Lazio&Musica – Quella Lazio del febbraio ’80, tra Giordano, The Wall, Maurizio Montesi e i Supertramp

Cari fratelli laziali,

in vista del delicato incontro di lunedì sera, contro un Cagliari che proverà a batterci, vi riportiamo al 24 febbraio ‘80. Cosa stavamo facendo? Era da poco iniziato un anno straordinariamente interessante dal punto di vista storico e politico.

Ricordate quei giorni?

Il 6 gennaio, mentre i bambini stanno trangugiando i dolcetti della Befana, a Palermo viene ucciso Piersanti Mattarella, il fratello maggiore di Sergio, il nostro Presidente della Repubblica. È stata la Mafia: Piersanti Mattarella è il presidente democristiano della Regione Siciliana e sta tentando di costituire una giunta con la partecipazione del PCI. In America, il 20 gennaio, il presidente USA Jimmy Carter ha annunciato il boicottaggio alle Olimpiadi di Mosca e due giorni più tardi, il 22 gennaio, in Unione Sovietica, Andrei Sacharov viene esiliato a Gor’kij.

Cambiamo decisamente mood e trasferiamoci a Sanremo, dove il 9 febbraio Toto Cutugno vince il XXX Festival della canzone italiana. Ma in Italia non sono solo canzonette, perché 12 febbraio, a Roma, viene tragicamente ucciso anche Vittorio Bachelet. È il vicepresidente del CSM e un docente universitario. Mentre sta entrando in Facoltà, viene assassinato dalle Brigate Rosse all’interno dell’università, all’inizio della scalinata di collegamento tra la facoltà di Scienze Politiche e quella di Giurisprudenza.

Negli USA, il 13 febbraio, e precisamente a Lake Placid, si aprono i XIII Giochi olimpici invernali.

E noi? Per noi Laziali è un tempo di mezzo. Non siamo ancora negli Anni Ottanta ma nemmeno nei Settanta. Stiamo assistendo all’ultimo campionato senza “gli stranieri” e anche all’ultimo senza sponsor sulle maglie.

Quando guardiamo la Lazio alla televisione, soprattutto quando gioca in trasferta, abbiamo la sensazione che i nostri giochino in modo ambiguo. A volte, i giocatori sembrano trotterellare. C’è sufficienza, c’è mancanza di continuità. Intendiamoci, non che la stagione precedente sia stata molto diversa, ma almeno fino ad aprile eravamo stati in corsa per un posto in coppa Uefa. Avete presente un’automobile che cammina col freno a mano tirato? Ecco, l’immagine della Lazio del Campionato di Serie A 1979-80 è esattamente questa.

E siamo arrivati a quella domenica del 24 febbraio. Siamo a Cagliari, per la ventunesima giornata. I sardi sono allenati da Bruno Tiddia, che ha scelto Corti, Lamagni, Longobucco, Casagrande, Canestrari, Roffi, Bellini, Quagliozzi, Selvaggi, Marchetti e Briaschi.

Bob Lovati ha quasi tutti arruolabili: Cacciatori, Tassotti, Citterio, Wilson, Manfredonia, Zucchini, Manzoni, Montesi, Giordano, D’Amico e Viola. In panchina vanno Avagliano, Garlaschelli e Pighin.

Dopo cento secondi, si mette subito male, quando il giovane Briaschi parte in contropiede, eludendo la guardia di Manfredonia e di Tassotti, e porta in vantaggio i suoi. Siamo rimasti imbambolati, fermi sulle gambe. E dire che a loro mancano due monumenti come Brugnera e Piras! C’è un vento impetuoso, che sembra voglia spazzar via non solo lo stadio ma la Sardegna tutta. Il terreno di gioco sembra un campo di patate. La nostra maglia numero 8 quest’anno appartiene a Maurizio Montesi. È molto diverso dagli ultimi due che l’hanno indossata, l’indimenticabile Cecco e poi Andrea Agostinelli, che con il suo caschetto d’oro,negli ultimi tre anni, è stato l’idolo di tante ragazzine. Il suo successore non potrebbe avere look più diverso! Capelli scuri, volto scavato, barba di tre giorni e baffi neri, Maurizio Montesi sembra un chitarrista folk che è rientrato tardi la sera prima. Ricorda Stefano Rosso, quello della “storia disonesta e lo spinello”.

