Lazio&Musica, Monza-Lazio, tra Garlaschelli e Gianni Togni

Cari fratelli laziali,

oggi vi riportiamo indietro al 7 dicembre ‘80. Torniamo alla 13ª giornata del campionato di Serie B, Monza – Lazio. Il Monza è guidato da Lamberto Giorgis. Il quasi omonimo del mitico Lamberto Giorgi, il popolarissimo conduttore di In campo con Roma e Lazio, all’inizio degli anni Ottanta è un tecnico assai esperto di cadetteria. Quel giorno schiera Marconcini, Motta, Viganò, Acerbis, Pallavicini, Massaro, Maselli, Monelli, Ronco e l’ex laziale Giovanni Carlo Ferrari. Può contare sul portiere di riserva Cavalieri, su Acanfora, Giusto e Blangero.

Anche Ilario Castagner dispone della sua formazione tipo: Moscatelli, Spinozzi, Citterio, Perrone, Pochesci, Mastropasqua, Garlaschelli, Sanguin, Chiodi, Bigon e Greco. Siedono accanto a lui il portiere Nardin, Ghedin, Pighin, Cenci e Albani.

Sono le quattordici e trenta quando il giovane arbitro Pierluigi Pairetto comanda l’avvio: splende un sole gelido, fa freddissimo, la Brianza è spazzata da un vento di tramontana che obbliga i 7000 spettatori ad indossare guantoni e colbacchi. 

Nonostante il gelo, ce la sentiamo calla. Vuoi perché il Monza non se la sta passando bene, vuoi perché – forti del nostro blasone da Serie A – affrontiamo gli avversari con un pizzico di presunzione, e al pronti-via, subito i monzesi occupano la nostra area. Già al 7′, c’è un fallo di Spinozzi su Monelli, s’incarica del tiro proprio l’ex Ferrari, che buca la barriera e impegna Moscatelli in una difficile respinta. Dopo sessanta secondi, Pochesci viene ammonito per un fallo su Acerbis. Al 14′ c’è un tiro di punizione per noi: lo batte Mastropasqua, sfera intercettata da Bigon che di testa la gira a rete. Marconcini arriva a toccare il pallone, poi sarà Acerbis a salvare la sua porta. La nostra sola occasione in tutta la prima frazione.

Nella ripresa il Monza schiera Acanfora al posto di Pallavicini. Al 51′ passiamo in vantaggio. Massaro perde un contrasto con Citterio, il nostro terzino parte in contropiede sulla sinistra, rapido scambio con Greco che gli restituisce il pallone, tiro da dentro l’area, la sfera raggiunge Renzo Garlaschelli che in velocità la deposita in rete.

Dopo appena cinque minuti il Monza perviene al pareggio con Massaro, su passaggio di Ferrari. Tutto da rifare. La nostra difesa, nonostante sia il reparto che ha subito maggiormente una trasformazione a seguito del calcio scommesse, ha retto bene. È un reparto completamente rinnovato: non ci sono più Cacciatori, Wilson e Manfredonia, è stato ceduto al Milan il promettente Tassotti. È la barba da filosofo greco di Arcadio Spinozzi, a caratterizzare il new deal della nostra retroguardia. Arcadio, ha sì lo sguardo da filosofo greco, ma nella realtà è un tallonatore esperto, che nelle squadre in cui ha militato ha sempre marcato la prima punta avversaria. Tra il Verona e il Bologna, Paolo Rossi, Bettega, Pruzzo, Graziani, tutti sono passati da lui. Spinozzi sperava in un pomeriggio meno agitato, invece deve vedersela con Massaro, che è alto, giovane, scattante e resistente. Dopo vari interventi su Massaro, tutti ruvidi e da giallo, all’ennesimo atterramento Pairetto lo espelle. Uno dei rari rossi rimediati in carriera dal buon Arcadio, che lascia i compagni in dieci quando ci sono ancora 21 minuti da giocare. La partita diventa di colpo più nervosa perché adesso il Monza ci crede.

Stentiamo a tenere il ritmo dei brianzoli. Tuttavia, con grande sorpresa, al 79′ passiamo nuovamente in vantaggio: Pairetto, con estrema generosità, fischia un calcio di rigore per un veniale tocco di mano di Stanzione. Del tiro dagli 11 metri s’incarica Stefano Chiodi, che ci riporta in vantaggio.

Mancano sette minuti. Siamo quasi certi di portarci a casa i due punti perché il Monza ha accusato il contraccolpo e si è afflosciato. D’un tratto vediamo Moscatelli a terra.

Si tiene la gamba sinistra. Corre voce sia stato colpito da un oggetto contundente lanciato da uno spettatore monzese. In molti pensano che faccia la scena ma invece il nostro portiere deve lasciare il campo in barella. A freddo, entra il trentatreenne Aldo Nardin.

Siamo al penultimo minuto: c’è un sospetto atterramento in area di Monelli, tutto lo stadio reclama il rigore ma Pairetto non lo concede. Un minuto dopo, al 90’, ad essere atterrato in area è il suo “gemello” Daniele Massaro. Questa volta l’arbitro indica il dischetto: tira Acanfora ed è due pari, risultato con cui si concluderà questa sfortunata partita.

Sfortunata soprattutto per Maurizio Moscatelli.

