Lazio&Musica, Quel derby “fichissimo”, tra Aldo Nicoli e i Bee Gees

Cari fratelli Laziali, buon anno!

Ancora qualche ora e sarà Derby. È un’attesa snervante! Andiamo a distrarci un po’.. torniamo a domenica 18 marzo ’79!

Voi cosa stavate facendo?

La mattina, io mi stavo preparando per andare al Derby ascoltando Born to be alive di Patrick Hernandez. Ve la ricordate? Lui era fichissimo, l’avevo scoperto a Discoring e l’avevo trovato davvero divertente. Mi ricordava molto Kevin Keegan, il riccioluto centravanti del Liverpool. Lo avevo visto in tv a Eurogol, e lo conoscevo già perché era apparso in molte foto del Guerin Sportivo.

Verso le 11:30 mia madre mi consegna le tre rosette d’ordinanza, frittata – salame – cotto/ mozzarella, la mia classica razione-stadio. Metto tutto nella tolfa, pure due lattine di Coca. Prendo bandiera sciarpa e cappellino e via. Salgo sul 913, scendo al Don Orione. Poi, sotto un cielo dal colore indefinito ma ricolmo di nuvole basse, passeggio fino ai cancelli verdi della Curva Nord.

Entro, lo stadio è ancora semivuoto, le curve invece sono già strapiene. Panino dopo panino, lo stadio arriva a riempirsi, e alle 14:30 è gremito di 75.000 spettatori.

Questo Derby me lo ricordo benissimo, perché fu la prima volta in cui andai a mettermi in mezzo agli Eagles Supporters.

Durante la settimana, ho cullato un sogno proibito: poter (contribuire a) mandare la Roma in Serie B.

Verso le 13:15 viene issato uno striscione rettangolare sul tabellone della Nord, fino a coprirlo quasi del tutto. C’è scritto “Ve mannamo in B“. La lettera B è verniciata mezza gialla e mezza rossa.

Credo sia stata la prima coreografia-derby del calcio “contemporaneo”

Quella scritta beffarda, che emergeva dalla Nord, portava lo scompiglio a tutto lo skyline retrostante, dal verde dei pini della Farnesina fino ai marmi, candidi e immacolati, del monolite del Ministero degli Esteri. Era una trovata grafica eccezionale, almeno per quei tempi. Una scritta così grossa non poteva non essere notata dai ventidue calciatori che sarebbero scesi in campo.

La Roma si presenta con Paolo Conti, Maggiora, Rocca, Boni, Peccenini, Spinosi, De Nadai, Di Bartolomei, Pruzzo, De Sisti e Ugolotti. Hanno cambiato allenatore in autunno. In piena crisi di risultati, Gustavo Giagnoni è stato esonerato, e al suo posto è stato chiamato l’ex c.t della Nazionale, Ferruccio Valcareggi.

Anche Bob Lovati ha notato la scritta ma non si scompone più di tanto. Mantiene il suo aplomb mentre si accomoda in panchina, lasciando scivolare il suo trench con un’impercettibile inclinazione delle spalle.  L’arbitro, Gino Menicucci da Firenze, conta uno ad uno anche i nostri: Cacciatori, Tassotti, Martini, Wilson, Manfredonia, Cordova, Cantarutti, Viola, Giordano, Nicoli e D’Amico.

Il Derby inizia con i giallorossi avanti a testa bassa. Noi ci sistemiamo in difesa, meglio farli sfogare, poi ci penseranno D’Amico, oppure Giordano. Nei primi minuti vediamo giocare solo la Roma, con la foga (e con l’affanno) di chi vede il baratro dietro l’angolo. Al 17′, i romanisti raccolgono il frutto di questo impeto. Martini atterra Di Bartolomei sulla destra, una trentina di metri dalla porta. Ago si rialza e prende la mira.

Al fischio di Menicucci, Di Bartolomei scaglia una delle sue tipiche sassate, che carambola sul polpaccio esterno di Cordova, cambiando la traiettoria sulla quale Cacciatori aveva impostato l’uscita. Portiere spiazzato e 1 a 0 per la Roma.

