Cari fratelli laziali,
sperando di ricuperare in fretta gli infortunati e di ritornare ad essere più precisi sotto porta, vi portiamo ad un vecchio Verona Lazio, nel cuore di un campionato ancora autarchico, che avrebbe fatto da apripista al Mondiale di Argentina ‘78.
Siamo a Verona, è il 5 febbraio ’78, siamo alla II giornata del girone di ritorno del Campionato di Serie A.
La settimana precedente è andato in onda il Festival di Sanremo, all’epoca coperto dalla Rai solo per tre serate. C’è clima e aria di contestazione, sono tempi difficili e molto politicizzati. I cantautori hanno disertato ogni invito e l’organizzazione ha lasciato il campo ad un gran numero di esordienti assoluti. Partita in sordina, si rivelerà una delle edizioni migliori di sempre. Questa sarà la classifica finale:
1º Matia Bazar con …e dirsi ciao
2º Anna Oxa con Un’emozione da poco
3º Rino Gaetano con Gianna
4º Ciro Sebastianelli con Il buio e tu
5º Anselmo Genovese con Tu sola
6º Santino Rocchetti con Armonia e poesia
7º Schola Cantorum con Il mio amore
8º Laura Luca con Domani domani
9º Daniel Sentacruz Ensemble con 1/2 notte
Alle prime tre posizioni abbiamo incontrato tre mostri sacri della canzone italiana ma per il momento torniamo alla Lazio. Quell’anno, siamo un disastro quando giochiamo lontano dall’Olimpico. Ferruccio Valcareggi questo lo sa bene e infatti ha schierato una squadra tutta d’attacco, con l’obiettivo di metterci subito in difficoltà. Sono le 14:30 quando Superchi, Logozzo, Franzot, Busatta, Bachlechner, Negrisolo, Trevisanello, Mascetti, Gori, Maddè e Luppi sfilano sotto lo sguardo severo del signor Bergamo.
Poi tocca agli uomini di Luis Vinicio. Il campionato della sua Lazio sembra un inno alla contraddizione.
Nel giro di quaranta giorni, siamo stati capaci di farne tre alla Juventus e di prenderne sei dal Lens.
Della formazione che ha rimediato sei sberle dai francesi manca solo D’amico, afflitto dai suoi cronici malanni al ginocchio. Ecco la Lazio: Garella, Pighin, Ghedin, Wilson, Manfredonia, Cordova, Garlaschelli, Agostinelli, Giordano, Lopez e Badiani.
Il Verona parte all’attacco ma le sue azioni risultano molto frammentate. Al 21’ si fa male anche Manfredonia. Il dottor Ziaco segnala che c’è bisogno di un cambio ma in panchina non abbiamo una grandissima scelta, se si prescinde da un primavera assai promettente, che divide il suo tempo tra Tor di Quinto e la Facoltà di Giurisprudenza della Sapienza. È iscritto al primo anno, Carletto Perrone non se l’aspetta proprio. E invece oggi tocca a lui. Entra in campo e dopo soli tre minuti, l’ex romanista Negrisolo porta in avanti gli Scaligeri. È il 24’, un boato scuote il Bentegodi.
Non vediamo un tiro in porta nemmeno a pagarlo oro, il Verona domina. Si arriva al 46’, quando Gori scocca un bolide che lascia Garella di sale. Che dire del Garella di quel giorno? In altri club vincerà titoli e avrà molti onori. Purtroppo per noi, quel pomeriggio non possiamo che ricordarlo perso nei suoi improbabili capelli da paggio, che lo rendevano simile a Caio, il goffo personaggio della Spada nella Roccia di Walt Disney. Perché il Verona tirò solo due volte e – puntualmente – arrivarono altrettante “garellate”.
Vinicio si precipita negli spogliatoi, si spara due sigarette di fila e guarda i suoi con occhi iniettati di veleno. Il rimprovero è uno soltanto: “Non un tiro, nemmeno uno”.
Secondo tempo. Ci si aspetta molto da una Lazio che nel primo tempo non è praticamente scesa in campo. Macché. Non succede nulla. Siamo arrivati al 60’, lo stadio veronese inizia a sbeffeggiarci. Olè, Olè, durante uno di questi “torelli”, Maddè scivola goffamente a terra, liberando Giordano. Bruno ci mette otto secondi per coordinarsi ed effettuare il suo primo tiro in porta: 2 a 1.
Trascorrono cinque minuti, Wilson stende Gori. Rigore sacrosanto, per tutti ma non per il signor Bergamo. Come spesso accade, il regalo dell’arbitro muta gli equilibri. Il Verona, dal mancato rigore e dal possibile 3 a 1, arretra il suo baricentro. All’ultimo minuto c’è un cross di Lopez. Dovrebbe essere l’ultima possibilità. Superchi esce in presa alta, poi decide di non trattenere. Ne nasce una deviazione, con il pallone che giunge a Cordova. Lui tira, come peggio non si potrebbe. Superchi stavolta è pronto, potrebbe afferrare facilmente quel pallone abbastanza innocuo. Invece Negrisolo lo anticipa, saltando prima di lui, facendoci pareggiare la partita all’ultimo secondo. Il suo colpo di testa si trasforma in un regalo clamoroso, perché non saremmo riusciti a pareggiare nemmeno se la partita fosse durata fino a notte.
Vi abbiamo raccontato di una Lazio che definire bruttina equivale a farle un complimento. Quanto alla musica più ascoltata di quel giorno, il sabato prima di questo Verona Lazio, la Top10 del 4 febbraio ’78 non includeva ancora nessun brano trionfatore di Sanremo. Al primo posto però incontravamo i Matia Bazar con Solo tu, una super-canzone che è arrivata intatta ai nostri giorni in tutta la sua bellezza. Al secondo posto Queen of Chinatown della sopravvalutata Amanda Lear, quindi l’esotica Moonflower di Santana. Quarta posizione per Love me baby di Sheila & B.Devotion. Poi, la tragica Isotta di Pippo Franco, residuato della Lotteria Italia. Musica nuova in sesta posizione con laSamarcandadi Roberto Vecchioni. Largo al fascino androgino-warholiano di Grace Jones con La vie en rose, remake del vecchissimo successo di Édith Piaf risalente al 1946. Seguono i Pooh con Dammi solo un minuto e poi largo all’energia dei D.D.Sound con 1,2,3,4 gimme some more. Chiude la classifica Enzo Jannacci con la struggente Secondo te.
Vi invitiamo a riascoltare questo pezzo. È stato dimenticato troppo presto e vale la pena riscoprirlo. Jannacci lo incise alla Ricordi di Milano nell’ottobre del ’77. La copertina, di Bruno Bozzetto, è un’immagine tratta dal cartone animato che lo stesso Bozzetto aveva realizzato per la sigla del programma Secondo voi, condotto da Pippo Baudo, che era la canzone che dà il titolo a questo disco. Fu proprio Baudo a chiedere a Jannacci di comporre la sigla. Ascoltandola, scoprirete il sapore di quegli anni, in cui si usciva poco la sera, per paura, per mancanza di soldi, e la Televisione faceva da focolare nelle famiglie degli italiani, e il campionato di Calcio era un’irrinunciabile messa laica.
Domenica sera sarà una partitaccia, inutile girarci intorno. Speriamo di invertire il trend.
Forza Lazio!
Ugo Pericoli