è tutto. Alla prossima, sempre sulle pagine di Lazialità, per una nuova puntata di Musica&Lazio!

Ugo Pericoli

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