Sulle ali dell’entusiasmo, i giallorossi aumentano la pressione. Gli Eagles più anziani ci invitano a cantare con maggiore forza e io già tremo all’idea di non riuscire a sopportare il ritorno a scuola all’indomani, sconfitto e pure svociato.

Mentre tutti cantano, io faccio solo finta, osservo Lovati alzarsi dalla panchina. Sta dando indicazioni alla Lazio, davvero irriconoscibile e abulica. Nessuno ci fa caso, presi come sono dall’ordalico tripudio romanista che sta monopolizzato il momento. In Nord è sceso un silenzio orrendo, i tifosi biancazzurri si guardano allibiti. Nel mio profondo temo la goleada mentre qualcuno prova a rimuovere lo striscione dal tabellone, che in quel momento risuona come un mezzo autogol. Ma al 30′, all’improvviso, ci svegliamo. Punizione dalla sinistra battuta da D’Amico, Wilson effettua una girata al volo, palla sulla traversa. La Sud ammutolisce di colpo.

Quattro minuti più tardi sarà però Rocca Kawasaki ad impegnare severamente Cacciatori.

Giordano è sempre troppo solo! Viola sembra l’unico in grado di leggerne gli intenti, mentre D’Amico appare un po’ sulle gambe. Dall’altra parte, Ugolotti svirgola malamente un invitante assist di Di Bartolomei.

Alla mezz’ora, Giordano, su passaggio di D’Amico, tenta una delle sue giocate alla Cruyff, svariando da sinistra al centro, ma una volta libero per tirare, incrocia nuovamente i difensori romanisti; e allora deve ricominciare daccapo, andando ulteriormente all’esterno. Finalmente riesce a far partire una freccia. È un diagonale violentissimo che si stampa sul palo. E due! Oggi non è giornata. Paolo Conti è pietrificato, e anche la Sud. Al 44’, osserviamo il pallone ballonzolare dalle parti di Cordova. Lui controlla bene ma tira come farebbe un principiante, sbagliando la facile rete del pari, fra la rabbia di tutti noi, innamorati di Lazio, che malediciamo quel giorno che l’abbiamo fatto venire a giocare con noi. Il primo tempo finisce così.

Nel frattempo, io ho terminato la mia seconda e ultima lattina di Coca. Mi fanno capire che devo rimettermi a cantare e al pensiero ho già la gola secca. La ripresa inizia con un missile di Loris Boni, che Cacciatori devia   in angolo. Replichiamo con Giordano, che soffia la palla a Ugolotti e indirizza di poco a lato. Ancora la Roma, in avanti, al 57′ con Rocca che passa a De Nadai, il cui tiro ravvicinato è deviato da Cacciatori in bello stile. Un minuto dopo arriva il pareggio! Vincenzino D’Amico sta attraversando un periodo “sottiletta”, è smilzo come un grissino, salta agevolmente due avversari e passa la palla a Viola. Nando, bravissimo, si beve due difensori e tira forte, molto forte. Il pallone impatta su De Sisti e va a gonfiare la rete della Nord. Tutti esplodiamo in un boato di sollievo. Avevamo colpito due pali, ma obiettivamente la Roma aveva giocato meglio di noi.

Proviamo a prendere il possesso del gioco, ma nessuno tra i 22 in campo sembra avere il coraggio e la forza per tentare un vero e proprio affondo. Con le squadre iper-abbottonate, si arriva all’88’.

