Autore del libro «1-0 Calori. Perugia-Juventus, apoteosi del calcio italiano», Paolo Ortelli è intervenuto in esclusiva ai microfoni di Lazialità per parlare di questo progetto. Di seguito le sue parole:
“Il libro nasce essenzialmente perché, da tifoso di calcio all’epoca adolescente, quello è un episodio che mi ha segnato in positivo. È stata leggendario, Calori era il mio giocatore preferito, il mio mito, in quanto capitano della grande Udinese allenata da Zaccheroni, che per la prima volta approdava in Europa. Io tifavo Udinese e lui assieme a Bierhoff era il mio riferimento, un grande capitano, uno che oltre alle sue capacità in campo, sapeva dare qualcosa in più ai compagni. I miei amici a scuola mi prendevano anche un po’ in giro per questa ragione, in particolare gli Juventini.
Anche quando è andato via da Udine ed è approdato a Perugia è rimasto il mio giocatore preferito, quindi la settimana precedente al 14 maggio, che era stata riscaldata dalle polemiche per il gol annullato a Cannavaro con il Parma, prendevo in giro i miei compagni Juventini dicendo che avrebbero perso lo Scudetto con un gol di Calori a Perugia. Il titolo viene proprio da questo, non solo dal risultato effettivo, ma perché lo ripetevo come un mantra per stuzzicare. Dal punto di vista personale è stato un tripudio.
Ho deciso di scrivere questo libro non solo per questo ricordo, ma anche perché ripensando ad un articoletto che avevo scritto a riguardo quando avevo vent’anni, mi sono accorto che quella partita e quella giornata sono stati l’apice e il momento più emozionante ed incredibile nella storia della Serie A. Siccome l’avevo vissuta così coinvolto emotivamente, ho deciso di provare a raccontarla, parlando delle cose che ricordano tutti: il diluvio, Collina, Riccardo Cucchi, che poi si scoprirà essere tifoso Laziale, e tanto altro.
Io ho anche cercato di andare oltre, raccontando anche gli altri sorpassi della storia della Serie A, facendo capire perché questo è stato il più bello. Tra l’altro tutti gli altri tre sorpassi all’ultima giornata della storia della Serie A vedono sempre protagonista la Lazio, come il 5 maggio o come nel 1973, quando la lotta era con Milan e Juventus. Anche nel 1967 l’Inter cade a Mantova e la Juve vincendo contro la Lazio vincendo il titolo.
Racconto anche incroci particolari, come quello tra Materazzi e Zidane, con lo stesso Materazzi che supplicherà poi i biancocelesti di fargli vincere lo Scudetto il 5 maggio 2002. Anche Calori con Van Der Sar, portiere del grande Ajax che due anni prima aveva fatto dei miracoli incredibili, impedendo all’Udinese, capitanata da Calori, di passare il turno in Coppa Uefa contro gli olandesi. Oppure ancora Carlo Mazzone che fa vincere lo Scudetto alla Lazio e Carlo Ancelotti, due grandi allenatori che hanno dato e, nel caso di Ancelotti, continuano a dare tanto al mondo del calcio. Poi c’è Eriksson, al quale ho dedicato un profilo, un personaggio straordinario, rappresentativo di quell’umanità scomparsa nel calcio di oggi.
Non trascuro nemmeno il Perugia di Gaucci, lo racconto in breve, è stato un personaggio rappresentativo di tanti retroscena, di un mondo del calcio gestito dai presidenti mecenati che ne combinavano di cotte e di crude. Lo stesso Cragnotti non può essere ricordato da un tifoso non Laziale senza tirar fuori dei retroscena non edificanti nella gestione della Lazio, dove per tenere il passo delle grandi forse ha fatto il passo più lungo della gamba.
Poi parlo anche della Roma, che vede lo Scudetto della Lazio, che rovina la festa di Giannini tre giorni dopo il 14 maggio. Poi ne trae uno stimolo per fare un all-in per l’anno successivo, in cui, forse aiutata anche un po’ dagli arbitri, riesce a vincere lo Scudetto.
Chiaramente si parla anche molto dell’Udinese, che è la mia passione calcistica. Ho intervistato Calori che mi ha raccontato molto di quel periodo con Bierhoff.
Anche l’anno prima lo Scudetto si era deciso a Perugia, ma la Lazio lì non ricevette buone notizie dal Curi. Ci furono molte polemiche sul fatto che il Perugia fosse arrivato a quella partita più tranquillo e forse qualche risultato strano delle partite precedenti aveva fatto storcere il naso. Calori era stato accusato di essere il pentito che aveva scritto a «Famiglia Cristiana» denunciando di essersi venduto delle partite decisive per il campionato della squadra a cui poi sarebbe passato l’anno successivo. I giornali avevano malignato fosse Calori, che passò quell’anno da Udine a Perugia. Io smonto tutte queste accuse, lui me le ha raccontate dicendo che quella stagione era nata con un profondo dolore, poi fu forse la sua migliore, dove mise a segno 5 gol, una sorta di riscatto per quello che era successo.
Questo libro è il tentativo di evocare un tempo di cui tutti abbiamo nostalgia, per un calcio che ho vissuto da ragazzo ed è cambiato in molte cose. Ho cercato di raccontare un’epoca, di collocare nella storia un episodio che tutti ricordiamo e che i Laziali celebrano. Cerco di parlare di uomini, di storia, di come è cambiata la società se vogliamo.
C’è un capitolo dedicato a Nesta e Mihajlović. Il primo è l’esempio della bandiera che poteva essere, e che non è stata, io ho vissuto come una ferita, anche da non tifoso, il suo addio alla Lazio. Ho poi ricostruito la storia di Sinisa Mihajlović, non tanto della malattia, ma la sua storia nei Balcani durante la guerra, certe cose che suscitano critiche fanno invece capire che i giocatori di una volta avevano una vita e una tempra molto diversa da quelli di oggi”.
Di Matteo Selli