Ricordate? Eravamo in piena estate, ascoltavamo Luna, sognavamo insieme a Gianni Togni che guardava il mondo da un oblò. Umberto Lenzini, giusto in quei giorni, stava acquistando il giovane portiere Maurizio Moscatelli per rifondare la difesa. Sarebbe stato lui il primo pilastro di una Lazio da rifondare da cima a fondo. Partendo dal portiere che aveva vinto, per due stagioni consecutive, il premio come miglior portiere della Serie C e della serie B.

Altro che scena. Moscatelli resterà fuori per un anno e perderà il treno decisivo per una carriera che avrebbe dovuto regalargli ben altre soddisfazioni.

Anche per quanto riguarda la musica, Gianni Togni avrebbe meritato una maggiore considerazione da parte della critica e dell’industria discografica. A fine anno, la sua Luna sarebbe già uscita dalla classifica dei dischi più venduti. Il tempo gli darà ragione, perché Luna, essendo una delle più suggestive canzoni italiane degli ultimi cinquant’anni, è arrivata intatta fino ai giorni nostri in tutta la sua bellezza.

Il giorno precedente la partita, ascoltammo dalla radiolina la voce di Lelio Luttazzi che, come ogni sabato, lanciava la sua Hit Parade.

Vi proponiamo una nuova playlist, corrispondente alla Top10 dei 45 giri più venduti di sabato 6 dicembre ’80, il giorno prima di quel Monza Lazio:

You and meSpargo

Upside down Diana Ross

Master blasterStevie Wonder

Many kissesKrisma

AmicoRenato Zero

Cosa faraiPupo

Olympic games Miguel Bosè

Firenze (Canzone triste) – Ivan Graziani

Dolce uraganoGianni Bella

Ti chiami AfricaEnzo Avallone

Una playlist ancora con il tipico sound Anni Settanta in cui si avvertono i primi segni di cambiamento, dettati dall’elettronica, che si farà largo nel corso del decennio fino a divenirne una prerogativa.

Ci riferiamo principalmente a Master Blaster, vera anticipatrice di un’epoca e ai “genietti” dei Krisma, un gruppo new wave completamente italiano, con un sound irresistibile e raffinato, a metà strada tra i Devo e Nina Hagen. La loro Many kisses aveva un ritmo incalzante e veramente innovativo. Andate a riscoprirlo su YouTube, respirerete un’epoca trascorsa troppo in fretta.

Tutto il resto della classifica era ancora profondamente legato ai Settanta, da Spargo a Diana Ross, passando per Pupo e Gianni Bella. Molto, molto più in alto come cifra artistica, incontravamo la poetica di Ivan Graziani e di Renato Zero. Le loro Firenze e Amico, nel romanzo della Canzone Italiana, rientrano certamente tra le pagine più belle.

Al posto numero 10, c’era Ti chiami Africa, il punto più alto del successo, che durò il momento di un attimo, per Enzo Avallone. Chi si ricorda di lui?

Ai nostri occhi di ragazzi apparve nel ’77, nel programma Piccolo Slam, lo show pomeridiano che l’indimenticabile Stefania Rotolo conduceva insieme a Sammy Barbot.

Per noi era semplicemente “Truciolo”, il soprannome che gli venne affibbiato verso la fine del ’79, quando ballava insieme ad Heather Parisi, nella sigla di Fantastico, lo spettacolo del sabato sera abbinato alla Lotteria Italia. Nel corso della trasmissione, in cui era primo ballerino, la sua figura assunse via via più importanza da quando Beppe Grillo, allora comico emergente facente parte del cast della trasmissione, iniziò a citarlo nei suoi monologhi chiamandolo “Truciolo”, in riferimento alla sua folta e riccioluta capigliatura bionda.

Avallone in realtà aveva ricevuto una formazione classica. Aveva studiato al Teatro alla Scala di Milano arrivando presto a lavorare come primo ballerino, fin dagli inizi degli anni Settanta, in una Carmen di Bizet, condividendo il palcoscenico con Kayo Mafune del Tokyo Ballet e Margarita Trajanova dell’Opera di Stato di Sofia.

Divenne popolarissimo da noi e non solo, arrivando a lavorare al fianco di Rudol’f Nureev e ad esibirsi in varie tournée internazionali.

Come dicevamo, il suo successo fu effimero, ebbe una parabola rapida, un declino inesorabile e veloce.

Cambiarono gli stili espressivi e le mode musicali, la notorietà di Truciolo iniziò a scemare e l’unico motivo d’interesse non avvenne che a fine decennio quando, la sera del 1º aprile ‘88, fu arrestato nel suo appartamento per detenzione di cocaina.

Con enorme sfortuna, contrasse il male che caratterizzò gli anni Ottanta e Novanta, l’AIDS. Morì troppo giovane, a soli 41 anni.

Truciolo, Ivan Graziani, Stefania Rotolo, Stefano Chiodi. Ci fa piacere ricordarli su questa pagina, dove parliamo di Lazio e di Musica, ospiti della rivista Lazialità. Quanti nomi, di calciatori e di cantanti, si legano l’un l’altro. Destini collegati da fili invisibili, cui il fato ha assegnato percorsi dalle parabole incomprensibili e talvolta inaccettabili. Tutti loro hanno fatto parte e hanno arricchito la nostra vita, non li dimenticheremo mai.

Alla prossima, con un nuovo appuntamento di Lazio&Musica.

Forza Lazio!
Ugo Pericoli

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