Mentre sull’Olimpico stanno scendendo le prime ombre della sera, Vincenzo D’Amico avanza sornione, quasi ondeggiando, alla ricerca di un varco. È talmente smilzo da sembrare un ballerino. Dopo qualche passo di salsa, finalmente decide per il tiro. Quel che ne esce, è una serie di rimbalzi imprevedibili, come se l’area di rigore fosse diventata il perimetro di un flipper: il pallone impatta su Peccenini, per poi procedere nel suo vagare incerto verso Nicoli. È un lungo, lunghissimo istante, Aldo Nicoli, fino a quel momento abbastanza impalpabile, comprende che è venuto il suo momento. È in caduta, anzi, è già disteso a terra nei pressi del dischetto del rigore. Con una semi-rovesciata, Nicoli realizza indisturbato il gol del pari, quasi a porta vuota, perché portiere e difensori romanisti avevano concentrato tutte le attenzioni su Giordano.

La Nord esplode come una Santabarbara. Eravamo in estasi e increduli. I romanisti iniziarono a lasciare lo stadio ma qualcuno, nella Sud, non trovò nulla di meglio da fare che appiccare fuoco alle verdi panchine di legno. La delusione fa fare cose strane. A loro, li aveva trasformati in piromani. Noi intonammo un coro, che ricordo come fosse ieri, “E nun ce vonno sta’- e nun ce vonno sta’“.

Mi era di colpo ritornata la voce e cantai insieme agli altri ancora e ancora. Che goduria!

Ma la partita non è ancora finita: Bob richiama D’Amico per far entrare Ammoniaci e guadagnare tempo. Va a capire che è successo, passano cinque secondi, e il serafico Ammoniaci viene espulso. Pare si sia trattato del rosso più veloce della storia del Derby.

All’ultimo assalto, a tempo scaduto, la Roma reclama un rigore. Forse Cordova lo fa apposta a colpire di mano l’innocuo cross di De Sisti. Vorrebbe far pareggiare la sua Roma. Gli andrà male, perché Menicucci fischia la fine. Vincemmo un Derby “fichissimo”, con i nostri che si avvicinarono sotto la Nord. Scorgemmo il sorriso timido di Aldo Nicoli, “strapazzato” da Giordano, che lo scuoteva, come a volergli dire “il merito è tutto tuo “. Tornammo a casa e accendemmo 90° Minuto. Che classifica! Noi in zona UEFA, la Roma verso la serie B.   

Trascorremmo una settimana indimenticabile accompagnata da una musica semplicemente fantastica.

Date un’occhiata all’Hit Parade del 17 Marzo ’79:

Oltre alla Born to be alive di Patrick Hernandez, incontravamo Mi scappa la pipi’ papa’ di Pippo Franco. Che volete farci, ognuno ha le proprie perversioni. Comunque, c’è da dire che Pippo Franco, all’epoca, vendeva centinaia di migliaia di dischi. Poi, in terza e quarta posizione, i Bee Gees, prima con Tragedy e poi con Too much heaven; quinta posizione per Julio Iglesias con Pensami, poi Le freak degli Chic. E poi lui, Rod Stewart, con l’irresistibile Da ya think I’m sexy. Un minuto di silenzio per ricordare Capito? dei Gatti di Vicolo Miracoli. Nona posizione per E io canto, del grande Riccardo Cocciante e decimo posto per E tu come stai? di Claudio Baglioni, in classifica da svariate settimane con questa canzone che ha attraversato quattro generazioni. Sì, questa è una super playlist!

Nei giorni successivi mi trovavo a passare per Viale delle Milizie. Non lontano dalla storica sede dei cari vecchi Eagles Supporters, qualcuno aveva tracciato con lo spray una piccola scritta: “Grazie Nicoli”.

Rimase lì a lungo e non venne mai rimossa, nemmeno da mano romanista. Restò su quel palazzo di Viale delle Milizie, sbiadendo anno dopo anno, diventando quasi invisibile, fino a quando il palazzo, agli inizi degli anni Novanta, non venne ripitturato a seguito di un restauro condominiale.

Detesto le scritte sui muri, non si fanno, sono una forma di vandalismo da condannare sempre e comunque. Però, un nuovo adesivo da dedicare all’eroe di questo Derby, spero abbia i colori biancoazzurri.

Forza Lazio!

Ugo Pericoli      

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