Cari fratelli Laziali,
in vista della partita di Pasquetta con il Genoa vi riporteremo ad una sfida lontana del tempo.
Bentornati all’11 giugno del ’72.
Cosa stavamo facendo?
Diciamo che i primi Settanta erano anni molto “creativi”, sotto molti punti di vista.
Ricordate? Facevamo la fila fuori dai cinema per assistere a Il Padrino. Il film di Francis Ford Coppola era uscito il 15 marzo e sembrava fosse un ennesimo e prevedibile gangster-movie. Ebbene, una volta all’interno della sala, durante la proiezione, ci iniziavamo a rendere conto del tipo di opera cui stavamo assistendo. Un capolavoro di film. Purtroppo, non andavamo soltanto al cinema e alla partita.
La violenza non era soltanto finzione cinematografica.
Alle 9:15 di mercoledì 17 maggio, a Milano, un commissario di polizia è uscito dal portone di casa. Percorre pochi passi in via Cherubini per raggiungere la sua auto, una Fiat cinquecento. Il tempo di infilare le chiavi nella serratura, che un uomo – appena sceso da una 125 blu – gli si avvicina e gli spara a freddo. Due colpi di pistola, uno alla testa, l’altro alla schiena. Il commissario si chiamava Luigi Calabresi.
Undici giorni più tardi, a Torino, battendo per 2 a 0 il Lanerossi Vicenza con gol di Haller e Spinosi, la Juventus vince il suo 15° Scudetto.
E noi, cari fratelli Laziali, cosa stavamo combinando?
Andavamo a giocarci il ritorno in serie A, proprio a Marassi, sponda Genoa. Era la trentasettesima e penultima giornata del Campionato di Serie B 1971-72. Era domenica 11 giugno.
I rosso-blu sono allenati da Arturo Silvestri, rispettosamente soprannominato Sandokan. Tuttavia, nonostante l’intrigante appellativo del loro allenatore, i genoani hanno condotto un campionato molto al di sotto delle attese. Scendono in campo Buffon, Manera, Rossetti, Derlin, Benini, Garbarini, Corradi, Perotti, Traspedini, Bittolo e Speggiorin.
Tommaso Maestrelli ha scelto i soliti noti: Bandoni, Papadopulo, Facco, Wilson, Polentes, Martini, Massa, Gritti, Chinaglia, Nanni e Moschino.
Ci sono quasi tremila Laziali a Genova, sono arrivati, quelli più organizzati, a bordo di pullman. Ma molti hanno deciso di prendere il treno dell’ultimo momento. Quanto amore per la Lazio! Viaggiare su un notturno dei “profondi” Settanta, passarci la notte sopra senza chiudere occhio, improbabilmente allungati su quei sedili di plastica marrone puzzolente… e ci vogliono sette ore per arrivare a Genova!
I Laziali arrivano a Genova che l’alba ha da poco lasciato la scena al giorno. Fa già caldo, anche troppo. Il cielo rumoreggia, cade qualche goccia di calore. Marassi, all’epoca scoperto, non può essere certo definito uno stadio “amico”. Sono le 4 del pomeriggio quando il Signor Giunti di Arezzo fischia l’inizio della partita.
I ritmi sono subito sostenuti ma il gioco latita, da una parte e dall’altra.
Al 17′ Chinaglia lascia sul posto Benini e scaglia una bordata da trenta metri che si perde sul fondo. Al 26′ Long John conquista il pallone, salta come birilli Benini e Garbarini e spedisce un siluro all’incrocio dei pali che solo un grande Buffon riesce a deviare in angolo. Un minuto dopo, ancora un’occasione controllata a stento dalla retroguardia genoana e poi, al 29′, su servizio di Gritti, Long John fionda a rete di sinistro impegnando a terra il numero uno avversario.
La Lazio vorrebbe chiuderla prima possibile e alla mezz’ora il risultato finalmente si sblocca: fallo commesso da Derlin, a venti metri dalla porta di Buffon. Gritti esplode un destro micidiale che buca la barriera e s’insacca a fil di palo. Non passano che sessanta secondi e raddoppiamo: Polentes anticipa Traspedini e rilancia lungo per Martini che innesca Chinaglia. Con un pallonetto, Giorgione supera Benini, si aggiusta il pallone di testa, supera anche il libero Garbarini e si presenta dinanzi a Buffon. Tiro alla destra del portiere, questo sarà uno dei gol più belli mai segnati da Giorgio Chinaglia.
Molto sportivamente, il Ferraris si scioglie in un applauso prolungato. Si va negli spogliatoi, Chinaglia appare stremato e appagato.
Rientra in campo ma dopo sette minuti lascia il posto a Facchin. Era psicologicamente cotto! C’è da gestire la situazione e il doppio vantaggio. Se ne occuperà Moschino, che inizia a smistare il traffico del centrocampo. Il Genoa tenta una reazione “d’ufficio”, solo innocue folate che non recano preoccupazione a Bandoni. Corradi sembrerebbe il più determinato fra i padroni di casa ed ingaggia un duello rusticano con Papadopulo.
Il nostro ha già rimediato un giallo nel primo tempo. A 10’ dal termine assesta una gomitata a Corradi, che stramazza a terra con una vistosa ferita al volto. In realtà lo scontro è stato poco più che fortuito ma per il pubblico di casa è una scusa per scaricare la frustrazione accumulata nelle 37 partite precedenti. Mentre Papadopulo, espulso dal signor Giunti per gioco violento, sta rientrando negli spogliatoi, due esagitati superano le barriere di protezione e invadono il campo. La Polizia blocca la miniinvasione sul nascere.
