di Niccolò Faccini
Dal 27 luglio 2016 al 12 luglio 2024, un’era durata 2907 giorni all’ombra del Colosseo. E’ la storia di Ciro Immobile alla Lazio, interrotta nella giornata di venerdì con la partenza per Istanbul. Sosteneva Marco Aurelio che ciò che interrompe un’opera progettata finisce col diventare l’opera stessa. I tifosi laziali hanno visto la storia farsi sotto ai loro occhi, ad un palmo dal loro naso, ed ora è tempo che si cristallizzi, che si solidifichi, che si raffreddi e diventi un piccolo romanzo, circoscritto a otto lunghi anni. Il bomber di Torre Annunziata arriva a Fiumicino nel secondo pomeriggio, nella serata del 12 luglio sbarca in Turchia con una sciarpa diversa, fatta di bianco e nero, i colori del Besiktas. Non fa in tempo ad incontrare i nuovi tifosi, che la sua seconda casa, lo Stadio Olimpico, sta ospitando il concerto dei Coldplay e del loro frontman Chris Martin. Il gruppo musicale britannico attualmente più famoso del globo sta cantando “Fix You”, un singolo uscito nel 2005, 19 anni fa, ma dalle parole attualissime. Una canzone che parla di perdita e di luce, di lacrime e di casa, di consolazione e memoria, che cura le ferite della malinconia e parla di mancanza, di quell’impotenza che si prova di fronte al senso di vuoto provocato dagli eventi immodificabili della vita, allo scoccare di ogni addio. “Quando perdi qualcosa che non puoi sostituire, quando le lacrime iniziano a scorrere sul tuo viso…le luci ti guideranno verso casa”. Ciò che si è vissuto intensamente conserverà il potere di restare luce. E’ difficile pensare alla Lazio senza Ciro Immobile. Anche quando, di recente, non era più solito scendere sul rettangolo verde dall’inizio, il boato che si levava dagli spalti quando cominciava le operazioni di riscaldamento a bordo campo era l’emblema di come il tifoso avesse la sensazione che Immobile avesse il potere più grande: quello di fare accadere, in ogni momento, qualcosa di importante. Il direttore di Lazialità, Guido De Angelis, lo chiamava “Sole mio” nelle sue telecronache. E quando il sole non c’è più, quando la luce si spegne o si fa più fioca, allora fa più freddo, le certezze si riducono, si vede meno bene, si è più tristi, e forse ci si sente più soli. Sui social network della Lazio c’è chi non può realizzare quanto si stia consumando in una mesta serata estiva, nel bel mezzo dell’afa romana. I commenti più in voga da Facebook a Instagram, passando per X, cercano di riepilogare le tappe più belle di una lunga storia. “Ci hai fatto urlare, “ci hai fatto piangere”, “ci hai fatto emozionare”. Ma tra i più apprezzati, spicca un “ci hai fatto brillare gli occhi”, forse la verità che raccoglie in sé più stati d’animo: dalla gioia alla commozione, dall’incredulità all’orgoglio, dall’amore alla fierezza di un’appartenenza. Un collega e amico scrive alla nostra redazione che “i laziali non hanno mai avuto bisogno di qualcuno per essere qualcosa”, mai avuto necessità di un capopopolo per sentirsi unici, “ma Ciro ha lasciato un solco”.
