Quel Derby del marzo ’73, tra Garlaschelli, il signor Panzino, Elton John e Long John

Cari fratelli laziali,

chi non pagherebbe qualcosa di tasca propria pur di vincere il prossimo derby? I derby sono tutti importanti ma il prossimo ha assunto un sapore speciale. Vincerlo vorrebbe dire tante cose. Come buon augurio, per l’amarcord di oggi, abbiamo scelto di ricordare una Lazio che stava studiando per diventare grande. Torneremo indietro fino al 1973, l’anno in cui tantissimi di noi, della nostra generazione, si accorsero che a Roma esisteva anche la Lazio, e scelsero da quale parte stare. 

Bentornati a domenica 11 marzo 1973. Oggi si gioca la 21° giornata del Campionato di Serie A, oggi c’è il Derby!

L’inverno, che sembrava già finito, sta assestando il classico colpo di coda. Tira la tramontana, che non smette un istante, nemmeno al momento del fischio d’inizio, immancabilmente fissato alle ore 14 e 30.

Tommaso Maestrelli ha a disposizione la rosa al completo. Pulici, Facco, Martini, Wilson, Oddi, Nanni, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, Frustalupi e Manservisi.

Sull’altra sponda del Tevere, Helenio Herrera deve sbrogliare un dubbio: Santarini sì – Santarini no? Il difensore lamenta un infortunio già da giorni ma H.H ha chiesto ai medici di provare ad accelerare il recupero. E dunque, alla fine, anche l’esperto Santarini proverà a frenare Chinaglia e Soci.

Questa la Roma: Ginulfi, Morini, Peccenini, Salvori, Bet, Santarini, Liguori, Spadoni, Cappellini, Cordova e Scaratti.

Partiamo bene, nonostante il vento contro. Giochiamo in punta di piedi, temiamo la Roma sotto il profilo psicologico più che sul piano tecnico. Dopo il primo quarto d’ora, in cui ha prevalso un certo equilibrio, riprendiamo consapevolezza della nostra forza, ampiamente dimostrata nelle partite precedenti.

È vero, siamo una neopromossa, ma questa Roma non sembra poi un granché. Sebbene sia effettivamente una “Rometta”, la gerarchia tra le due società si è cristallizzata nel tempo. Nel derby torna a farsi sentire forte.

Come d’incanto, all’improvviso, un’intesa tra Chinaglia e Re Cecconi fa capire che qualcosa sta cambiando. Dallo scambio tra Cecco e Giorgio ne esce fuori un pallone invitantissimo per Manservisi, ma l’ala si smarrisce sul più bello e Ginulfi può parare agevolmente.

Un minuto più tardi, ancora Re Cecconi imbecca nuovamente Manservisi, che cede a Frustalupi, che si porta in zona di tiro. Frusta colpisce forte ma con poca precisione e l’occasione sfuma.

La Roma resta a guardare. Si gioca prevalentemente nella metà giallorossa. Sembrerebbe un tatticismo di H.H, invece no, i romanisti sono quasi alle corde.

Nonostante il pessimismo cosmico che attanaglia da sempre il Laziale, il goal ormai soffia nel vento.

Santarini si trastulla su un pallone a metà campo e non si avvede che Garlaschelli gli sta piombando addosso. Garla gli sfila il pallone dai piedi, passa a Chinaglia che serve Frustalupi; Frusta sta sopraggiungendo, nella sua tipica corsa, coordinata ed elegante.

Passaggio al centro per Garlaschelli, che da pochi metri – di testa – supera Ginulfi. È il minuto 33 e siamo meritatamente passati in vantaggio. Quattro minuti dopo, la Lazio, oggi in formato Cassius Clay, sferra il colpo del K.O.

Nanni avanza sulla destra, lancia un pallone che supera l’infreddolito Cordova; mentre Ginulfi accenna un’uscita, Santarini devia la traiettoria rendendo vano il tuffo del suo portiere. Che autogol ragazzi! Si rientra negli spogliatoi sotto i cori festanti dei Laziali e il silenzio assordante della curva sud.

