Lazio, Candreva: “Mi sono offerto ai biancocelesti. Non è vero che rifiutai la fascia” – AUDIO

Il calcio italiano saluta uno dei protagonisti dell’ultimo decennio. Antonio Candreva dice stop e si ritira. Dopo essersi svincolato in estate al termine dell’esperienza alla Salernitana, l’esterno italiano classe ’87 ha aspettato qualche mese prima di comunicare la decisone. Sono diversi i club in cui Antonio ha lasciato il segno nel corso della sua carriere ventennale. La già citata Salernitana, è solamente l’ultima a livello cronologico, ma prima di essa Candreva ha vestito con grandi risultati anche le maglie di Sampdoria, Inter, Cesena, Parma, Juventus, Livorno, Udinese e Ternana. Dove però il numero 87 si è espresso con più continuità e qualità è a Roma, con la maglia della Lazio. Nella Capitale Candreva, nonostante un inizio difficile, ha lasciato il segno entrando nel cuore di ogni tifoso biancoceleste. Iconico e leggendario, l’assist a Lulic nella finale di Coppa Italia del 26 maggio 2013 contro la Roma. Nel corso della trasmissione odierna di “Quelli che hanno portato il calcio a Roma, in onda sulle frequenze dei 98.100 di RadioseiLazio, Antonio Candreva è intervenuto per salutare tutto il popolo laziale:

RITIRO

«Non volevo lasciare, ma è arrivato il momento. Ho deciso di ritirarmi perché non ho trovato un progetto importate da poter intraprendere. Con il passare dei mesi è arrivato il momento di dire addio. Ci ho messo un po’ di tempo prima di annunciarlo, perché non ero pronto e mi sentivo ancora capace di dare qualcosa. Mi sono anche offerto alla mia squadra, la Lazio, ma nulla di fatto. I biancocelesti stanno facendo un grande percorso, sono contento. Sonno comunque felice per quanto ho fatto. Quando arrivi a un certo punto ti chiedi il perché nessuno ti sceglie ma a 38 anni sono felice di quello che ho fatto. Rimane solo il rammarico perché fisicamente sto bene e avrei potuto continuare».

In maglia Lazio Candreva ha totalizzato 192 presenze con 45 gol e 43 assist, prima di lasciare la Capitale nell’estate del 2016: «La mia intenzione è rimanere nel calcio. Il pallone è la mia vita, non riesco a vedermi lontano. Adesso però cambia tutto, devo ancora ragionare bene. Mi piacerebbe tantissimo fare l’allenatore ma è molto complicato. Il calciatore pensa per se stesso, il mister deve pensare a 25 teste diverse. Un punto di partenza potrebbe essere iniziare con i giovani. Inzaghi per esempio, anche nelle giovanili, ha sempre vinto. Sono contento perché ho realizzato tutto quello che sognavo fin da piccolo, giocando nelle migliori squadre del campionato. Mi dispiace aver giocato in una Lazio ancora in costruzione. Noi abbiamo fatto quattro anni fantastici, perdendo anche due finale. Avrei potuto finire con qualche trofeo in più. Da quando me ne sono andato sono arrivati giocatori importanti, con un club sempre in crescita. Il 26 maggio rimane nella storia di tutti noi».

Uno ma leggendario il trofeo vinto nella Capitale con la Lazio. Candreva è infatti uno dei protagonisti dello storico successo in finale di Coppa Italia contro la Roma. Suo l’assist a Lulic il 26 maggio 2013.

DIA E TCHAOUNA

«Tchaouna e Dia sono due bravissimi ragazzi. Il percorso che ha fatto Dia a Salerno il primo anno è stato fantastico, poi sono successe delle cose con società e procuratore che hanno penalizzano il giocatore. Secondo me è veramente forte, è stato fortunato dopo un anno difficile a finire alla Lazio. Tchaouna è giovane e interessante. Ha potenzialità importanti, deve capire quello che può fare e il ruolo. Ancora a oggi non ha una collocazione in campo dove può esprimere il meglio. Chi mi sta sorprendendo è Isaksen, quando hai un tecnico che ti aiuta cambia tutto».

SULL’ARRIVO A ROMA

«Sono arrivato a Roma da Napoli, mi venne a prendere Manzini alla stazione. Ricordo che stava sentendo RadioseiLazio, con la gente che si lamentava e mi bombardava di insulti: me li ha fatti sentire tutti, questa cosa mi ha fatto bene. Dopo il mio gol a Napoli è cambiato tutto, alla Lazio mi sentivo importante e grande. Come se avessi una corazza, scendevo in campo con una forza disumana».

SULLA MANCATA FASCIA DA CAPITANO

«Fascia da capitano? Si sono dette tante cose, io non ho mai rifiutato l’incarico. Secondo me non è neanche stata una scelta di Pioli darla a Biglia. Ci sono rimasto male e quando mi è stato detto che avrei fatto il vice ho fatto notare che c’era gente che era arrivata a Roma da più tempo di me. Lo spareggio Champions con il Napoli? Mi ricordo solamente la festa a Formello. Quell’anno abbiamo fatto un campionato incredibile, arrivando terzi con altri club grandi rimasti fuori».

L’ex Lazio ha poi concluso: «26 maggio? Abbiamo fatto una settimana a Norcia. Mi ricordo che ero in camera con Marchetti a Formello, siamo andati in giro a parlare perché avevamo una tensione clamorosa. Penso di aver fatto una partita gigantesca. Il fischio finale è stato come una liberazione. I tifosi nel pre-partita ci hanno caricato per bene. Gol più belli? Sicuramente quello nel derby vinto 3-2, poi quello contro il Milan nella stagione 12-13 e quello con l’Empoli nel 2015. Quel giorno l’Olimpico era clamoroso, l’emozione vissuta in quella partita è stata unica. In quella squadra c’era anche un gigante come Klose, persona fantastica e grande professionista. Umilissimo e grandissimo lavoratore. Nel nostro spogliatoio c’erano lui, Zauri, Mauri, Ledesma. Gente così con uno sguardo ti faceva capire quando sbagliavi. Quando cresci con calciatori così ti fa solo bene. Lazio attuale? Baroni è un allenatore che mi ha sorpreso. Non pensavo facesse così bene. Lazio bella e gioiosa, se la gioca con tutti. Ha fatto un percorso bello, adesso è arrivato il momento di spingere sull’acceleratore perché c’è ancora tanto da fare e dimostrare».

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Pensieri e parole di
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