SCRITTA LA STORIA – E’ stato “qualcuno” per moltissimi, Ciro. Per qualche tifoso italiano è stato un capro espiatorio, un bersaglio facile per sfogare frustrazioni provenienti da lontano. Per chi non lo aveva nella propria squadra, ha rappresentato una fonte di preoccupazione costante, un po’ come per i difensori d’Italia e d’Europa è stato un perenne incubo di notti e giorni. Per gli appassionati al football, è stato un pupillo assoluto del gioco del “fantacalcio”. Per gli allenatori delle competitor della Lazio in Italia e in Europa è stato la domanda fissa a cui rispondere, l’uomo da temere e a cui riservare attenzioni speciali sul manto erboso. Per molti laziali all’estero Immobile è stato il simbolo della Lazio sulle copertine dei quotidiani stranieri, sportivi e non, un motivo per recarsi in edicola e spiegare agli stranieri cosa sia la Lazialità. Per la tifoseria biancoceleste ha costituito la storia che cammina, la storia in diretta, la storia davanti agli occhi, come oggi rappresenta per molti bambini e adolescenti laziali il primo vero dolore calcistico, quel saluto inaspettato da cui è difficile riprendersi. Per i giornalisti sportivi, per i narratori del calcio, per tutti coloro che hanno dovuto celebrarne le caratteristiche, Ciro è stato un “generoso”. E probabilmente l’eccessiva generosità in campo ha segnato il suo pregio e il suo difetto. Indisposto ad attendere la sfera in area piccola, è stato talmente pronto a battersi, talmente voglioso di fare la differenza per difendere la sua gente che, quando non vi riusciva, quando il primo pallone della partita non andava a buon fine, spesso il prosieguo della prestazione individuale era condizionato, quasi come se non potesse perdonare a se stesso di non incidere. “Forzare i rientri” dagli infortuni, dai piccoli problemi fisici, dagli stop imposti dal corpo, è stato un suo cavallo di battaglia. Una generosità che lo ha contraddistinto anche nell’ultimo sfortunato biennio, che non ha permesso al numero 17 della Lazio di allenarsi con continuità e lo ha spesso fermato ai box sul più bello. Neppure le ali spezzate gli hanno impedito di timbrare i giorni più belli e i successi più fragorosi della sua squadra. Non poteva demordere, Ciro, e anche con le ali tarpate è sempre tornato in campo a firmare gli obiettivi del suo club. Nell’ultima stagione, con le residue forze, per non smentirsi, ha voluto decidere tutte le vittorie in Champions League ottenute dalla Lazio nella Capitale: le serate con Feyenoord, Celtic e Bayern Monaco hanno tutte la medesima sottoscrizione. E la stagione del secondo posto, che lo ha visto lontano dal campo per troppo tempo, non poteva non riservare il sigillo finale al centravanti più iconico della gestione Lotito. Nell’ultimo scorcio del campionato 2022/2023, dopo aver lasciato il ruolo di prima punta a Felipe Anderson, Immobile ha siglato le reti determinanti ai fini del piazzamento finale della squadra: ha aperto la contesa a La Spezia, ha trovato in extremis il pareggio con il Lecce, ha trasformato il rigore di Udine spegnendo le speranze delle inseguitrici di togliere alla Lazio il ruolo di vice-campione d’Italia.
TUTTI I RECORD NELLA STORIA, INDELEBILI – Se il viaggiatore seduto su un treno in corsa guardasse fuori dal finestrino, si accorgerebbe che gli oggetti del paesaggio più vicini al treno usciranno dal campo visivo in modo velocissimo, mentre gli elementi paesaggistici più lontani appariranno praticamente immobili. Per poter percepire che a muoversi sia effettivamente il treno e non gli elementi paesaggistici più vicini, abbiamo bisogno di uno sfondo immobile, di una montagna o una collina in lontananza. Il mistero del movimento è dunque reso possibile da alcuni punti fissi, immobili. E Ciro Immobile è stato alla Lazio il punto fermo, la costante, l’elemento invariabile: ogni anno, le emozioni più belle della stagione dell’aquila sono state legate al numero 17. Nel suo primo anno alla Lazio resteranno memorabili le reti (sia all’andata che al ritorno) nei derby delle semifinali di Coppa Italia; nella seconda stagione le due doppiette alla Juventus consentirono alla Lazio prima di alzare la Supercoppa italiana ad agosto, poi di espugnare lo Stadium di Torino realizzando un’impresa storica, senza dimenticare i gol al Salisburgo nei quarti di finale di Europa League, la vetta europea più alta raggiunta dal club capitolino nell’ultimo ventennio. Inutile menzionare l’entusiasmante cavalcata dei 36 gol in Serie A e dell’aggancio al record che apparteneva a Higuain; ma l’annata successiva verrà ricordata per i gol cruciali nel percorso in Champions League (al Dortmund), che a loro modo rimarranno storici, poiché gli unici gol europei non celebrati da boati dei tifosi laziali, a causa del Covid.