Si riprende con un cambio, Orazi al posto di Bet.

Herrera ha provato ad alimentare gli attacchi togliendo un difensore. La scelta di H.H comporta un’autentica rivoluzione difensiva dei giallorossi. Attaccano di più loro, ma sono attacchi sterili, scolastici e inefficaci. Dopo venti minuti, Spadoni si beve il goal del possibile 2 a 1 e poco dopo Cappellini riesce a superare Pulici ma la palla colpisce il montante sinistro della porta ricadendo tra le braccia di Felice.

Tutti contenti tranne Chinaglia. Long John avrebbe voluto segnare il suo goal, un regalo “speciale” da dedicare ai .. romanisti! Perché Giorgio Chinaglia non è solo un giocatore che gioca per noi, lui vuole “essere” la Lazio, e per farlo deve diventare l’emblema dell’anti-romanismo.

Fino al 1970 la Lazio era come se non esistesse. In città, i romanisti, in maggioranza numerica, continuavano a smargiassare, ironizzando sulle disgrazie che avevano caratterizzato la seconda metà dei nostri anni Sessanta.

La partita volgeva al desio, le nuvole si diradavano, la tramontana non concedeva tregua, aumentando lo sventolio delle nostre bandiere, rendendolo unico! A cinque minuti dal termine si alzò un coro «Serie B, serie B!». Era indirizzato a chi ci aveva umiliato per troppo tempo. Che bello!

Quella domenica, oltre a puntare a uno Scudetto impossibile, sognammo perfino la retrocessione della Roma boriosa. 

Vincere un derby in questo modo è una sensazione che non dimenticherò mai. Vorrei poterla rivivere un giorno, ed è quel che auguro ai miei fratelli Laziali.

Un’ultima cosa sull’arbitro di questo Derby. Ricordate chi era? Era Francesco Panzino, quello che avrebbe arbitrato Lazio Foggia. Uno di noi, insomma. Si fa presto a chiamarle coincidenze, alcune cose sono scritte nelle stelle.

Tempi indimenticabili, che vivemmo all’inseguimento di una Lazio meravigliosa nel sottofondo di una musica parimenti splendente.

Come sempre, vi proponiamo la classifica del 10 Long Playing più venduti in Italia sabato 10 marzo 1973, il giorno prima del Derby che abbiamo appena rivissuto.

Primo in classifica Lucio Battisti, con Il mio canto libero. Posizione numero 2 per Elton John con Don’t shoot me I’m only the piano player. Il disco è fantastico, al suo interno potete ascoltare Daniel, una delle canzoni più emozionanti di Sir Elton.

Posto numero 3 per Who do we think we are dei Deep Purple. Al numero 4 Mina con 1+1, dalla Bussola -Altro.

Quinta posizione per uno dei dischi più famosi del cantautorato nazionale, Questo piccolo grande amore

di un Claudio Baglioni che ormai insidia Battisti quanto a popolarità tra i giovanissimi.   

La sesta posizione è dei Pooh, che con il nuovo disco Alessandra, si confermano i paladini del genere melodico-disimpegnato, con grande seguito nella provincia italiana.

Decisamente un altro tipo di suono quello all’interno di Caravanserai, che porta Santana al settimo posto in classifica. Ottava posizione per Something to say di Joe Cocker.

Al nono posto, spazio a L’amore di Ornella Vanoni.

In decima, un altro capolavoro, stavolta firmato Banco. Darwin!, del Banco del Mutuo Soccorso, era il secondo album in studio del gruppo. Una produzione forse impensabile oggi, che vale davvero la pena ascoltare e riscoprire. L’album Darwin! è presente alla posizione numero 92 nella classifica dei 100 dischi italiani più belli di sempre, secondo Rolling Stone Italia.

E anche per oggi è tutto. Spero di ritrovarvi sorridenti lunedì mattina! Alla prossima, ancora su Lazialità, per una nuova puntata di Musica&Lazio.

Ugo Pericoli

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