Domenica 21 dicembre 1975 – Roma, stadio Olimpico – Lazio-Cagliari 3-0
Cari fratelli laziali,
Per la nostra rubrica di Musica&Lazio, oggi abbiamo pescato in una partita di metà Anni Settanta.
Gli appassionati di musica guardano a questo decennio come a quello rock per antonomasia. E a pensarci, anche la Lazio di quel periodo era decisamente rock! Andiamo a riscoprirla insieme, tornandocene indietro fino al 21 dicembre ’75. Siamo alla decima giornata del Campionato di Serie A 1975-76.
Sono trascorsi 18 mesi dalla domenica dello Scudetto, da quel 12 maggio ‘74. Quel giorno, al primo posto dell’hit parade incontravamo A blue shadow di Berto Pisano. Mi sa che non ve lo ricordate. Era un brano orchestrale, malinconico e – detto tra noi – abbastanza noioso. Tuttavia, solo per il fatto di essere il motivo conduttore dello sceneggiato Ho incontrato un’ombra – seguitissimo all’epoca -era entrato, quasi per inerzia, nelle orecchie di tantissimi italiani.
Ma torniamo alla partita del 21 dicembre ’75, Lazio Cagliari appunto. È trascorso un anno e mezzo dal 12 maggio. Eravamo penultimi in classifica e questo, invece, mi sa che ve lo ricordate bene. Avevamo una classifica da far paura, una situazione rappresentata al meglio dal brano che aveva raggiunto la prima posizione in hit parade il giorno di Lazio Cagliari. Alzi la mano chi non ricorda Profondo Rosso, il brano, anch’esso tutto orchestrale, scritto dai Goblin come colonna sonora di uno dei più – se non in senso assoluto – celebri thriller italiani di tutti i tempi. Il film di Dario Argento – tra l’altro, noto tifoso laziale – sta facendo riempire le sale. Al cinema, durante la proiezione regna il silenzio, interrotto regolarmente da grida e sussulti degli spettatori più impressionabili. Ma torniamo alla Lazio e alla sua classifica horror. Siamo penultimi e proprio il Cagliari, che incontreremo a breve, sta messo peggio di noi, chiudendo mestamente la classifica in ultima posizione.
Tommaso Maestrelli deve fare a meno sia di Ghedin che di Ammoniaci. Giovedì ha preallertato il Primavera Lionello Manfredonia e solo all’ora di pranzo, come sempre, ha comunicato ai giocatori la formazione che scenderà in campo. Giocheranno Pulici, Polentes, Martini, Wilson, Manfredonia, Badiani, Garlaschelli, Re Cecconi, Chinaglia, D’Amico e Lopez. Sono le 14:28, Tom si accomoda in panchina, accanto al dottor Ziaco. Poco più in là, Moriggi, Ferrari e un altro giovane della Primavera, alto e con i riccioli biondi. Si chiama Stefano Di Chiara.
L’allenatore del Cagliari è Mario Tiddia. Ha un soprannome decisamente curioso, Cincinnato, dovuto al fatto di alternare – all’attività principale di allenatore – quella dell’agricoltore. Tiddia manda in campo Buso, Lamagni, Longobucco, Quagliozzi, Niccolai, Tomasini, Nené, Brugnera, Viola, Roffi e Gigi Riva. In panchina vanno il portiere n.12 Copparoni, Mantovani e un giovane della primavera destinato a fare molta strada. Si chiama Pietro Paolo Virdis.
È l’ultimo turno prima delle vacanze natalizie, alle 14 e 30 il signor Gussoni di Tradate avvia una partita che fino a qualche anno prima avrebbe fatto registrare il pienone. Oggi invece, l’Olimpico presenta larghi vuoti.
Vuoi il clima prenatalizio, vuoi la crisi economica, fatto sta che aleggia un’atmosfera di disillusione. Sebbene
l’austerity sia ormai un ricordo e le automobili siano nuovamente utilizzabili, il tifoso laziale sembra aver smarrito l’ottimismo, e perso, in modo irrecuperabile, la fiducia nella propria squadra.
Soffia un venticello tiepido, dolce e quasi primaverile ma c’è qualcuno, in tribuna d’onore, con il cuore in tumulto.
Dovete sapere che Nonno Umberto c’è rimasto male. Si mormora ci sia in ballo una storia legata a certi assegni, consegnati sciaguratamente a mano, prima di Lazio Cesena, a un dirigente cesenate. Il Sor Umberto ha avuto un battibecco col fratello Aldo e altri hanno riferito che perfino Maestrelli non gli ha risparmiato rimproveri. Lenzini adesso teme un deferimento della Lega, ed è preoccupato per le possibili conseguenze in classifica, già deficitaria per conto suo.