A costo di risultare stucchevoli, ci piacerebbe elencare alcuni dei suoi numeri da record, tutte gemme preziose che rimarranno indelebili. Ciro Immobile è stato, è, e probabilmente rimarrà negli anni a venire il miglior marcatore della storia della Lazio; il miglior marcatore della Lazio di sempre in Serie A e nei campionati italiani; il miglior marcatore della Lazio nelle competizioni UEFA e in UEFA Champions League; il record-man assoluto di gol in un solo campionato (la Serie A 2019/20): nell’era di Leo Messi, Cristiano Ronaldo, Benzema, Mbappé, Haaland, Suarez, Immobile è stato l’unico italiano a spezzare l’egemonia dei “mostri sacri” vincendo la Scarpa d’Oro col miglior punteggio di sempre di un calciatore italiano (72 punti). Tre volte capocannoniere del massimo campionato con la Lazio, Ciro è l’ottavo miglior marcatore di sempre nella storia della Serie A, e il terzo per media gol/minuti alle spalle di Nordahl e Meazza. Uomo-derby, è il miglior marcatore di sempre nei derby della Capitale (6) dopo Silvio Piola (7). Uomo di ghiaccio, è il rigorista più proficuo della storia della Lazio, l’uomo che ha segnato più reti dal dischetto (60), nonché il laziale ad aver segnato per più gare consecutive in Italia nella storia della Lazio: dal 29 settembre 2019 al 1 dicembre 2019 Immobile passò alla storia per essere finito sul tabellino dei marcatori in nove partite di fila: Lazio-Genoa 4-0, la doppietta in Bologna-Lazio 2-2, un’altra doppietta in Lazio-Atalanta 3-3, la rete a Firenze in Fiorentina-Lazio 1-2, la doppietta in Lazio-Torino 4-0, la rete a San Siro in Milan-Lazio 1-2, quella col Lecce in Lazio-Lecce 4-2, il vantaggio a Reggio Emilia in Sassuolo-Lazio 1-2 e la doppietta in Lazio-Udinese 3-0: due mesi abbondanti sempre a segno, per un totale di 14 reti in 9 presenze di seguito. Clamoroso. Uomo dai gol pesanti, ne ha segnati 207 fornendo 55 assist tra tutte le competizioni, e lo ha fatto in 340 presenze, di cui soltanto 298 da titolare: praticamente, Ciro Immobile ha preso parte in media quasi ogni partita ad una rete della Lazio, o gonfiandola o fornendo un passaggio decisivo. Chiamatelo stappa-partite: 71 volte ha segnato il gol dell’1-0, quello che ha incanalato la partita, l’ha messa su binari positivi, che ha dato alla squadra il vantaggio, ha rotto l’equilibrio e ha permesso ai compagni di giocare la partita che preferivano, potendo sfruttare le ripartenze. 156 gol di destro, 29 di sinistro, 22 di testa, questa la sua collezione strabiliante. Genoa, Cagliari, Sampdoria e Verona le vittime preferite. Una spartizione dei gol che fa rumore: un poker, alla Spal a Ferrara (2-5), ben sei triplette (a Milan, Steaua Bucarest, Sampdoria, Verona, Spezia e Genoa), 27 doppiette, l’ultima al Celtic in Champions League. Nella classifica all-time del nostro campionato sono tanti i marcatori a ricoprire le prime posizioni della graduatoria avendo tuttavia segnato la stragrande maggioranza dei gol tra le mura amiche. Non è il caso di Ciro: Immobile è il miglior marcatore in trasferta della storia della Lazio ma anche della storia del campionato in generale (103 gol fuori casa), seguito a distanza da Altafini e Nordahl, interpreti di un altro calcio. Uomo degli appuntamenti fissi, uomo degli inizi-sprint: è sempre andato in gol alla prima gara del nuovo anno solare (8 gennaio 2017 al Crotone, 6 gennaio 2018 alla Spal, 20 gennaio 2019 al Napoli, 5 gennaio 2020 al Brescia, 3 gennaio 2021 al Genoa, 6 gennaio 2022 al Lecce, 4 gennaio 2023 ancora al Lecce), ed è sempre andato in gol anche alla prima uscita stagionale della squadra (21 agosto 2016 all’Atalanta, 13 agosto 2017 alla Juventus, 18 agosto 2018 al Napoli, 25 agosto 2019 alla Sampdoria, 26 settembre 2020 al Cagliari, 21 agosto 2021 all’Empoli, 14 agosto 2022 al Bologna, 20 agosto 2023 al Lecce). Da studiare il suo legame con la Lombardia: a Bergamo