La partita si chiude in un clima infernale, sugli spalti si accendono risse. Noi ci sentiamo con un piede (e mezzo) in serie A. Tanta felicità viene scambiata dai tifosi di casa per una presa in giro verso di loro e verso la loro squadra, che oggi non ha affatto demeritato. In realtà, quella Lazio era già molto forte.
Mancavano ancora pochi secondi, gli animi si placarono, c’era da seguire Tutto il Calcio per gli ultimi minuti. La Ternana sta perdendo a Brescia, il Palermo sta battendo il Cesena e il Como sta vincendo a Novara. A 90′ dal termine, la classifica dice: Lazio e Ternana a 48 punti, Palermo a 47, Como a 46.
A fine stagione arriveremo secondi, un punto dopo la Ternana: a Bari noi pareggeremo, la Ternana vincerà la sua ultima partita e si classificherà al primo posto. Quella domenica saremo comunque felicissimi: per il ritorno in Serie A e per Chinaglia, alla sua prima convocazione in Nazionale. Ferruccio Valcareggi, il C.T., lo ha appena convocato. Mai in precedenza era accaduto che un giocatore della Serie B venisse convocato dalla Nazionale maggiore!
Adesso sì che poteva iniziare l’estate! Nell’attesa di poterci cimentare con il Calcio dei grandi, potevamo tranquillamente goderci Musica di qualità stratosferica.
Vi proponiamo la seguente playlist, che corrisponde alla Top 10 dei 45 giri più venduti in Italia sabato 10 giugno 1972.
Cominciamo con il capolavoro che intoniamo ogni volta che la Lazio è di scena all’Olimpico: I giardini di marzo di Lucio Battisti è al primo posto in classifica da diverse settimane, insidiato da Parole parole, cantato da una Mina – in partnership con Alberto Lupo – iconica come non mai.
Al terzo posto Without you, una delle più belle canzoni pop di tutti i tempi. La esegue Harry Nilsson ma non l’ha scritta lui. Without You è una canzone di Pete Ham e Tom Evans, del gruppo Badfinger. La pubblicarono nel 1970. La loro canzone è stata eseguita da oltre 180 artisti e la versione di Harry Nilsson è diventata una super hit internazionale. Pensate che è stata inclusa nella lista delle 500 migliori canzoni di tutti i tempi da Rolling Stone. Paul McCartney una volta l’ha definita la canzone killer di tutti i tempi.
Quarta posizione ancora per Mina con Grande grande grande.
Quinto posto per My world, una delle ultime hit dei Bee Gees prima che passassero al genere disco.
Segue È ancora giorno di un giovanissimo Adriano Pappalardo. Quando si pensa a Pappalardo, lo si associa solitamente a Ricominciamo, un motivo rozzo e vagamente sessista, che nel 1979 ottenne un grande successo. Pochi ricordano questa È ancora giorno che sette anni prima scalò le classifiche dell’hit-parade. Il brano è di gran lunga superiore a Ricominciamo e non poteva che essere così, vista la qualità dei suoi autori: Mogol e Battisti. Andate su Spotify e YouTube e ascoltate questo pezzo accattivante condito da arrangiamenti di alta qualità.
Settimo posto per la scialba How do you do? di Kathy & Gulliver.
Ottava posizione per una delle canzoni italiane più celebri. Stiamo parlando di Montagne verdi, il successo sanremese della giovane cantante Marcella. Ha vent’anni, arriva da Catania, la capigliatura riccioluta le vale il soprannome di Cespuglio. Montagne verdi si piazzerà soltanto settima ma entrerà nel cuore della gente. Più di mezzo milione di copie vendute in tre mesi. Marcella non può esimersi dal cantarla in nessuna partecipazione televisiva. Un successo internazionale. Pensate che – notizia di poche settimane fa – il Bayern Monaco ha scelto la canzone di Marcella per festeggiare i 125 anni di storia del club! Per il nuovo inno è stata scelta come base Montagne verdi. A sorpresa, il ritornello è stato lasciato in italiano e affidato alla voce del tenore Jonas Kaufmann, grande tifoso del Bayern.
Stavamo attraversando una fase di grandi cambiamenti, tante domande, ribellioni, piccole e grandi rivoluzioni. Anche in campo ecologico. La nona posizione è occupata da Adriano Celentano. Al Molleggiato sono stati sufficienti sei giorni per irrompere nella classifica dei dischi più venduti con un 45 dal taglio fortemente ecologista. Con Un albero di trenta piani, il cantante riprende il tema dell’ecologia, attacca la speculazione edilizia e l’inquinamento e, nel finale, se la prende in particolare con il grattacielo Pirelli di Milano, appunto di trenta piani.
Chiude la classifica un’altra pietra miliare della canzone “ribelle” all’italiana. Nei suoi occhi c’è la vita, c’è l’amore – oh oh oh – Nel suo corpo c’è la febbre del dolore -oh oh oh – Sta seguendo una luce che cammina,
Lentamente tanta gente s’avvicina, Jesahel, Jesahel! Alzi la mano chi non ricorda i Delirium! Il gruppo di Ivano Fossati, metà hippy metà prog, che venderà decine e decine di migliaia di dischi nei mesi successivi all’apparizione sanremese. Insieme a Marcella Bella, i Delirium appartengono a questa stagione, hanno colorato le giornate di tanti bambini di allora, che ascoltavano già bella musica e stavano imparando ad amare la Lazio, proprio come il vostro scrittore.
Per oggi è tutto. Speriamo di tornare da Genova con l’intera posta.
Forza Lazio, auguri di buona Pasqua a tutti!
Ugo Pericoli