Così, per non saper né leggere né scrivere, oggi c’è solo da vincere. Dovrebbe essere il minimo sindacale, per una squadra che – tutto sommato – levati Oddi e Frustalupi, è ancora composta per 9/11 da ex Campioni d’Italia.
Tom è consapevole delle doti di Lionello Manfredonia e lo schiera al centro della difesa, spostando Wilson terzino.
Partiamo veloci, cercando di scardinare il catenaccio del Cagliari, che si difende come può. In tribuna, ci rendiamo conto che sarà un batti e ribatti e che solo un episodio potrà sbloccare la gara. Si arriva al 23′, quando un tiro molto debole di Chinaglia viene respinto malamente da Buso, che si lascia sfuggire il pallone dalle mani. Garlaschelli è nei paraggi e piomba come un falco: 1 a 0. Due minuti dopo, bel cross di Martini dalla sinistra, maldestra ribattuta di Lamagni, proprio sui piedi di Chinaglia. Con una semi rovesciata delle sue, talvolta goffe ma spesso mortifere, fulmina il portiere rossoblù: 2 a 0. È un classico gol alla Long John. Sarà uno degli ultimi ma noi ancora non lo sappiamo.
Giochiamo sul velluto, al 44′ c’è una stupenda azione personale di D’Amico, che affonda sulla sinistra, semina un difensore avversario, entra in area di rigore e scocca un diagonale che s’insacca all’angolo opposto della porta: 3 a 0.
All’intervallo si sorseggiano caffè Borghetti, mentre la Lazio, all’ingresso in campo, è accolta da un silenzioso sventolio di bandiere. I giocatori sono già con la testa altrove, alle vacanze natalizie, alle proprie faccende private. Stanno per far rientro in famiglia, ci sono relazioni che vanno coltivate con maggiore cura, soprattutto in questa stagione, così difficile e frustrante.
Il secondo tempo sarà un monologo dei sardi. Il Cagliari proverà a segnare, invano, per tutta la ripresa. Una litania sterile e sonnolenta. Al termine, il risultato sul tabellone luminoso indicherà un rotondo 3 a 0, la nostra prima vittoria coincidente con il ritorno in panchina di Tommaso Maestrelli.
Manca poco a Natale. Sono cambiate tante cose, magari piccole e apparentemente di poco conto ma che danno la misura sia del trascorrere del tempo che del cambiamento dei costumi. Dicevamo che era finita l’austerity e non eravamo ancora nei cosiddetti anni di piombo. La sera prima della partita, alla televisione non abbiamo più trovato Raffaella Carrà e Canzonissima. La trasmissione è stata chiusa all’improvviso, senza una ragione precisa, dopo dodici anni di successi irripetibili. Insieme ad altri 11 milioni di italiani, ci siamo divertiti assistendo alla seconda puntata del programma “(di nuovo) Tante scuse”. Abbiamo sorriso insieme a Raimondo Vianello e Sandra Mondaini. Siamo in una fase di trasformazione e molte cose stanno per succedere.
In Inghilterra sta impazzando l’ondata, lisergica e psichedelica, dei Pink Floyd. Quasi nessuno parla più dei Beatles mentre i Genesis continuano a sfornare melodie che fondono insieme Progressive e musica sinfonica. Sta nascendo un gruppo che non vorrebbe tanto cambiare il Rock, quanto il modo di far partecipare il pubblico, coinvolgendolo nei loro show. Vorrebbero far dondolare i loro fans. Si sentono Campioni e lo affermano. Si fanno chiamare Queen. Non tutti ne parlano bene, dicono che il loro frontman, spesso faccia le bizze.
Musicalmente parlando, noi siamo ancora l’Italietta. Questa era la classifica dei dieci pezzi più ascoltati il giorno di quel Lazio Cagliari:
Profondo rosso – Goblin
The hustle – Van Mac Coy
Bella dentro – Paolo Frescura
Lilly –Antonello Venditti
La tartaruga –Bruno Lauzi
Foot stompin’music – Hamilton Bohannon
Pagliaccio – Gli Alunni del Sole
Feelings – Morris Albert
Sabato pomeriggio – Claudio Baglioni
L’importante è finire – Mina
Almeno otto brani su dieci li ricordiamo tutti. Venditti e Baglioni si accingono a diventare leader del cantautorato nazionale mentre Mina è la conferma di sé stessa. I Goblin diventano “esportatori” della musica italiana all’estero. Nell’insieme non mi sembra una playlist indimenticabile ma il giudizio lo lascio a voi.
Alla prossima, con un nuovo appuntamento di Musica&Lazio, ancora qui su Lazialità!
Forza Lazio!
Ugo Pericoli