Fino a qui, Montesi è sempre stato tra i migliori, per serietà e impegno. Al quarto d’ora del primo tempo, nel tentativo di recuperare un pallone a centrocampo, si protende in un inutile tackle su Bellini. Il sardo è in netto vantaggio, Montesi ha valutato male l’intervento e non riesce a rallentare la  corsa, sta viaggiando a cento all’ora verso l’avversario. L’impatto è inevitabile e sarà più che nefasto: frattura di tibia e perone della gamba destra, stagione finita. Entra in campo Garlaschelli. Con D’Amico e Wilson, sono i tre superstiti della Banda Maestrelli.

Ritroviamo il nostro assetto, Viola e D’Amico sono ben supportati da Mauro Manzoni, un altro “quasi” esordiente. Il Cagliari è calato, ma riesce comunque a rientrare negli spogliatoi in vantaggio.

Nella ripresa partiamo in attacco. Il Cagliari gioca in contropiede, restano tutti indietro a difesa della porta di Corti.

Giordano è reduce da una tonsillite. Solo trentasei ore prima aveva 39 di febbre, oggi è il più in forma dei Laziali. È molto magro ma decisamente tonico. Nelle movenze, quando avanza palla al piede, con il busto spostato all’indietro, ricorda Cruijff.

Non abbiamo giocato bene, sul divano, a casa, abbiamo perso le speranze un po’tutti. Che dice Teleroma 56? Stanno dicendo che Giordano sembra voglia dribblare mezzo Cagliari. Che si sposta lungo la fascia destra del campo, e improvvisamente converge al centro, per entrare in area di rigore. È il 33′ della ripresa, Bruno effettua un dribbling splendido ma si è allungato troppo il pallone. Corti è uscito per chiudergli lo specchio. Giordano, quasi da fondo campo, infila la porta dei sardi con un rasoterra lungolinea sul secondo palo, ingannando Corti che aveva chiuso il palo più vicino.

A sera, riguardando la prodezza di Giordano alla Domenica Sportiva, sognammo di risalire la corrente, battere la Roma al Derby e piazzarci al quinto posto. Erano solo sogni, nella realtà avevamo perso uno come Maurizio Montesi. Chi si ricorda di questo antidivo dai baffetti rétro, della sua concezione del calcio, dei suoi comportamenti così tanto distanti da come ci immaginiamo debba essere uno che sta sull’album delle figurine Panini?   

Personalmente, non ricordo mai volentieri la Lazio del campionato 1979-80. Il motivo è facilmente intuibile. Avevo sedici anni, quella Lazio mi fece ammattire per quasi tutta la stagione. Poi mi fece disperare, un triste giorno di inizio estate. Come contraltare, benevolo e salvifico, mi veniva incontro la Musica. Guardate la classifica dei 33 giri più venduti il giorno prima di quel Cagliari Lazio.

Credo si tratti di una delle migliori playlist dell’intero decennio. Tenete presente che il 1980 è l’ultimo anno dei favolosi Settanta e che tantissimi dischi appartengono al 1979. Proprio come il primo in classifica, il doppio album The wall, che i Pink Floyd composero in due fasi distinte e separate, il primo disco in Inghilterra e il secondo a Los Angeles, California.

Seguivano Innamorarsi alla mia età di Julio Iglesias egli inevitabili Pooh conViva. E poi ancora Attila, di una Mina versione superstar. Quinta posizione per Buona domenica di Antonello Venditti, a seguire Viva l’Italia di Francesco De Gregori. Poi il divino, il lucente Lucio Battisti e la sua Una giornata uggiosa. In ottava posizione, incontriamo uno degli album più belli del Pop, un capolavoro di musica splendidamente rinchiusa in una copertina indimenticabile, una delle più belle della storia del rock! Stiamo parlando di Breakfast in America dei Supertramp.

Credetemi, gli anni Settanta sono stati il decennio rock per antonomasia. Per questo sostengo che la Lazio di Tommaso Maestrelli sia stata la squadra più rock che sia mai esistita. Torniamo alla classifica, che si conclude con Robinson – come salvarsi la vita di Roberto Vecchioni e con Banana Republic di Lucio Dalla & Francesco De Gregori, di cui vi ho già parlato in qualche occasione. Ma non è colpa mia se i due cantautori, con il loro disco monumentale, rimasero in classifica per circa nove mesi.

A Cagliari sarà nuovamente una partita decisiva. Coppe incluse, temo che d’ora in avanti sarà così sempre, fino all’ultima giornata.

Forza Lazio!
Ugo Pericoli

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