“Caro Guido, un mio pensiero per il nostro compleanno…” Di Giampiero Giuffrè

Ogni anno è sempre più difficile.
Raccontare la passione per la propria squadra del cuore, tracciarne i contorni attraverso le emozioni e la storia, ricordandone aneddoti, emblemi, eroi e vittorie, senza tralasciare i momenti difficili, le sconfitte, le rovinose cadute seguite poi da rinascite fragorose e così via, senza cadere nella retorica, nel già detto, nell’iperbole o nella metafora più scontata, non è semplice.
E allora stavolta mi limiterò a parlarvi di una bandiera che sta lì, arrotolata, in un vaso vicino alla porta d’ingresso.
A guardarla bene sembra quasi uno straccetto, tutta lisa e scolorita; il celeste ha ormai virato sul violaceo, il bianco si è ingiallito ed ho quasi paura, ogni volta, a spiegarla, quasi potesse polverizzarsi tra le mie mani, come quei documenti preziosi e antichissimi che riportati alla luce ne soffrono irrimediabilmente il calore; forse, proprio come avviene con le vecchie pergamene, andrebbe conservata con maggiore cura, magari dentro una teca…
Ma quella bandiera non è un semplice pezzo di stoffa, non è un foglio di carta, non è un oggetto: quella bandiera è il sogno di un bambino di vedere la sua squadra, un giorno, vincere qualcosa da aggiungere a quell’unica Coppa Italia che c’è disegnata sopra, è la gioia di un padre che tutti i giorni ti prende per mano o che ti spinge dietro la schiena in bicicletta e ti porta a Tor di Quinto. E’ l’allegria “stappata” nel 74’, è il fazzoletto con il quale abbiamo asciugato le lacrime, troppe, per i “nostri” morti, è lo sventolio festoso al gol di Nesta sotto la Nord, al tre mostrato dal Cholo a Torino, alla testa insanguinata di Bobo che insacca il vantaggio a Birmingham, è l’ombrello sotto il quale ripararsi dalla benefica pioggia di Perugia, è l’insegna del 26 maggio…
E allora continuerò a tenerla lì, pronta ad essere aperta solo e soltanto per le grandi occasioni, quando la presenza non basta, ma ci vuole anche la dimostrazione di un’appartenenza più antica, che affonda le proprie radici nel passato ma guarda ancora con fiducia verso il futuro, da 125 anni a questa parte.
E così continuerà ad essere, da nonno a nipote, di padre in figlio, senza timore alcuno, perché le spalle più larghe di noi non ce l’ha nessuno in questo fottutissimo mondo del pallone che seguitiamo e seguiteremo sempre ad amare, come la nostra sola ed unica grande Lazio!

Giampiero Giuffrè

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