Oggi è il 16 dicembre ed è il giorno di Lazio Inter. Abbiamo trascorso il fine settimana guardando le partite degli altri eadesso – finalmente – è arrivato il nostro turno.
Perché si respira un’aria nuova intorno a questa Lazio. C’è una frenesia, un senso di attesa, per un qualcosa di abbastanza impronunciabile, che non abbiamo il coraggio di scrivere.
Ma oggi, indipendentemente dalla partita, è anche un giorno particolare per il tifoso laziale. Perché in questa data, negli ultimi anni, ci hanno salutato due giocatori simbolo, icone di Lazialità, autentici portabandiera di tutte le Lazio di tutte le epoche.
Felice Pulici e Sinisa Mihajlovic decisero di salutarci nello stesso giorno. Vorremmo ricordarli, qui sulle nostre pagine di Lazialità, cercando di far emergere quei tratti che, più o meno inconsapevolmente, i due avevano in comune.
Felice era nato a Sovico, nel cuore della Brianza, il 22 dicembre 1945. Come tutti i bambini della sua generazione, il fatto di essere nato alla fine della Seconda Guerra mondiale ne ha definito il carattere. Forza, serietà, affidabilità, educazione, signorilità, sono state le caratteristiche fondamentali che lo hanno fatto diventare uno dei più amati giocatori della Lazio.
Nelle sue mani passò il primo scudetto, un’epoca molto più lontana di quanto non dicano i cinquant’anni di età di quell’avventura così esaltante. Nel campionato del 1973-74, Felice risultò sempre tra i migliori ma quella Lazio era talmente forte che forse certe partite le avrebbe vinte anche senza le sue belle parate. I problemi arrivarono in seguito, quando la Lazio era diventata la squadra da battere, passandoda simpatica ad antipatica nel rapido volgere di una stagione.
Fu in quel periodo che Felice mostrò di avere doti tecniche eccezionali. In particolare, durante un derby, di lui si disse che avrebbe parato anche l’aria. Era il 28 novembre del ’76.Ricorderete certamente Nils Liedholm, la sua pacatezza nelmantenere la misura nei giudizi, sempre puntuali e mai banali. Ebbene, al termine di quel derby, Nils definì Felice Pulici il”portiere perfetto”, aggiungendo anche un’inconsueta nota di colore. Lo definì un “mostro”.
Noi sappiamo che Felice, oltre che un grande campione, era una persona speciale. A fine partita, gli dissero che Tommaso Maestrelli, fiaccato dal male che lo aveva aggredito, non ce l’aveva fatta a recarsi allo stadio per vedere i suoi ragazzi al derby. Felice scoppiò a piangere nel bel mezzo dell’intervista. Maestrelli ci avrebbe salutato per sempre solo quattro giornipiù tardi. A noi innamorati di Lazio, questo episodio vale più delle tante belle parate che mise in mostra durante la militanza nel nostro Sodalizio.
“Io sono nato a Vukovar, i croati erano maggioranza, noi serbi minoranza. Nel 1991 c’era la caccia al serbo: gente che per anni aveva vissuto insieme, da un giorno all’altro si sparava addosso”.
Con queste parole Sinisa Mihajlovic raccontava sé stessodurante le interviste. Preferiva non parlare di calcio ma dare voce alla sua gente, che aveva visto soffrire ingiustamente. Ci raccontò delle bombe sugli ospedali, sui tetti delle scuole.
Diceva che nel suo Paese non dovevi essere forte per scelta ma per obbligo.
Sinisa era nato esattamente sul punto di confine serbo-croato, il 20 febbraio del ’69, a Vukovar, Croazia, nell’allora Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia.
Era il “sinisa” di un camionista serbo e di una casalinga croata. Dovete sapere che “sinisa” significa “primo figlio maschio”. Sinisa iniziò a tirare i primi calci nella squadra del Borovo, un sobborgo a 8 km dal centro di Vukovar. Semprenelle file del Borovo, il “nostro” Sinisa avrebbe fatto il suo esordio in Druga Liga, la serie B del campionato jugoslavo di calcio. Esattamente dieci anni più tardi, Sinisa sarebbe diventato campione nazionale, europeo e intercontinentale con la Stella Rossa di Belgrado. Per poi, sempre nello stesso periodo, fuggire per sempre dalla sua città. Siamo nel 1991 eBorovo, che si trova proprio sul punto di confine, diventa il teatro di un episodio sanguinoso, considerato una delle micce della Guerra nei Balcani.
Al termine della guerra Sinisa arriverà in Italia. Soprattutto arriverà da noi.
Un giorno, ai tempi della Stella Rossa, segnò un gol su calcio di punizione da ben 65 metri! La settimana successiva si presentarono al campo di allenamento due signori, armati distrani strumenti di misurazione. Sinisa al tempo non aveva ben compreso, ma si trattava del Dipartimento di Fisica dell’Università di Belgrado. Erano andati al campo della Stella Rossa per studiare i suoi tiri, che sembravano voler sfidare le regole della balistica. Gli strumenti stimarono una velocità di 165 km/h.
Manca ormai pochissimo a questo Lazio Inter, che non possiamo definire una partita “normale”, che si svolgerà in un giorno molto particolare, per tutti noi, innamorati di Lazio.
Guarderemo i tabelloni dell’Olimpico e poi ancora, molto più Su.
E intoneremo, ancora una volta, “PU-PU-PULICI” e anche “e se tira Sinisa, e se tira Sinisa, e se tira Sinisa è gol”
Siete sempre con noi cari Felice e Sinisa. Non vi dimenticheremo mai.
Ugo Pericoli