ha segnato il primo gol in maglia biancoceleste, a Bergamo nell’ottobre 2021 ha segnato il gol che gli ha fatto aggiungere Piola a quota 159 al primo posto nella classifica marcatori interna alla storia della Lazio; l’ultima rete l’ha segnata a Monza, il 100esimo gol con la Lazio lo ha trovato a San Siro contro il Milan. Nella gestione Sarri ha segnato 56 gol e fornito 17 assist in 98 apparizioni dall’inizio, ma il rapporto con Simone Inzaghi rimarrà eterno: Inzaghi-Immobile è il binomio più proficuo in termini realizzativi della storia della Serie A. Nessun calciatore infatti aveva segnato mai in Italia così tanti gol sotto la stessa gestione tecnica, come Immobile ne ha segnati nell’era Inzaghi: ben 150 (con 53 assist). Meglio addirittura di quanto Filippo Inzaghi aveva fatto con Carlo Ancelotti alla guida. Robe da matti. Tirando le somme, dall’approdo di Immobile a Roma solamente Leo Messi, Robert Lewandowski e Harry Kane hanno segnato più reti di Immobile nei primi 7 campionati europei. Da capogiro. E non solo alla Lazio, dato che nel periodo romano Immobile è diventato il miglior cannoniere in attività della storia della nazionale italiana (con cui ha vinto anche un Europeo, ma questa sarebbe un’altra storia). Insomma, numeri pazzeschi, che lo rendono un termine di paragone scomodissimo per chiunque vorrà cimentarsi nell’impresa di provare a scalfire qualcuno dei suoi record nel futuro prossimo della Lazio.
L’ULTIMO SALUTO SOCIAL – Ore 21.00 di venerdì 12 luglio 2024: è la fine della storia. La S.S.Lazio pubblica un video per l’ultimo saluto del capitano alla sua gente. Direttamente dalla poltrona dello spogliatoio dello stadio Olimpico, Ciro sente la necessità, da capitano, appunto, di rassicurare i laziali sul nuovo allenatore Marco Baroni e sulla serietà dei nuovi acquisti. Il potere e il dovere di esercitare un ruolo consolatorio, se li è meritati tutti. Commuove il lapsus del frangente in cui si proietta sulla nuova stagione: “Abbiamo da affrontarla al meglio”. Salvo poi correggersi: “Avete da affrontarla”. Non vuole passare in rassegna tutto il suo percorso a Roma, sarebbe cosa ardua, servirebbero settimane, forse mesi di racconti. Dovrebbe parlare dei suoi gol più belli, quello alla SPAL saltando Berisha, quello al Napoli facendo impazzire Manolas e Koulibaly, quello di tacco da fuori area a Cagliari su assist di Felipe Anderson. Dovrebbe parlare dei legami speciali con due assist-men incredibili come Luis Alberto e Milinkovic-Savic. Ma dovrebbe parlare in prima persona. E Ciro ha l’umiltà e la semplicità per non farlo mai. Mai. Sempre la prima plurale, sempre il NOI. “Noi abbiamo scelto questa location per questo video”, dice Ciro, e si riferisce ai giornalisti della Lazio che lo stanno riprendendo. “Abbiamo vissuto un grande percorso di crescita, insieme”, ricorda Ciro, e chiama in causa i tifosi. “Abbiamo fatto la storia della Lazio”, afferma Ciro, e pensa ai compagni. Ma soprattutto, Immobile usa il “noi” perché con sé porta sempre la sua famiglia. “Resteremo legati a vita”, “Roma sarà la nostra seconda casa”, “Noi non dimenticheremo mai il vostro affetto”. Perché Ciro Immobile è stato un eroe sportivo a misura d’uomo. Un eroe papà. Un eroe-marito. Così, Ciro sente di dover precisare che la moglie “Jessica si è raccomandata di salutare in questo video la famiglia Lazio”. E del resto, la sua tipica esultanza non è mai stata ego-riferita. Non l’indicazione del cognome sulle sue spalle, non le sterili e fatue autocelebrazioni, ma un semplice, quotidiano e dolce sguardo alle telecamere con una mano al cielo a scrivere la lettera “J”, l’iniziale della compagna di vita e madre dei figli. Qui sta forse la potenza del mito-Immobile, la bellezza di “Ciro il Grande”: il suo essere stato un mito calcistico fruibile a tutti, un calciatore e un uomo talmente alla mando da arrivare al cuore.
