Gol decisivi e trofei storici: Marcelo Salas, ex bomber della Lazio, si è raccontato in un’intervista ai canali ufficiali della società. Dagli inizi in Cile, passando per l’avventura in Argentina e alle vittorie a Roma sponda biancoceleste, l’attaccante ha ripercorso i momenti salienti della sua carriera. Di seguito le sue parole:
Supercoppa Europea: «Il merito è di tutti, non vedevo la coppa da quella vittoria, approfitto per toccarla. Mi fa piacere che la gente ricordi ancora quella vittoria. Quella sera ero arrabbiato per non essere titolare, poi purtroppo per Simone (Inzaghi, ndr) ha avuto un infortunio per un contrasto con Stam. Sono entrato e abbiamo vinto una coppa mai vinta prima qui».
Inizi della carriera: «Quando ho iniziato il mio primo gol è stato con la maglia dell’Universidad de Chile, dove poi abbiamo vinto lo Scudetto dopo 25 anni, così come con la Lazio. Con il River Plate la prima partita è stata contro il Boca Juniors nel derby. Ho segnato il gol del pareggio alla Bombonera. I tifosi del River ricordano quel gol perché era il mio esordio assoluto e nel derby. Ho segnato anche all’esordio in Nazionale cilena, contro l’Argentina. In quella squadra c’erano Simeone, Maradona, Caniggia, tanti campioni. Contro l’Italia nel Mondiale del ’98 è stata una bella partita. Non c’era Nesta, a marcarmi avevano messo Cannavaro. Per me è la partita più importante della mia vita, ho potuto giocare solo quel Mondiale. Avere l’opportunità di giocarlo e segnare due gol all’Italia e poi andare alla Lazio è stata un grande biglietto da visita. Fu Nello Governato a prendermi, prima di una partita a Wembley contro l’Inghilterra. Mi chiese di fare bene perché c’era il Presidente Cragnotti a vedermi, segnai due gol. In quel momento gli U2 stavano suonando in Cile e mostrarono i miei gol sullo schermo».
Stile di gioco: «Ho lasciato qualcosa di importante nel ricordo della gente. Non ero solo un attaccante, potevo fare assist e avviare l’azione. Per me era facile perché ho iniziato come centrocampista, volevo emulare Maradona come tutti i bambini della mia età».
Scudetto: «Nella stagione 98/99 abbiamo perso contro il Milan, avevamo sei o sette punti di vantaggio. Non riuscivamo più a vincere finchè ci hanno superato e vinto lo Scudetto. Abbiamo detto che lo avremmo vinto l’anno dopo, fortunatamente ci siamo riusciti. Dopo la partita con la Reggina ero negli spogliatoi ad ascoltare la radio con gli altri. Aspettavamo finisse la partita di Perugia. Una volta finita siamo rientrati in campo, lo stadio era pieno e la gente era in campo, è stato meraviglioso. Io ero uno dei più giovani, assieme a Stankovic e De la Pena. Io ho sempre ascoltato i più esperti, abbiamo avuto tanti confronti con quelli più grandi, ma quando eravamo in campo giocavamo l’uno per l’altro».
Sven Goran Eriksson: «È stato un grande allenatore per me. Aveva una capacità impressionante per gestire tutti quei campioni. Ci ha fatto vincere tutto quello che abbiamo vinto».
Sinisa Mihajlović : «Mi ha aiutato tanto quando sono arrivato, abbiamo stretto una grande amicizia. Mi ha lasciato qualcosa più degli altri. È stato un guerriero, ha lottato fino all’ultimo. Ha fatto tutto quello che poteva per la nostra maglia, sarà sempre nei miei ricordi e nel mio cuore»
Addio alla Lazio: «Ho vissuto alla Lazio i miei anni migliori, sarei voluto rimanere due anni di più. Quando sono andato via è stato momento giusto, ho avuto dei problemi con Eriksson. Ho parlato molto con Simeone e con Vieri, mi hanno convinto ad andare alla Juventus. Mi aspettavo di tornare dopo, purtroppo per altri problemi sono tornato in Argentina. Mi sono pentito di non essere tornato un paio di anni alla Lazio».
L’emozione più grande con la Lazio: «Lo Scudetto senza dubbio, erano venticinque anni che lo si vinceva. Penso che per tutti i veri laziali quella è stata l’emozione più grande».