UN NUMERO, UNA LEGGENDA – Il numero 17 della Lazio sarà la speranza dei bambini, rimarrà sulle spalle dei piccoli aquilotti, e la società Lazio potrebbe pensare a ritirarlo. Prima di Ciro, il 17 era tra i numeri meno utilizzati dagli interpreti biancocelesti, essendo finito sulle sole spalle di Guerino Gottardi (1995-96 e 2003-2004), Christian Manfredini (2004-2005), Pasquale Foggia (2008-09 e 2010-11), Igli Tare (2005-2006 e 2007-2008), Bruno Pereirinha (2012-13 e 2014/15) e Alessandro Matri (2015-16). La società capitolina potrebbe pensare ad un unicum, un’apertura straordinaria dello stadio Olimpico per permettere al capitano di farsi salutare e dovere e ricevere l’ultimo abbraccio dalla tifoseria che lo ha amato e ne ha apprezzato le gesta. “E’ difficile – per ammissione dello stesso Immobile – salutarsi tutti insieme, perché come è giusto che sia durante il mercato le cose vanno veloci e bisogna prendere decisioni rapide e in momenti non eccezionali”. Ma in queste ore, imperversa la richiesta sui social networks di poter concedere al 17 la standing ovation che meriterebbe per gli 8 anni di permanenza a Roma. Lo stesso Immobile, nel video finale, è stato tradito dall’emozione: “Avrei voglia di abbracciarvi tutti, uno ad uno. Spero di rivedervi presto”. Un desiderio corroborato dalle parole della lettere affidata ai suoi profili: “Quando sono arrivato qui, giovane e pieno di sogni, non avrei mai immaginato quanto profondo sarebbe stato il legame che avrei sviluppato con questa maglia, con questa città e, soprattutto, con voi, i tifosi”. Quei tifosi che si sono sentiti dipendere da lui, che forse non si sono sentiti mai tanto simili a lui quanto nel condividere la tensione di quelle interminabili rincorse dagli undici metri. La domanda: “Chi lo tira?” non è mai risuonata nella testa dei tifosi biancocelesti quando il capitano era in campo. Le più grandi responsabilità sono sempre state sue. Sempre pesantissime. Per la posta in palio (in Supercoppa, a Dortmund, col Bayern), perché ultimo pallone della partita (tra gli altri con Atalanta, Fiorentina, Torino), per il momento stagionale: il 16 febbraio 2020 il rigore a Roma con l’Inter con cui trafisse Padelli consacrò la Lazio come anti-Juve, convincendo lo spogliatoio che si potesse lottare per il tricolore o comunque proiettarsi alla vetta. Urlare il suo cognome, in casi come questi, è stato per i tifosi della Lazio un assaggio dell’estasi.
E ORA? – Sei anni fa, nel febbraio 2018, Ornella Vanoni cantava a Sanremo – con Bungaro e Pacifico – che bisognerebbe “imparare ad amarsi” e “imparare a lasciarsi, quando è finita”. Ciro Immobile lascia una traccia indelebile e chiude un’era. Con il suo “arrivederci” termina ufficialmente l’era dei quattro tenori (Luis Alberto, Milinkovic, Felipe Anderson, Immobile) e la squadra dovrà ricominciare quasi da zero, ripartendo da un tasso tecnico più basso, da meccanismi da ricostruire, da certezze da ritrovare. Ciro Immobile ha portato a Roma l’antitesi più bella, la contraddizione paradossale tra il significato del suo cognome e il suo più grande regalo: la capacità di emozionare, cioè il potere di muovere, di scuotere, di non lasciare indifferenti. Il contrasto incredibile tra l’idea di stasi che darebbe la scritta sul retro della sua casacca e il movimento, movimento che è allo stesso tempo la sua caratteristica principale – l’attacco alla profondità, la corsa in campo aperto, lo scatto sul filo del fuorigioco – e ciò che Ciro ha suscitato nei tifosi. In senso fisico, facendoli scattare e saltare dal seggiolino o dal divano nel momento dei gol; e in senso emotivo, per commozione, batticuore ed altre mille emozioni scatenate dal suo modo di giocare e credere. Questa sera, allo stadio Olimpico, suonano ancora i Coldplay, cantano ancora “Fix You”, perché la vita va avanti, e perché la luce che è stata non venga dimenticata in fretta, e continui a illuminare. E Ciro Immobile di luce ne ha fatta tanta. Dal 27 luglio 2016 al 12 luglio 2024, un’era durata 2907 giorni all’ombra del Colosseo. E forse, chissà, molto di più.
N.F.